martedì 14 gennaio 2014

La politica preoccupata per lo sport, parrebbe meno per i cittadini



Si preoccupa il nostro ex Sindaco Gismondi per le sorti della Sutor. Si preoccupa anche l’ex Assessore allo sport La Porta. Si preoccupano perché tifosi e perché montegranaresi e questo è condivisibile: la Sutor è un patrimonio cittadino, anche se bisognerebbe fare molti distinguo e, in passato, ne ho fatti, tanto da procurarmi tanti nuovi “amici” che probabilmente non mancheranno di farmi avere la loro “approvazione” anche stavolta.
Suona strano però questo interessamento da campagna elettorale. Suona strano anche perché viene dopo un lungo silenzio, un po’ meno per Gismondi, molto di più per La Porta che tace dai tempi della sfiducia. Montegranaro ha un’enormità di problemi e la crisi sta cominciando a far sentire pesantemente i suoi effetti anche da noi. E i nostri due ex amministratori si preoccupano per lo sport ma non dicono una parola per i tanti problemi che affliggono la città. Del resto negli anni passati la loro giunta ha elargito allo sport parecchi soldi e, nella fattispecie della Sutor, parliamo di cifre considerevoli.
Parliamo di cifre che si sarebbero potute spendere per problemi più concreti e più pressanti per tutta la collettività. Ma, così come pare evidente, l’interesse principale è quello dello sport, che certamente dà visibilità e porta voti. Ma bisogna ricordare che votano anche quelli che alla partita non ci vanno. È bene, quindi, sapere e conoscere le priorità dei nostri politici e regolarsi per il futuro. Per il presente consideriamo come fatto positivo che ci sia un commissario alla guida della città che, certamente, non correrà in soccorso di squadre sportive in difficoltà sottraendo fondi alla collettività. E auguriamoci che ce la Sutor ce la faccia da sola.

Luca Craia

I marò e gli Italiani sacrificabili per interessi economici.



La vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò italiani di cui tanto si parla ma i cui nomi nessuno sembra voler pronunciare quasi in un tentativo anticipato di rimozione dalla memoria di quello che è probabilmente l’episodio più vergognoso della storia d’Italia degli ultimi anni, costituisce la misura dell’imbarbarimento della nostra società e di quanto siano esauriti i valori che dovrebbero essere elemento fondante di un Popolo e di una Nazione.
Le rivelazioni dell’ex ministro Giulio Terzi circa l’importanza, nel determinare il pasticciaccio dei marò, di “fortissime pressioni di gruppi economici” non sono sorprendenti in sé in quanto già avevamo capito che i rapporti economici tra Italia e India erano l’elemento che preoccupava maggiormente i nostri governanti in tutta la questione. Però sentirselo dire ferisce chi ancora crede che la vita umana non abbia prezzo e che non ci sia accordo economico o rapporto commerciale che possa valere di più.
Eppure anche Terzi parla di queste “pressioni” solo ora, dopo che si registra un certo interessamento, non so quanto credibile, da parte dell’Europa. Ecco allora spiegato perché i tanti sforzi profusi dalla nostra diplomazia, almeno così ci hanno fatto credere, non hanno prodotto risultati apprezzabili: i tanti sforzi non sono andati nella direzione che più potrebbe far male all’India e, quindi, portarla a più miti consigli circa la sorte dei nostri connazionali. La direzione, ovviamente, è quella economica.
Ma, a quanto pare, non si possono intaccare i rapporti commerciali, da cui i due militari rischiano sul serio la pena di morte per non creare problemi all’import-export. Questo, oltre alla drammaticità del caso specifico, ci fa capire cosa conta in Italia e cosa no e, soprattutto, chi conta e chi no. Si ha il sospetto, a questo punto legittimo, che si potrebbero mandare al macello tutti gli Italiani soltanto per salvaguardare gli interessi di questi fantomatici “gruppi economici”.

Luca Craia

L’insegnamento di Sharon che cade nel vuoto



Come sempre accade, alla morte di qualcuno si evidenziano i lati positivi e si tralasciano quelli negativi. La stessa procedura, conscia o inconscia che sia, si applica sui media quando personaggi di rilevo che passano a miglior vita. Il fatto che magari in vita di cose positive ne abbiano fatte davvero poche rende le cose difficili ma, come hanno dimostrato in questi giorni i nostri giornali e telegiornali per la morte di Ariel Sharon, non impossibili. I vari “coccodrilli” proposti dalla nostra informazione hanno parlato di tutto e di niente ponendo l’accento su quella che è forse l’unica decisione umana e positiva presa dallo statista israeliano in vita sua e passando velocemente sulla sfilza di orrori che la sua mente ha generato.
E di orrori, Sharon, ne ha compiuti molti, sia da militare che da politico. Ha la responsabilità diretta e indiretta di migliaia di morti ma soprattutto ha responsabilità politiche pesantissime tanto da poter affermare che la situazione attuale del Medio Oriente è anche conseguenza delle sue scelte politiche. Delle tante colpe di cui possiamo accusare Arik ce n’è una che forse è la più pesante: quella di aver alimentato e motivato, col suo comportamento, con le sue azioni e con il suo pensiero, l’antisemitismo nel mondo. È proprio il suo Popolo quello che ha subito più danni dalle sue azioni in quanto l’oltranzismo razziale, la cecità politica, la temerarietà strategica e la disumanità delle decisioni hanno portato a non recepire nemmeno l’unica azione politica sensata di tutta la sua carriera: il ritiro da Gaza e Cisgiordania dei coloni, un gesto che avrebbe dovuto innescare reazioni positive e che invece, proprio a causa dell’estremizzazione dei rapporti generata dalla sua politica,
causò conseguenze negative sia in patria che in campo avversario. Va anche detto che, in ambito palestinese, la mentalità non è mai stata tanto differente da quella di Sharon stesso. Da qui la sostanziale inutilità del ritiro da Gaza.
A piangere Sharon, con tutto il rispetto che si deve a qualsiasi essere umano e alla sua vita, sono stati e saranno in pochi. A ricordarlo saranno in molti e la storia tratterà la sua biografia come dovuto, traendone le lezioni necessarie. Purtroppo l’informazione di massa non ha colto nemmeno questa volta l’occasione per analizzare un tratto della nostra storia e prenderne spunti opportuni per capire la situazione mondiale attuale.

Luca Craia

lunedì 13 gennaio 2014

Io faccio politica, eccome.



Io faccio politica, la faccio per passione da quando ero ragazzo. La faccio e non capisco perché mi debba vergognare di farla. Non capisco perché oggi tutti fanno a gare nel dichiararsi “apolitici”. Essere apolitici significa essere fuori dalla società, disinteressarsi del mondo in cui si vive, rinunciare a dare il proprio contributo al suo sviluppo. Fare politica significa occuparsi della cosa pubblica, impegnarsi per la propria città e per il proprio Paese, lavorare perché si possa vivere in un mondo migliore. Non facciamo confusione: fare politica non significa appartenere ad un partito. Quella è un’altra cosa. Io faccio politica orgogliosamente e altrettanto orgogliosamente non appartengo a nessuno partito. Faccio politica con la mia testa, con la mia onestà intellettuale e il mio raziocinio. La faccio dicendo quello che penso senza calcoli e sporcandomi le mani ogni volta che posso per quello in cui credo. Faccio politica e voglio continuare a farlo finchè ci riesco. E finchè potrò farlo sarò un uomo libero.

Luca Craia

SPAZIO APERTO AI CANDIDATI - La vicenda della bocciatura del TAR del “Villaggio della moda” - di Walter Antonelli



Walter Antonelli

La vicenda della bocciatura del TAR del “Villaggio della moda” certifica una gestione dell’Urbanistica a Montegranaro in modo approssimativo e compiacente.   Sulla vicenda non voglio dare un parere tecnico e giuridico, ma  quello del cittadino contribuente. Il  “Villaggio della moda” è stato bocciato sulla base delle considerazioni fatte da noi di “Progetto Veregra” nei Consigli comunali in cui si sono votate le delibere. Vi sono altri casi che confermano il modo anomalo della gestione urbanistica a Montegranaro:  cito  “la Calepio” un progetto che prevede un consumo di suolo importante, dove le garanzie fideiussorie per le opere di urbanizzazione si sono vanificate non senza colpa di chi avrebbe dovuto vigilare e non lo ha fatto non so se per incapacità o condiscendenza . La cooperativa “Veregra” ha costruito un immobile che i Giudici nella sentenza, hanno definito come se fosse stato costruito senza licenza edilizia, quindi completamente abusivo.
A Montegranaro vi è il condominio Palmatea in via Baden Powel, costruito con licenza edilizia rilasciata nel 2004, dove ancora una volta la garanzia fedeiussoria prevista a tutela della realizzazione delle opere di urbanizzazione non tutela gli acquirenti degli immobili i quali pur abitando in un appartamento che ha ottenuto regolare agibilità vivono con servizi da terzo mondo.
Queste sono tante storie che hanno come comune denominatore il mettere in luce una cattiva gestione dell’Urbanistica, gestita negli ultimi 10 anni da Gismondi,  che ha pesanti ripercussioni economiche sulle  casse comunali per quanto riguarda le spese legali e di consulenza.   Nel solo  caso Calepio si parla di centinaia di migliaia di euro che non vengono risarciti dai   cattivi Amministratori ma da noi cittadini.  Quindi non c’è da sorprendersi se a Montegranaro da anni l’addizionale IRPEF è al massimo consentito dallo Stato, ed entro il 24 gennaio si dovrà pagare la mini-IMU per l’aumento dell’aliquota prima casa introdotta solo in 8 paesi dei 40 della provincia di Fermo. Tale politica urbanistica, tendente a favorire alcuni pochi privilegiati a danno della comunità,  comporta oltre a danni economici, notevoli disagi per le mancate opere di urbanizzazione. 

sabato 11 gennaio 2014

Coi centri storici non si scherza e non si temporeggia.


Il crollo di una palazzina a Matera

Crollano le palazzine, si scava con le mani per salvare o cercare di salvare le vittime sepolte dalle macerie, arrivano ministri e viceministri costernati, i sindaci piangono a favore di telecamera. È il solito palcoscenico della tragedia dove si gioca al teatrino dello scarico di responsabilità, dell’elogio ai soccorritori e della passerella televisiva. Un teatrino che, però, spesso costa la vita alle persone e questo si può evitare.
Quando dico, e lo dico da un sacco di tempo, che con le case pericolanti, con i centri storici lasciati all’abbandono, con l’incuria e il degrado non si scherza intendo questo. Non è una questione di decoro o di estetica, non è solo dare una migliore qualità della vita a quei cittadini che vivono spesso in condizioni difficili nei centri storici dimenticati dalla politica e rispolverati soltanto in campagna elettorale. È una questione di sicurezza, di pubblica incolumità, di rispetto per le vite umane.
A Montegranaro tutti conosciamo in che condizioni versa il nostro centro storico. La situazione non è nata ieri ma è frutto di decenni di abbandono da parte di chi ha amministrato la città e di vero e proprio menefreghismo da parte di una larga fetta della cittadinanza. Oggi, invece, assistiamo a un certo interesse da parte dei Montegranaresi per la questione. Un interesse che, però, somiglia a una moda, a una tendenza. Una tendenza che, sapientemente, qualche politico cavalcherà.
Nell’ultimo periodo, grazie a pressioni piuttosto insistenti da parte di alcuni cittadini tra i quali metto anche me stesso, si è ottenuto qualcosa: diversi stabili pericolanti stanno subendo interventi di recupero e questo è un grande passo avanti verso la soluzione del problema che, però, è estremamente complessa.
La passata Amministrazione ha stretto un accordo con l’Unicam per effettuare uno studio e un progetto di recupero globale del centro storico: una cosa encomiabile se non fosse l’unico intervento che si intende fare. Invece questo è ciò che è accaduto. In attesa del progetto si è fermato tutto, la pubblica amministrazione non ha programmato alcuna azione sul quartiere vecchio in attesa dell’Unicam come fosse la panacea di tutti i mali. Nel frattempo il degrado non si è affatto arrestato, anzi. La caduta dell’amministrazione, poi, ha peggiorato le cose perché del suddetto progetto si sono perse le tracce. Ancora se ne sente parlare ma nessuno, credo, lo ha ancora visto, tantomeno le associazioni come quella che presiedo e che si occupa proprio della questione e che non è mai stata consultata, come forse sarebbe stato opportuno, né dal Comune né dall’Unicam. Però ancora si parla del progetto. Attendiamo di conoscerlo. E intanto che facciamo? Incrociamo le dita e preghiamo che non crolli nulla.

Luca Craia

La conferenza su Conventati: Arkeo chiama ma Montegranaro non risponde.



Dispiace un po’, ma non più di tanto, vedere che a un appuntamento con la storia del nostro “amato” paese ci si ritrova nei soliti sette otto temerari. Quella di ieri sera era una buona occasione per conoscere meglio le nostre radici, con la presenza di un ottimo relatore, che ha avuto anche un interessante e costruttivo confronto col nostro storico cittadino Daniele Malvestiti. Però, purtroppo, eravamo davvero pochi a poterne usufruire. Siamo abituati agli appuntamenti di questo tipo disertati dalla gente e non sconcerta più di tanto. E nemmeno scoraggia: se insistendo, perseverando, segnalando, rompendo le scatole si sta riuscendo forse a muovere qualcosa nel nostro martoriato centro storico, allora probabilmente vale la pena insistere anche su questo piano. Anche perché le cose sono strettamente connesse: se si ama la propria città la si conosce e si cerca di conoscerla sempre meglio. Piano piano otterremo risultati anche in questo settore di attività di Arkeo. Intanto aspettiamo i nostri concittadini domenica 19 a San Francesco per il concerto d’organo di Lorenzo Antinori.

Luca Craia

venerdì 10 gennaio 2014

Anche in via Solferino partono lavori di ristrutturazione.




Non è per vantarmi ma, come si dice da noi nel Piceno, daje daje… Sono partiti in questi giorni anche i lavori di ristrutturazione di un edificio in via Solferino oggetto di ordinanza di messa in sicurezza ormai da anni e puntellato dagli stessi anni. È un lavoro importante non tanto per il recupero dello stabile, che risulta di valore storico relativamente scarso, ma per l’urbanistica generale del centro storico nonché per la viabilità. Infatti, la casa insiste sulla strada di ingresso principale del centro storico basso, unica via d’accesso per la zona dell’ospedale vecchio. Recuperarla comporterà non solo un sensibile miglioramento estetico ma anche un vantaggio tangibile per la viabilità del quartiere. Visto anche lo stato avanzato dei lavori in via Don Minzoni e via Palestro direi che qualche progresso lo stiamo facendo. Ciò dimostra che la continua attenzione, la pressione, la segnalazione e anche le tanto vituperate polemiche sono necessarie e danno frutti. Per questo bisogna insistere.

Luca Craia


Spazio aperto ai candidati - La Casa di Riposo è insufficiente.



Di Walter Antonelli

In Italia vi è una emergenza sovraffollamento carceri a Montegranaro vi è un’emergenza sovraffollamento Casa di Riposo. I dati sono inequivocabili 21 posti per una popolazione di quasi 14.000 abitanti dato che relega Montegranaro  tra i paesi con l’offerta di posti più bassa di tutta la Regione. Conseguentemente vi sono 40 cittadini in lista di attesa ed altrettanti hanno dovuto migrare nei comuni limitrofi, sradicare un anziano nella ultima parte della sua vita dai luoghi natii è segno di una grave insensibilità verso gli anziani. Le Giunte Basso e Gismondi nonostante la costante e crescente richiesta della cittadinanza non hanno voluto o saputo rispondere in modo adeguato. Nonostante il buon lavoro del Comitato di Amministrazione la carenza è rimasta e i lavori appaltati recentemente per 350.000 euro di cui 200.000 della Casa di Riposo ed altri 150.000 fondi regionali serviranno ad adeguare gli standard di legge e migliorare il confort per gli ospiti.
Per me se mi ricandiderò  alle prossime elezioni risolvere questa criticità sarà una priorità.

Spazio aperto ai candidati



Essendo lo spirito di questo blog estremamente aperto e costruttivo, ho deciso di lasciare spazio a tutti coloro che intendano candidarsi alle prossime elezioni a Montegranaro e che vogliano trasmettere un messaggio ai cittadini elettori. Il blog rimane distaccato anche se, ovviamente, anche io ho le mie idee. Lo spazio, comunque, è aperto a tutti, anche a coloro che non mi troveranno d’accordo con i loro propositi.
Chi volesse usufruire di questa possibilità può inviare uno scritto a laperonza@fastwebnet.it autorizzando espressamente la pubblicazione.

Luca Craia

I Racconti della Marca Bassa - Giù dai monti




Marino arrivò in paese alla fine degli anni cinquanta con due paia di scarpe e una valigia di cartone.  Arrivò dalla montagna attratto, come tanti a quell’epoca, dalla possibilità di lavoro e ricchezza che l’incipiente miracolo economico. Arrivò per evitare una vita da contadino a tirar via pietre da un campo arso e avaro. Arrivò con la speranza o certezza di un avvenire migliore. Molte famiglie del paese in quel periodo affittavano camere a pensione a questi ragazzotti montanari un po’ rustici ma bravi e Marino si accasò da Nanni pattuendo un fitto equo per entrambi. Un suo parente, cugino della madre, che era arrivato qualche anno prima e che aveva messo su famiglia, gli aveva trovato un posto da garzone in fabbrica. Non sapeva fare nulla Marino, non aveva la minima idea di come si facesse una scarpa, ma aveva mani buone, buona volontà e capacità di apprendere veloce. Così gli fu facile pagarsi la pensione, il mangiare, e qualche panno per vestirsi un po’ più decente di quelli che s’era portato dietro dalla montagna.
Quelli del paese trattavano con la dovuta diffidenza i forestieri venuti a trovare lavoro, un po’ come oggi trattiamo gli immigrati e gli extracomunitari. Marino, però, era di carattere giocoso, buono di indole e di spirito pronto. E poi il suo accento era sì leggermente montanaro ma non più di tanto, cosicché dopo qualche settimana già non si capiva quasi più che fosse “di fuori”.  Non gli ci volle molto quindi per farsi amici dei giovani del posto. E cominciò a frequentare delle ragazze. A quell’epoca queste cominciavano ad emanciparsi, le gonne si accorciavano, gli abiti si facevano colorati e i caratteri più aperti. Così nella comitiva di Marino ce n’erano due o tre mica male. Carine, simpatiche e senza tanti pregiudizi.
Lorella era forse la più bellina, con quell’aria da ragazzetta e gli occhi maliziosi. A Marino piaceva proprio e sembrava che anche lui non le fosse del tutto indifferente. Lorella era figlia di operai ed aveva studiato fino alla terza media. Per Marino, che s’era fermato alla quinta elementare, era intelligente e colta oltre che bellissima. Non c’era mai stato nulla tra loro se non qualche battuta e un ballo ad una festa, ma già Marino fantasticava di matrimoni. E così sapeva che non era cosa facile, operai tutti e due, con la sua famiglia che dalla montagna certo non avrebbe potuto aiutare più di tanto e quella di lei che tanto meglio non se la passava: sette figli e uno stipendio.
Mimma era una ragazza bruttina, un po’ in carne, col seno prosperoso ma le gambe grosse e tozze. Aveva gli occhi azzurri ma lo sguardo cattivo. Mimma era figlia di famiglia benestante, commercianti i suoi, e aveva solo due fratelli. Aveva una bella dote e delle belle prospettive. Aveva anche una cotta micidiale per Marino che, però, non se ne avvedeva né, anche nel caso se ne fosse reso conto, avrebbe avuto alcun interesse, innamorato ormai di Lorella. Ma Mimma era ragazza tenace e quando voleva una cosa era abituata ad ottenerla. Così una sera, ad una festa che Marino aveva un po’ esagerato col vino, Mimma ottenne quello che voleva o, almeno, credette di ottenerlo.
L’atto fu consumato in un campo appena fuori le mura. Mimma toccò il cielo con un dito. Marino al mattino sì e no che se ne ricordava. Ma dovette ricordarsene presto perché il grembo di Mimma cominciò a lievitare e quei tempi su queste cose non si scherzava mica. Cominciarono subito i preparativi per il matrimonio. La famiglia di lei la prese piuttosto bene, considerando che la figlia difficilmente potesse puntare ad un partito migliore bruttina e sgraziata com’era. E poi il montanaro non era affatto male: bravo, educato e pure caruccetto. La famiglia di Marino non disse né a né o. L’unico chiarimento che il padre di Marino tenne a precisare fu che loro non avevano una lira e che il figlio si doveva arrangiare. Il padre della ragazza aveva una casa sfitta e la fece ripulire e risistemare per la figlia. Per il futuro genero aveva pronto un posto in bottega. I fratelli della sposa picchiarono un paio di pettegoli che avevano da fare battute sulla gravidanza della di loro sorella e tutte le chiacchiere di paese cessarono.
Ma Marino non era affatto felice e quando per strada incrociò Lorella e questa non lo salutò abbassando lo sguardo si sentì morire. Prese la lambretta che s’era comprato con i primi risparmi e andò a casa in montagna. Suo fratello maggiore gli disse la sua: non doveva sposarsi se non voleva. E quanto Marino gli disse che i fratelli della sposa l’avrebbero massacrato il suo di fratello gli consigliò di scappare a Milano, dallo zio Paolo che da anni viveva lì ed aveva un’avviata attività di commercio. Marino manco se lo ricordava lo zio, ma prese il telefono pubblico del bar della piazza e, armato di coraggio e disperazione, telefonò allo zio Paolo raccontandogli la sua tragedia. Lo Zio si disse più che disponibile di ospitarlo. Marino non tornò al paese ma andò diretto alla stazione e prese il primo treno per Milano.
La settimana successiva il caso del montanaro scomparso rimbalzata di porta in porta nel paese. Non si parlava d’altro e non c’era minaccia di botte o ghigni duri dei ragazzotti fratelli di Mimma per calmare lo scandalo. Nessuno sapeva dove fosse Marino ma sembrava evidente che fosse scappato. La Lambretta era stata notata davanti alla stazione e quello era chiaro indizio di fuga, non di disgrazia. I fratelli della sposa erano a dir poco infuriati: occorreva trovarlo e occorreva riportarlo a casa a fare il suo dovere. E la cosa che li imbestialiva di più è che, se l’avessero trovato, nemmeno potevano spezzargli le ossa: dopotutto era loro cognato. Ma una bella ripassata senza fratture gliel’avrebbero data, signorsì.
Furono interrogati i familiari di Marino e questi negarono di sapere dove il ragazzo fosse. Anzi, si dissero preoccupati per la sua sorte. Anche il fratello maggiore, architetto della fuga, si dimostrò ignaro delle sorti del promesso sposo. Promesso sposo che, intanto, a Milano s’era piazzato a casa dello zio che l’aveva accolto come un figlio e gli aveva dato pure un lavoro e uno stipendio passabile.
Passarono così due mesi, mesi in cui la pancia di Mimma lievitava e le chiacchiere non si assopirono. I fratelli della sposa non erano persuasi del fatto che i familiari del futuro cognato non sapessero nulla e tornarono in montagna. Trovarono il fratello di Marino a riposare seduto vicino la stalla. Anziché prenderlo con le cattive tentarono la carta del benessere e gli proposero di venire a sua volta a lavorare al paese, che loro lo avrebbero aiutato a trovare un buon posto e una buona casa e a patto che egli li avesse aiutati a sua volta a ritrovare il fratello in fuga. Fatto sta che in montagna cominciava a starsi davvero male. La campagna produceva poco, il lavoro era duro e il padre stava invecchiando e non era più quello di una volta. La proposta allettò il fratello di Marino. Si fece promettere che non sarebbe stato torto un capello allo sposo e spifferò tutto.
Marino tornò in paese senza fratture ma con qualche livido sotto i vestiti, dove non si vedeva. Se ne accorse solo Mimma quando lo abbracciò piena di gioia per averlo ritrovato e lo sentì lamentarsi quando lo strinse a sé. Si sposarono dopo due settimane. Ebbero il bambino che Mimma aveva in grembo e altri quattro figli. Vissero insieme tutta la vita e, a quel che si sa, marino fu marito fedele. Mimma lo fu per forza di cose dato che il tempo non fu affatto clemente con la sua già avanzata bruttezza. Marino non parlò più col fratello.

giovedì 9 gennaio 2014

Arkeo: pronti per il restauro del Crocifisso di Sant’Ugo. Raccolta fondi per la via Crucis.




All’interno della chiesa di Sant’Ugo, precisamente sulla parete sinistra in prossimità del presbiterio, è collocato, presumibilmente da sempre, uno splendido crocifisso ligneo databile al secolo XVI. La statua, originariamente policroma, è appoggiata su una magnifica croce dorata e mostra la classica impugnatura processionale. Il bellissimo Cristo, fortemente espressivo ed estremamente curato nei dettagli, necessita di urgenti interventi di restauro in quanto, oltre a presentare vistosi distaccamenti degli arti, è fortemente attaccato dai tarli.
Arkeo ha deciso di destinare a questo intervento il residuo di cassa del 2013, denaro proveniente da libere donazioni dei soci, dal tesseramento e da offerte dei turisti che vengono in visita a Montegranaro con il quale abbiamo già finanziato, in collaborazione con il Lions Club Fermo-Porto
San Giorgio, il rifacimento dell’impianto elettrico della stessa chiesa di Sant’Ugo. È bene sapere, infatti, che ogni centesimo raccolto dalla nostra associazione viene impiegato in opere di recupero del nostro patrimonio, nonché per l’organizzazione di eventi culturali e di accrescimento per la città.
Il progetto di restauro è già stato presentato alla Soprintendenza di Urbino, competente per il tipo di intervento, e siamo in attesa del nulla osta per poter dare inizio ai lavori. Il restauratore è convinto di poter portare il Crocifisso all’antico splendore recuperando anche i colori originali dell’incarnato del Cristo. Contiamo di poter rimettere la statua al suo posto prima dell’estate.
Intanto abbiamo avviato la raccolta fondi per il restauro della Via Crucis della chiesa dei SS.Filippo e Giacomo, pregevole opera settecentesca che dovrà tornare al suo posto non appena i lavori di ristrutturazione della chiesa più amata dai Montegranaresi saranno terminati. Questo intervento è piuttosto oneroso e verrà realizzato in concorrenza con la Parrocchia, ma se i Montegranaresi saranno generosi come sanno essere potremo finanziare questa e molte altre opere di recupero di cui il nostro patrimonio ha bisogno.
Per raccogliere i fondi, intanto, domenica 19 gennaio, alle ore 16, presso la chiesa di S.Francesco (Pievania) di Montegranaro si terrà un concerto d’organo del Maestro Lorenzo Antinori. Si tratta di un evento culturale di alto livello, con un musicista marchigiano tra i più quotati, organista titolare della Insigne Pieve Collegiata di Mercatello sul Metauro e organista anche presso la Concattedrale di Urbania, dove accompagna l’antica Schola Cantorum. Antinori farà suonare l’organo di Vincenzo Paci presente in Pievania con musiche Bach, Mozart, Händel, Morandi, Verdi, Petrali, Fini e Colmegna. L’ingresso è totalmente gratuito ma chi vorrà potrà lasciare un contributo per il restauro della Via Crucis.

Alcune domande sul Villaggio della Moda



foto del 2001


foto del 2012

foto del 2013
Nell’area di pertinenza del cantiere del cosiddetto “Villaggio del Lavoro” risulta essere stato presente un antichissimo mulino ad acqua, parzialmente conservato, e il relativo canale di alimentazione delle acque che venivano prelevate dal fiume Chienti. Così sono andato a vedermi le foto dal satellite dell’area e, nel 2001, la costruzione è ancora identificabile così come il canale. Già nel 2012, però, non ve ne è più traccia. Da qui le domande:
Che fine ha fatto l’edificio storico?
Che fine ha fatto il canale?
Vi erano dei vincoli storico-architettonici posti dalla Soprintendenza?

Inoltre dalla foto del 2001 si vede ancora il vecchio stabilimento industriale. Il tetto era di eternit? Come è stato smaltito?

Ci sono molte altre domande, ma mi riservo di farle in un secondo tempo. Sarebbe già qualcosa ottenere informazioni circa il mulino.

Luca Craia