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mercoledì 28 dicembre 2016

Le vittime del terremoto sono tutte uguali. I danni dell’informazione.




Le vittime del terremoto sono tutte uguali, non ci sono vittime di serie A o di serie B. Quello che sta accadendo in questi ultimi tempi, una volta spenti i clamori dell’immediato sgomento dovuto al sisma che ha colpito il centro Italia, è scandaloso ed è dovuto al comportamento degli organi di informazione che seguono l’effetto emotivo piuttosto che svolgere correttamente la loro funzione. Oggi sembra che il terremoto ci sia stato soltanto ad Amatrice e Norcia. Non si parla più di Arquata, Pescara del Tronto, non si parla di Ussita, Visso, Castel Sant’Angelo, Pieve Torina. Si segue l’effetto, l’impatto sugli ascolti. Parlare di Norcia, bellissima e massacrata ma, soprattutto, più famosa di Visso, fa un altro effetto sul pubblico.
Se ne lamentano gli abitanti delle città “minori”, e si innesca quella specie di effetto concorrenza che, invece, è triste e deleterio. Non è colpa di Norcia o di Amatrice se i telegiornali parlano solo di loro. Le vittime sono tutte uguali, hanno la stessa dignità. Ma soprattutto il danni hanno tutti lo stesso valore.
Così, con questa campagna mediatica sbagliata e irresponsabile, si innescano meccanismi iniqui. La solidarietà, per esempio: se si parla solo di Amatrice, questa avrà dei vantaggi nell’attribuzione delle tante raccolte fondi che i generosi Italiani stanno portando avanti. L’informazione è importante e deve essere corretta.
Così come è importante che si faccia chiarezza sui danni e sui rischi, in modo che non si crei allarmismo ingiustificato frenando una risorsa fondamentale per le zone colpite e quelle immediatamente a ridosso: il turismo. C’è un calo verticale nelle visite alle città umbre e marchigiane vicine all’epicentro ma che non hanno riportato danni pesanti. Queste città vivono di turismo ed è importante che l’informazione le sostenga e non le affossi.
I media hanno una grande responsabilità in questo momento. Occorre che se la assumano e lavorino correttamente. Il centro Italia, per risorgere, ha bisogno di equità, ha bisogno di unità, ha bisogno di essere sostenuto e il ruolo dei mezzi di informazione è fondamentale.

Luca Craia             

venerdì 14 ottobre 2016

Due Montegranaro diverse. Quale sarà quella vera?



Chi oggi abbia letto i due quotidiani locali avrà notato che entrambi parlano della fiera di San Serafino. Il Resto del Carlino celebra il grande successo commerciale e di pubblico dell’evento e la gloria dell’assessore al commercio. Il Corriere Adriatico, invece, parla di flop e dà voce al capogruppo di Viviamo Montegranaro, Mauro Lucentini, che lamenta la disorganizzazione. È come se ci fossero due Montegranaro: in una girava Lorenzo Girelli e nell’altra Marco Pagliariccio, i due autori degli articoli. Ma di Montegranaro, in provincia di Fermo, con patrono San Serafino e la fiera il 12 ottobre, ce n’è soltanto una, almeno mi pare. Allora come è possibile questa enorme dicotomia tra il positivo e il negativo, tra il successo e l’insuccesso?
Io ero fuori per lavoro per cui non posso dire cosa ho visto se non dalle foto che mi sono passate davanti su Facebook e che, a dire il vero, danno ragione a Lucentini. In effetti anche le stesse foto apparse ieri sui quotidiani non è che mostrassero folle oceaniche e ricordo bene quando la fiera, anni fa, era ben più estesa e con molte più bancarelle. Allora Beverati di cosa si bea? Non saprei, probabilmente negli ultimi anni ha poco frequentato il paese che gli ha dato i natali ma nel quale non vive, per cui magari, per una volta presente, deve essersi entusiasmato per qualcosa che di entusiasmante ha poco. Oppure siamo di fronte alla solita manipolazione dell’informazione, arte affinata dal governo montegranarese e, bisogna dire, unica cosa che gli riesce bene.
Pagliariccio dà voce a Lucentini, non scrive di suo (raramente lo fa, in genere prende “liberi spunti” in giro, spesso qui - vedi il pezzo di oggi sulla cde - oppure fa dei lunghi virgolettati) per cui sappiamo che il pezzo del Corriere è volutamente di parte. Girelli invece parla in prima persona, non usa virgolettati, ed è come se alla fiera ci abbia passato mezza giornata. Avrà sbagliato paese?
Il punto, però, non è tanto se la fiera sia stata un successo o un flop. Il punto è che questi due titoli opposti e contemporanei ci danno l’idea di una stampa che non informa più ma si limita a trascrivere comunicati. L’Amministrazione Mancini, del resto, ha assunto uno specialista proprio per questo motivo, una specie di “ministro della cultura” di sovietica memoria, e i risultati sono buoni: mandano sui giornali i pezzi che vogliono e riescono, con un paio di telefonate, a far sparire i collaboratori delle testate non allineati e che rompono troppo le scatole. Fortuna che a me non telefonano.
Chiudo con una considerazione sulla poca gente in giro. È la cosa più triste e dovremo rifletterci: Montegranaro è sempre meno comunità. Va bene la crisi, vanno bene i pochi soldi da spendere, ma un giro alla fiera del Patrono è tradizione intoccabile. Se muore pure questa, Montegranaro come entità paese, come comunità cittadina, è messa davvero molto male.

Luca Craia