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venerdì 14 ottobre 2016

Due Montegranaro diverse. Quale sarà quella vera?



Chi oggi abbia letto i due quotidiani locali avrà notato che entrambi parlano della fiera di San Serafino. Il Resto del Carlino celebra il grande successo commerciale e di pubblico dell’evento e la gloria dell’assessore al commercio. Il Corriere Adriatico, invece, parla di flop e dà voce al capogruppo di Viviamo Montegranaro, Mauro Lucentini, che lamenta la disorganizzazione. È come se ci fossero due Montegranaro: in una girava Lorenzo Girelli e nell’altra Marco Pagliariccio, i due autori degli articoli. Ma di Montegranaro, in provincia di Fermo, con patrono San Serafino e la fiera il 12 ottobre, ce n’è soltanto una, almeno mi pare. Allora come è possibile questa enorme dicotomia tra il positivo e il negativo, tra il successo e l’insuccesso?
Io ero fuori per lavoro per cui non posso dire cosa ho visto se non dalle foto che mi sono passate davanti su Facebook e che, a dire il vero, danno ragione a Lucentini. In effetti anche le stesse foto apparse ieri sui quotidiani non è che mostrassero folle oceaniche e ricordo bene quando la fiera, anni fa, era ben più estesa e con molte più bancarelle. Allora Beverati di cosa si bea? Non saprei, probabilmente negli ultimi anni ha poco frequentato il paese che gli ha dato i natali ma nel quale non vive, per cui magari, per una volta presente, deve essersi entusiasmato per qualcosa che di entusiasmante ha poco. Oppure siamo di fronte alla solita manipolazione dell’informazione, arte affinata dal governo montegranarese e, bisogna dire, unica cosa che gli riesce bene.
Pagliariccio dà voce a Lucentini, non scrive di suo (raramente lo fa, in genere prende “liberi spunti” in giro, spesso qui - vedi il pezzo di oggi sulla cde - oppure fa dei lunghi virgolettati) per cui sappiamo che il pezzo del Corriere è volutamente di parte. Girelli invece parla in prima persona, non usa virgolettati, ed è come se alla fiera ci abbia passato mezza giornata. Avrà sbagliato paese?
Il punto, però, non è tanto se la fiera sia stata un successo o un flop. Il punto è che questi due titoli opposti e contemporanei ci danno l’idea di una stampa che non informa più ma si limita a trascrivere comunicati. L’Amministrazione Mancini, del resto, ha assunto uno specialista proprio per questo motivo, una specie di “ministro della cultura” di sovietica memoria, e i risultati sono buoni: mandano sui giornali i pezzi che vogliono e riescono, con un paio di telefonate, a far sparire i collaboratori delle testate non allineati e che rompono troppo le scatole. Fortuna che a me non telefonano.
Chiudo con una considerazione sulla poca gente in giro. È la cosa più triste e dovremo rifletterci: Montegranaro è sempre meno comunità. Va bene la crisi, vanno bene i pochi soldi da spendere, ma un giro alla fiera del Patrono è tradizione intoccabile. Se muore pure questa, Montegranaro come entità paese, come comunità cittadina, è messa davvero molto male.

Luca Craia

martedì 7 gennaio 2014

La violenza verbale che dilaga sui social



Considero i social uno strumento formidabile per divulgare informazioni e idee e per facilitare la condivisione e il dibattito, imprescindibile per chiunque debba occuparsi di cose pubbliche. Ma il limite dello strumento sta proprio nella sua virtualità che, troppo spesso, viene intesa come protezione, schermo, maschera che rende intoccabili, impunibili. Questo evidentemente elimina ogni inibizione e libera il lato peggiore delle persone che, interpretando il mondo virtuale del social network come una zona franca dove tutto è permesso, danno sfogo alle loro frustrazioni. È un po’ il concetto del videogame, dove l’altro, anche se conosciuto come reale, sullo schermo del computer diventa avatar di se stesso, essere elettronico privo di corpo, anima e sentimenti. È una sorta di sindrome del tasto di reset, del concetto da videogame secondo il quale, sbagliando, si può sempre iniziare la partita da capo. Ecco quindi che possiamo anche calpestare e far male all’altro nella certezza che, comunque, tutto si può recuperare con un tasto.
Le frustrazioni, gli istinti repressi si moltiplicano in questi tempi confusi di crisi non solo economica ma anche e soprattutto di valori, di punti di riferimento. Nel contatto reale tra le persone, però, prevale ancora il buon senso, il rispetto reciproco anche se convenzionale. Nel mondo binario dello schermo di un computer, invece, la violenza, anche se non può mai diventare fisica, diventa strumento di comunicazione usuale. Ecco allora l’uso abituale del turpiloquio, l’insulto gratuito, l’eterna propensione ad attaccare anche quando non necessario. Quello che nella vita reale mai ci sentiremmo autorizzati a fare, con una tastiera in mano diventa normalissimo. Cade quindi una delle prerogative più positive della socializzazione elettronica, ossia la possibilità di dibattere liberamente sulle idee, per lasciar spazio alla violenza delle parole che blocca ogni forma di scambio intellettuale.
Purtroppo il fenomeno è dilagante e credo ogni utilizzatore dei social network possa verificarlo personalmente: ci sono individui, sempre più numerosi, che utilizzano la violenza verbale scissa da ogni razionalità per accedere a discussioni anche accese ma sempre incanalate sul tema specifico e improntate sul rispetto reciproco. I violenti della tastiera non partecipano alla discussione, non perdono tempo a leggere quanto già è stato scritto, si accontentano di cogliere il senso generale da un titolo o da qualche parola letta frettolosamente, e entrano nel dibattito a gamba tesa usando l’offesa, la parolaccia, l’insulto gratuito, tutto ciò quasi sempre formulando pensieri ovvi e qualunquistici.
Le conseguenze sono serie: se da un lato in questo modo la discussione muore, dall’altro il sistema si fa sempre più tollerato e condiviso tanto da divenire modus operandi anche per chi ricopre ruoli istituzionalmente avulsi  a questi toni. Così il politico cala il livello del proprio eloquio, il giornalista abbassa la qualità del parlare e la gente comune, che pure vorrebbe rimanere in canoni di discussioni rispettosi, o si adegua o batte in ritirata. È un fenomeno in crescita che va arginato, magari col semplice strumento della moderazione del dibattito: chi non rispetta la dignità dei partecipanti e l’intelligenza del discorso vada bloccato ed espulso.

Luca Craia