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venerdì 11 dicembre 2015

Una storia di Natale – di Roberto Casadei



Spulciando tra i miei cassetti virtuali ho ritrovato questo delizioso racconto del mio amico Roberto Casadei che ebbi il piacere e l'onore di pubblicare sul blog nel 2010. Mi fa piacere ripubblicarlo e spero che faccia piacere a voi di rileggerlo o leggerlo per la prima volta.

Luca Craia

Inizio dicembre: Lucia era li sul trono della sua scarana da cassiera della libroteca Feltrinori & Mondanelli in centro, ci lavorava da tempi immemori, si narra addirittura che quando iniziò nelle librerie si vendevano solo libri e se alle libraie (più tardi declassate ad addette alla vendita nel settore media e comunicazione) chiedevi un consiglio ti guardavano attraverso gli occhi come farmaciste dell’anima e non si limitavano a mandarti negli scaffali delle megahit dove pontificavano Giornalecchini Butterati, Radiofilosofi Ruffiani, Mocciosi Diabetofacenti e Maghetti Occhialusfigati.
All’inizio la rivendita di sogni di carta era molto diversa: un dedalo diviso in tre stanze odoroso di quel petroleoso afrore che hanno le copertine appena stampate, gremito all’inverosimile in ogni anfratto di volumi, i libri non erano suddivisi in categorie.Toccava che prendevi sta scaletta rachitica e traballevole in legno con i bulloni slenti che facevan Crikognako e ti arrampicavi in cima agli scaffali sfidando la sorte e la gravità: quando arrivato in cima sentivi un rumore sinistro al piolo e la scala cominciava a svirgoleggiare ti aggrappavi al primo volume che capitava per controbilanciare lo sbangilamento, riottenuto un qual’equilibrio estraevi il volume che ti aveva salvato da morte certa e per riconoscenza lo acquistavi; non eri tu a scegliere i libri, eran loro a scegliere te: si narra di seriosi laurendi brufolosi entrati per comprare “la critica della ragion pura” ed usciti entusiasti ed affamabondi con “la scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”; altre volte svampite squinziette senza sugo alcuno, entravano per comprare “I love shopping” e se ne uscivano piangenti e inaspettatamente felici, folgorate da una copia della “lettera sulla felicità”.
Insomma la Lucia, che era passata dai banchi del classico a quell’antro grondante acari e conoscenza, quando la vecchia proprietaria cedette alla multinazionale della sapienza in scatola, ci rimase un bel po male…
I nuovi proprietari imposero un nuovo look ai locali e la quantità di libri fu decimata, da implacabili censori, per far posto a ciddì, giochi per Steyplescion e bilini in plastica vari. Furono assunte nuove commesse, bellegnocche con l’occhialino intellettualfacente con l’unico difetto (notato da pochi, sia mai…) di incristarsi sui congiuntivi e lasciare a spasso predicati e complementi.
Lucia non voleva mettersi la divisa d’ordinanza, perchè il pantalone era a vita sottoterra e lei stranamente si vergognava a mettere in bellavista il cudirozzo (e allora teneva sotto sti collantoni, e quando si chinava per prendere l’ulltimo capolavoro di Falio Fabetti,si vedeva st’ammasso di Lycra e in sottofondo sta mutandazza candida non proprio gnoccatoria), inoltre la camisetta “doveva” essere tenuta coi bottoni sopra aperti, e per la Lucia era un bel problema: è una garadura cercare di spiegare la differenza tra Moccia e Emily Bronte a giovinastri persi con lo sguardo in quell’abbondame quintico anteriore sballonzevole, così ottenne in via straordinaria e per evitare problemi di ordine pubblico di tener serrata la camicia; inoltre sta camisa sotto era stretta e la Lucia si vergognava alquanto delle pieghe barocche che prendevan le sue cicce…
Spiegata così può sembrare che Lucia sia una burdigotta senza speranza; ma sta squinzietta guarnita ha il suo perchè: saran sti riccioloni truciolosi che le incorniciano il facciotto candidoso; saran sti occhioni zurrissimi grandi da mucca che non san dire bugie; sarà sto sorriso che riesce a sovrastare ogni grigiume: insomma, il suo bel arsenale ce l’ha tutto.

“Non trovo Preghiera per un’amico di Irving, sai dirmi se ne avete una copia?” dissero un paio di maschiali occhi neri che la stavano guardando diritta nell’anima e non nell’airbagame anteriore.”
Aspetta, ci guardo, penso proprio che sia finito!” rispose la Lucia, incuriosita dal fatto che un ragazzolo sui trenta stesse chiedendo un libro (un Signor Libro tra l’altro…) invece dell’ultimo gioco per la Uì.
“SIA?????” pensò il Teodoro (il proprietario degli occhi neri in questione)” un CONGIUNTIVO? Pensavo fossero estinti dopo la depenalizzazione dell’indicativo…”

Le Storie di Monte Franoso – Tutti al Cimitero!


Capitò, a Monte Franoso, che il custode del Camposanto morì in ancor giovane età. Questo causò un bel po’ di problemi in quanto, per un lungo periodo, non fu assunto nessuno al suo posto e il cimitero diventò una mezza giungla. Così, vista la difficoltà ad assumere un nuovo custode (che costava si e no 30.000 euri all’anno) si pensò di fare una gara di appalto per far fare i lavori cimiteriali a una ditta esterna, con una base d’asta di quasi 60.000 euri all’anno. Nessuno capì bene quale fosse la convenienza ma in molti capirono chi ci guadagnava.
Infatti a concorrere, tra le varie ditte, ce n’era una che apparteneva, anche se non ufficialmente, a un membro del partito di maggioranza relativa in consiglio comunale. Non ufficialmente, dicevo, perché la ditta era intestata al genero, ma in un paesino come Monte Franoso certi particolari ti sfuggono solo se te li vuoi far sfuggire. Così come ad alcuni non sfuggì il fatto che il fratello del suocero del titolare della ditta in questione, nonostante idee politiche manifestatamente opposte a quelle della giunta che comandava a Monte Franoso, da qualche tempo si sperticava di elogi al vicesindaco su Facebook, e addirittura minacciava di prendere a botte chi osava criticarlo.
Fatto sta che si giunse all’apertura delle buste e, sorpresa sorpresa, l’offerta più bassa era di un’altra ditta. Dopo qualche istante di panico si presero immediate contromisure: l’offerta vincente era troppo bassa. Eccesso di ribasso. Bocciata. E così il suocero facente parte del partito di maggioranza si prese il cimitero, costò alla collettività quasi il doppio di quanto si pagava prima ma nessuno ebbe da ridire. Eccetto forse la ditta che fu bocciata che pare fece ricorso ma di cui gli esiti ancora non si sanno.

Luca Craia

sabato 26 settembre 2015

Lu Voccentò di Monte Franoso: pensierini scolastici




Insegnanti impegnati in contemporaneità diviso 15 uguale, numero massimo dei bambini sorvegliabili dovrebbe essere questa l’equazione che regola la fruizione della mensa alla ludus di Monte Franoso. Se pur da un punto di vista matematico l’equazione è ineccepibile, dal un punto di vista didattico qualcosa non quadra. Le ore di continuità sono spesso usate per sostenere quei ragazzi che, per i motivi più svariati, presentano qualche lacuna. Quindi la mensa è ha carico di quei ragazzi che avrebbero bisogno di un aiutino a favore di quelle famiglie che non possono fare a meno della mensa. I primi infatti non potranno godere delle ore di contemporaneità perche gli insegnati sono impegnati nella mensa.
Questo ovviamente mentre le franose insegnati, una volta piene di vita e ora spente e deludenti, girano i pollici. Tutto questo ovviamente perche il Sindaco-Preside di Monte Franoso non vuole accollarsi l’onere della mensa, un fastidioso costo sociale che non porta voti. Gli utenti del servizio non votano. Adesso gli abitanti di Monte Franoso stanno aspettando la soluzione (al ribasso) del servizio alla scuola materna dove i numeri sono più severi.
Come siamo franati in basso, è il sospiro degli abitanti di Monte Franoso.

Lu Voccentò