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mercoledì 20 gennaio 2016

SCUSATEMI (Come cambia il bullismo nell’era del Whatsapp) – di Roberto Casadei




"Adesso sarete contenti" agli "amici"; "scusatemi" a chi le ha dato la vita che ha cercato di togliersi. Dodici anni, l'età di mio figlio, dodici anni l'età meravigliosa e bastarda in cui si passa dal dire: "distruggiamo tutte le femmine!" al: "non mi rompere le palle, la Vanessa, l'ho vista prima io!" (e poi la Vanessina si innamora di uno di terza...); l'età in cui si passa dalle bambole al "sei-scema-ti-piace-quello???". Dodici anni e si é buttata di sotto, vittima del "bullismo" dei coetanei. Li chiamiamo"bulli" perché chiamarli "stronzi" ci pare indelicato.
In questa epoca che ha depenalizzato il reato di stronzaggine, stiamo creando una generazione di serial stronzer con un potere immenso: i social, whatsapp in primis. Gli stronzetti sono sempre esistiti, ma fino all'avvento di questi nuovi metodi di comunicazione, le robe avevano un peso diverso: erano meno i bulletti, meno le occasioni per esserlo, ora é tutto immediato e più pericoloso.
Purtroppo i bulli grondano testosterone e fascino e le stronzette sudano figaggine e il voler emularli crea una spirale logaritmica di cattiveria, é sempre stato così, il bullismo ti segna, il bullismo divide "giusti" e "sbagliati", finire negli "sbagliati" é facilissimo, basta andare un po' meglio degli altri a scuola (bullismo da invidia), non essere bravi a giocare a pallone (bullismo da presunta superiorità ), avere una religione, un orientamento sessuale o gusti televisivi diversi (bullismo da stronzità acuta).
Io sono stato vittima dei bulli, più di una volta. In terza elementare ho perso mio babbo, dalla gran sclero ho cominciato a mangiare come un baghinotto perché non c'erano i pissicologi, mi son presentato in prima media che ero ottanta chili: pronto per essere smesso come un baghino, i macellai non tardai a trovarli. In prima media mi ruppero una gamba (ancora mi fa male quando cambia il tempo), poi mi bucarono le gomme della Vicini, presi delle gran briscole, mi invitavano alle feste per potermi prendere meglio per il culo... la mia colpa? Essere ciccio, studiare il giusto, non giocare a pallone, guardare Quark. Questa roba ha segnato tutta la mia adolescenza, ho avuto una disistima nei miei confronti che mi ha devastato: a sedici anni mi ero fatto figo, ma non lo sapevo, troppo pesanti quei ricordi di angherie subite. Poi per fortuna, di riffa o di raffa, ne sono venuto fuori (forse...), ho conosciuto lei, la Grande Madre, la Suprema Confortatrice, il Rifugio degli Afflitti: la Gnocca, che mi ha salvato! Si ma quando avevo dodici anni, se ci fosse stato whatsapp... ho paura a pensarci.
Tutta sta tiritera per dirvi di stare attenti, ve lo dico da genitore, state sempre pronti a capire quando vostro figlio é giù, poi ditegli: "malassandé, pataca!", poi ascoltatelo col cuore e siate pronti a prendere il telefono per parlare con la scuola e gli altri genitori. Ma se si vanta di essere figo perché ha infamato Marchino perché non gioca bene a pallone o se deride su whatsapp la Manuela perché ha i bugni: NON GIUSTIFICATE, INTERVENITE SUBITO! Ascoltatelo, scavategli dentro e se necessario, dategli un fatto smanarverso che lo ribalta e strascinatelo SUBITO a scusarsi coi compagni. Ve lo chiede una vittima, non regaliamo il mondo ad una generazione di STRONZI.

Roberto Casadei

venerdì 11 dicembre 2015

Una storia di Natale – di Roberto Casadei



Spulciando tra i miei cassetti virtuali ho ritrovato questo delizioso racconto del mio amico Roberto Casadei che ebbi il piacere e l'onore di pubblicare sul blog nel 2010. Mi fa piacere ripubblicarlo e spero che faccia piacere a voi di rileggerlo o leggerlo per la prima volta.

Luca Craia

Inizio dicembre: Lucia era li sul trono della sua scarana da cassiera della libroteca Feltrinori & Mondanelli in centro, ci lavorava da tempi immemori, si narra addirittura che quando iniziò nelle librerie si vendevano solo libri e se alle libraie (più tardi declassate ad addette alla vendita nel settore media e comunicazione) chiedevi un consiglio ti guardavano attraverso gli occhi come farmaciste dell’anima e non si limitavano a mandarti negli scaffali delle megahit dove pontificavano Giornalecchini Butterati, Radiofilosofi Ruffiani, Mocciosi Diabetofacenti e Maghetti Occhialusfigati.
All’inizio la rivendita di sogni di carta era molto diversa: un dedalo diviso in tre stanze odoroso di quel petroleoso afrore che hanno le copertine appena stampate, gremito all’inverosimile in ogni anfratto di volumi, i libri non erano suddivisi in categorie.Toccava che prendevi sta scaletta rachitica e traballevole in legno con i bulloni slenti che facevan Crikognako e ti arrampicavi in cima agli scaffali sfidando la sorte e la gravità: quando arrivato in cima sentivi un rumore sinistro al piolo e la scala cominciava a svirgoleggiare ti aggrappavi al primo volume che capitava per controbilanciare lo sbangilamento, riottenuto un qual’equilibrio estraevi il volume che ti aveva salvato da morte certa e per riconoscenza lo acquistavi; non eri tu a scegliere i libri, eran loro a scegliere te: si narra di seriosi laurendi brufolosi entrati per comprare “la critica della ragion pura” ed usciti entusiasti ed affamabondi con “la scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”; altre volte svampite squinziette senza sugo alcuno, entravano per comprare “I love shopping” e se ne uscivano piangenti e inaspettatamente felici, folgorate da una copia della “lettera sulla felicità”.
Insomma la Lucia, che era passata dai banchi del classico a quell’antro grondante acari e conoscenza, quando la vecchia proprietaria cedette alla multinazionale della sapienza in scatola, ci rimase un bel po male…
I nuovi proprietari imposero un nuovo look ai locali e la quantità di libri fu decimata, da implacabili censori, per far posto a ciddì, giochi per Steyplescion e bilini in plastica vari. Furono assunte nuove commesse, bellegnocche con l’occhialino intellettualfacente con l’unico difetto (notato da pochi, sia mai…) di incristarsi sui congiuntivi e lasciare a spasso predicati e complementi.
Lucia non voleva mettersi la divisa d’ordinanza, perchè il pantalone era a vita sottoterra e lei stranamente si vergognava a mettere in bellavista il cudirozzo (e allora teneva sotto sti collantoni, e quando si chinava per prendere l’ulltimo capolavoro di Falio Fabetti,si vedeva st’ammasso di Lycra e in sottofondo sta mutandazza candida non proprio gnoccatoria), inoltre la camisetta “doveva” essere tenuta coi bottoni sopra aperti, e per la Lucia era un bel problema: è una garadura cercare di spiegare la differenza tra Moccia e Emily Bronte a giovinastri persi con lo sguardo in quell’abbondame quintico anteriore sballonzevole, così ottenne in via straordinaria e per evitare problemi di ordine pubblico di tener serrata la camicia; inoltre sta camisa sotto era stretta e la Lucia si vergognava alquanto delle pieghe barocche che prendevan le sue cicce…
Spiegata così può sembrare che Lucia sia una burdigotta senza speranza; ma sta squinzietta guarnita ha il suo perchè: saran sti riccioloni truciolosi che le incorniciano il facciotto candidoso; saran sti occhioni zurrissimi grandi da mucca che non san dire bugie; sarà sto sorriso che riesce a sovrastare ogni grigiume: insomma, il suo bel arsenale ce l’ha tutto.

“Non trovo Preghiera per un’amico di Irving, sai dirmi se ne avete una copia?” dissero un paio di maschiali occhi neri che la stavano guardando diritta nell’anima e non nell’airbagame anteriore.”
Aspetta, ci guardo, penso proprio che sia finito!” rispose la Lucia, incuriosita dal fatto che un ragazzolo sui trenta stesse chiedendo un libro (un Signor Libro tra l’altro…) invece dell’ultimo gioco per la Uì.
“SIA?????” pensò il Teodoro (il proprietario degli occhi neri in questione)” un CONGIUNTIVO? Pensavo fossero estinti dopo la depenalizzazione dell’indicativo…”