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lunedì 12 settembre 2016

Don Jacob lascia Montegranaro, ma è un arrivederci.



Una bella persona, è un’autentica fortuna, o benedizione, incontrarla. È il caso di don Jacob, giovane di origine indiana che è cresciuto come prete a Montegranaro dove ha risieduto per quattro anni durante il periodo del seminario e poi ha coadiuvato come viceparroco prima don Umberto e ora don Sandro. Una bella persona, dicevo, una di quelle con il sole dentro, col sorriso autentico in faccia, un sorriso contagioso, elargito con generosità. Lo abbiamo visto diventare parte della nostra comunità ed essere uno di noi pur restando un pastore, con l’entusiasmo della sua giovane età, una gran voglia di fare e di darsi, una bontà d’animo indubitabile.
Ieri don Jacob ha salutato Montegranaro. Se ne torna in India, dalla sua famiglia. Svolgerà la sua missione di sacerdote nella sua diocesi di origine e starà vicino ai suoi familiari che stanno attraversando un momento non facile, come dice lo stesso Jacob sulla pagina di Veregra Up nel suo saluto ai Montegranaresi (leggi). Ma ci rassicura: è sua intenzione tornare appena possibile, perché ama Montegranaro e sa che Montegranaro lo ricambia di cuore. È per questo che salutarlo è meno doloroso: è un arrivederci. E anche se passerà del tempo sappiamo che tornerà da noi, a regalarci il suo sorriso. Buon viaggio don Jacob, Dio ti benedica.

Luca Craia

venerdì 17 gennaio 2014

Cosa c’entra il Duce coi Marò?



Siamo alle solite. In Italia massacriamo tutto perché dobbiamo per forza marchiare politicamente qualsiasi cosa, sfasciandoli, ridicolizzandola, annichilendola. Prendiamo ad esempio la protesta dei cosiddetti Forconi: legittima, condivisibile in linea di principio, si è infranta contro gli scogli delle faziosità, con i soliti fascisti che si infiltrano dappertutto (a questo punto viene da chiedersi “mandati da chi?”) e la politicizzazione più bieca di un moto spontaneo che spontaneo non è più proprio per questo. Che dire del dissenso verso la Kyenge? Se non sei fascista non puoi dire che osteggi la politica del ministro perché verresti immediatamente etichettato.
Solo che, nel caso dei Marò, ci vanno di mezzo due vite umane. Vanno bene gli appelli, vanno bene le mobilitazioni, le proteste, le manifestazioni, ma come al solito ci sono i soliti fascisti che mettono il timbro e creano imbarazzo in chi fascista non è. La mobilitazione popolare per chiedere la liberazione dei marò non può essere etichettata come iniziativa di destra, men che mai come fascista. Eppure eccoli là, vuoi per pochezza intellettuale, vuoi per calcolo, stanno prendendo possesso anche di questa situazione e, sicuramente, ne sbricioleranno l’impatto marchiandola come fascista. E a pagarne le spese saranno i due militari italiani.

Luca Craia

martedì 14 gennaio 2014

I marò e gli Italiani sacrificabili per interessi economici.



La vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò italiani di cui tanto si parla ma i cui nomi nessuno sembra voler pronunciare quasi in un tentativo anticipato di rimozione dalla memoria di quello che è probabilmente l’episodio più vergognoso della storia d’Italia degli ultimi anni, costituisce la misura dell’imbarbarimento della nostra società e di quanto siano esauriti i valori che dovrebbero essere elemento fondante di un Popolo e di una Nazione.
Le rivelazioni dell’ex ministro Giulio Terzi circa l’importanza, nel determinare il pasticciaccio dei marò, di “fortissime pressioni di gruppi economici” non sono sorprendenti in sé in quanto già avevamo capito che i rapporti economici tra Italia e India erano l’elemento che preoccupava maggiormente i nostri governanti in tutta la questione. Però sentirselo dire ferisce chi ancora crede che la vita umana non abbia prezzo e che non ci sia accordo economico o rapporto commerciale che possa valere di più.
Eppure anche Terzi parla di queste “pressioni” solo ora, dopo che si registra un certo interessamento, non so quanto credibile, da parte dell’Europa. Ecco allora spiegato perché i tanti sforzi profusi dalla nostra diplomazia, almeno così ci hanno fatto credere, non hanno prodotto risultati apprezzabili: i tanti sforzi non sono andati nella direzione che più potrebbe far male all’India e, quindi, portarla a più miti consigli circa la sorte dei nostri connazionali. La direzione, ovviamente, è quella economica.
Ma, a quanto pare, non si possono intaccare i rapporti commerciali, da cui i due militari rischiano sul serio la pena di morte per non creare problemi all’import-export. Questo, oltre alla drammaticità del caso specifico, ci fa capire cosa conta in Italia e cosa no e, soprattutto, chi conta e chi no. Si ha il sospetto, a questo punto legittimo, che si potrebbero mandare al macello tutti gli Italiani soltanto per salvaguardare gli interessi di questi fantomatici “gruppi economici”.

Luca Craia