martedì 16 dicembre 2014
A ognuno il suo mestiere nel rispetto della legalità (e delle giuste finalità)
Nel volantino di Natale in Strada, il “Veregra Street
invernale” studiato e voluto dal direttore artistico nonché deus ex machina Giuseppe
Nuciari per sperimentare il già riuscitissimo evento estivo in climi non
proprio abituali, leggo una frase che mi auguravo di leggere da tempo: “menù
convenzionati con ristoranti”. Me lo auguravo perché ritengo che questa sia la
giusta via da seguire.
È logico che occasioni come
questa siano opportunità importanti per l’autofinanziamento del mondo
associativo e del volontariato al quale, fino ad oggi, è stata data pressoché carta
bianca in fatto di gastronomia nella festa, ma credo sia giusto fare alcune
considerazioni sganciandosi da qualsiasi pregiudiziale. È giusto che la mole
economica (che è notevole) mossa dal cibo non venga incamerata dagli operatori
professionisti del settore? Io credo di no e per due motivi.
Il primo motivo è morale ed
economica: ci sono operatori che svolgono un’attività imprenditoriale che va
rispettata. Costoro pagano affitti, investono sulle attrezzature, fanno ricerca
di materiali di qualità e, soprattutto, pagano le tasse. Credo che questo
impegno che gli imprenditori del settore profondono per tutto un anno non debba
subire sospensioni nei periodi in cui il paese festeggia subendo la concorrenza
di altri soggetti che non sono economici. Anzi, ne dovrebbero avere giovamento.
E qui arriviamo al secondo motivo.
Se vogliamo davvero ridare
vitalità e forza al centro della città, così come si dichiara da tutte le
parti, lo dobbiamo fare incentivando l’investimento. Mi pare contradditorio
che, in un momento in cui chi questo investimento lo ha fatto ha l’opportunità
di raccoglierne maggiormente i frutti grazie al flusso notevole di persone che
eventi come questo generano, debba subire la concorrenza di operatori che non
hanno investito, non creano economia e non pagano tasse che, di riflesso,
ricadono beneficamente sul territorio stesso.
Credo che sia giusto e opportuno,
anche politicamente parlando, che i ristoratori e gli operatori della
gastronomia in genere vengano tutelati, incentivati e portati a investire
maggiormente sfruttando proprio occasioni come questa. Le associazioni hanno
certamente un ritorno e questo ritorno altrettanto certamente è a beneficio del
paese ma ritengo sia estremamente più importante fare in modo che le attività
commerciali godano dell’economia derivante da queste iniziative. In sostanza le
associazioni siano libere di organizzare cene sociali e simili ma non si sostituiscano
in alcun modo agli operatori che legalmente si occupano dello stesso ramo perché,
altrimenti si creerebbe una concorrenza sleale e disincentivante che sarebbe
estremamente dannosa e andrebbe in direzione totalmente opposta a quella
dichiarata di rivitalizzare il centro.
Mi pare buona, quindi, l’intenzione
che leggo dal volantino di lasciare la ristorazione propriamente intesa ai
professionisti mentre le associazioni vadano ad occuparsi di promozione
enogastronomica, degustazioni e affini anche e soprattutto creando la giusta
sinergia con gli operatori stessi. In questo modo entrambi potranno avere un
ritorno economico da queste iniziative e si lavorerebbe insieme per favorire la
rinascita del centro.
Luca Craia
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lunedì 15 dicembre 2014
La coerenza di dire sempre quello che si pensa.
È cosa nota che io e Gastone
Gismondi, il nostro ex sindaco, siamo vecchi amici: ci conosciamo fin da
ragazzini e, pur non essendo mai stati “compagni di merende”, nel senso che
ognuno ha avuto la sua storia personale, ci siamo sempre rispettati. Questo
rispetto è rimasto anche nella fase in cui Gastone è stato Sindaco di
Montegranaro, un rispetto che non mi ha mai impedito di dire quello che pensavo
e di criticare il suo operato anche in maniera molto aspra. Chi frequenta il
blog in cui sto scrivendo sa cosa intendo, chi non lo frequenta può scorrere
all’indietro gli articoli per trovare i miei attacchi a volte anche feroci
verso l’amministrazione Gismondi. Le mie critiche, però, sono sempre andate in
direzione delle azioni e non delle persone: la persona per me merita sempre e
comunque rispetto finchè è onesta. Così i rapporti con l’amministrazione
Gismondi, con gli uomini che la componevano e con Gastone stesso sono stati
sempre cordiali e amichevoli nonostante io potessi essere considerato (ed ero
considerato) un oppositore.
Il mio comportamento non è mutato
con il cambio di amministrazione: sono un cittadino libero, non appartengo a
nessuno schieramento, non ho tessere di partito ed esprimo liberamente e con la
massima onestà intellettuale il mio pensiero. Per questo ora mi trovo a
criticare quella parte politica che cinque anni fa era all’opposizione e oggi è
al governo. Lo faccio con lo stesso spirito con cui criticavo allora Gismondi:
critico l’operato e non la persona alla quale riservo il dovuto rispetto. Non
sono, quindi, diventato improvvisamente amico di Gismondi: lo sono sempre
stato. E non sono affatto nemico della Mancini: sono solo un cittadino che osserva
e manifesta il suo pensiero senza pregiudizi. Chi dice e afferma il contrario o
non mi conosce e non mi segue o lo dice in malafede (o entrambe le cose
insieme).
L’Ape Ronza è un luogo dove
scrivo ciò che penso, da libero cittadino. Non è un giornale online, non è un
organo di informazione. È uno spazio personale. Il fatto che sia frequentato e
letto da qualche migliaio di persone non ne fa qualcosa di diverso. Né obbliga
me a scrivere e pubblicare qualcosa di diverso da quello che penso, in assoluta
libertà e onestà intellettuale. Così come chiunque possa essere infastidito da
quello che legge ha la massima libertà, mi pare evidente, di non leggerlo più.
Luca Craia
domenica 14 dicembre 2014
La maggioranza menzognera
Mi domando a cosa serva, al di là
delle opportunità politiche, degli appetiti da accontentare, dell’esigenza di
poltrone, dell’improcrastinabile necessità di ristabilire equilibri interni. Mi
domando perché si debba scendere alla menzogna, all’inventarsi le cose nel vero
senso della parola, sapendo che non è possibile non essere smentiti. Va bene il
delirio di onnipotenza che sembra affliggere gli amministratori ma era davvero
impensabile che Melchiorri non rispondesse alla grande fandonia fatta
pubblicare sul giornale da Sindaco e Vicesindaco. E la risposta non poteva che
essere una smentita. E allora perché ridursi a questo? Perché cadere così in
basso? Perché mentire alla cittadinanza?
La menzogna di un amministratore
pubblico è gravissima. Tradisce la fiducia del cittadino e dell’elettore. Intacca
l’integrità della figura di chi amministra che deve essere di specchiata
onestà. Mentire è tradire. Politici che mentono cadono ovunque. Clinton subì un
impeachment per aver mentito sul caso Lewinsky. La gente si dimette per aver
detto bugie ai cittadini. Da noi si fa con estrema tranquillità e si pubblicano
le menzogne sui giornali così, come nulla fosse.
Il caso della Casa di Riposo sta
scendendo davvero troppo in basso. Dopo l’evidente tentativo di lottizzazione
politica tipicamente da prima repubblica alla faccia del nuovo che avanza ora
arriviamo alla menzogna che è forse la cosa più grave che un politico possa
fare contro il proprio elettorato. Ora attendiamo le giustificazioni ma credo
ci sia poco da giustificare.
Luca Craia
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sabato 13 dicembre 2014
Casa di riposo: Antonelli precisa.
L’affermazione dell’exsindaco Gismondi “qualcuno ha pagato le bollette di casa sua con i soldi della casa di riposo” è grave quanto esclusiva, perché nessuno ha paventato tale ipotesi salvo lui. La sua violenta campagna sui media contro la mia persona a colpi di minacce ed intimidazioni certamente non mi permettono di svolgere la mia attività politica con serenità. Io ho solo segnalato il fatto che da consigliere comunale non ho avuto possibilità di accedere alla lista di attesa della casa di riposo in nome della reservatezza, considerando che nel mio lavoro la riservatezza è pane quotidiano. E’ certo che i lavori di ampliamento della struttura in presenza di un progetto con le relative risorse si sono protratti all’inverosimile, la causa di tali ritardi è dell’amministrazione Gismondi o del Cda? In presenza di voci e illazioni su di una fattura gas anomala e di mancati pagamenti di rette, che a norma di statuto della Fondazione, il Consiglio comunale sarebbe dovuto essere a conoscenza, attraverso la relazione annuale che il Cda avrebbe dovuto fare ma non ha fatto. Ciò avrebbe evitato strumentalizzazioni sulle vicende, facendo chiarezza nella trasparenza unico antidoto alla strumentalizzazione dei fatti. Tutta questa “chiassata” mediatica non ha apportato contributi alla verità, se non piccoli benefici , non sapevamo e non sappiamo a chi attribuire le responsabilità sui ritardi dei lavori, sappiamo che la fattura del gas è per un conguaglio ma non sappiamo di quale utenza, perché sicuramente vi è una utenza che veniva regolarmente pagata, ci sono delle rette non pagate ma non ne conosciamo l’importo. Non comprendo perché il Cda ha ritenuto di non mettere a conoscenza e concordare con il Consiglio comunale l'eventuali soluzioni, disattendendo palesemente lo statuto.
venerdì 12 dicembre 2014
Giustì, la bicicletta e la macchina - di Luca Craia
Giustiniano, per gli amici Giustì, era un
padre di famiglia di una famiglia numerosa. Non numerosissima per quegli anni –
nell’immediato dopoguerra avere cinque figli era la norma – ma comunque pochi
non erano e facevano un gran baccano. Oltretutto si viveva in poco più di tre
stanze di una vecchia casa e i ragazzi erano abituati a vivere, mangiare,
dormire ammucchiati di qua e di là. È facile immaginare quanto fosse frequente,
per non dire continuo, litigare, strattonarsi, spintonarsi, farsi ogni sorta di
dispetti tra cinque fratelli la cui età variava dagli otto ai quattordici anni.
Giustì andava a lavorare fuori paese. Ogni
mattina prendeva la sua vecchia bicicletta, che teneva meglio della moglie, e
pedalava per circa due chilometri prima di arrivare in fabbrica. C’era
abituato, ma d’estate era caldo pedalare e d’inverno, sotto la pioggia, tra la
neve, non era poi così piacevole. E gli anni cominciavano a sentirsi.
Guadagnava bene, Giustì, da operaio specializzato con un’esperienza che gli
veniva dal fatto di essersi messo a faticare in tenerissima età. Era tenuto in
grande considerazione dal padrone che gli riconosceva uno stipendio di tutto
rispetto. Così gli venne in mente un’idea e, senza dire nulla alla moglie, un
giorno arrivò a casa all’ora di pranzo, si sedette al suo posto in silenzio, e
ne informò la famiglia riunita intorno alla spianatura con la polenta fumante
sopra.
“Ce compremo la machina” disse senza
troppe sfumature mentre col cucchiaio raccoglieva un po’ di materiale giallo
fumante condito coi grasselli del maiale. La moglie sgranò gli occhi e le cadde
il cucchiaio. Ma non disse nulla. Il figlio più grande pensò di non aver capito
e domandò, facendosi portavoce dello stupore del resto della famiglia:
- che si ditto, babbo? (che hai detto,
batto?).
- So ditto che me vojo comprà la machina (
ho detto che mi voglio comprare la macchina).
- Allora so’ capito vè! (allora ho capito
bene) disse la moglie.
- Perché, non te sta vene? (Perché, non ti
sta bene?)
La moglie chinò la testa sulla polenta e
non parlò più.
Ma scoppiò il parapiglia tra i figli.
Carlo gridava “io me metto davanti!”, Maurizio replicava: “no! Davanti me ce
metto io che so’ più grosso!”. “Davanti ce se mette le signore” sentenziò
Mariarosa. Antonietta e Fabrizio, i più piccoli, cominciarono a disputarsi il
posto dietro l’autista sul divanetto posteriore. La mamma piangeva sulla
polenta. I due maschi più grandi cominciarono a spintonarsi, prima piano, poi
sempre più forte e, in un attimo si ritrovarono aggrovigliati sul pavimento di
mattoni tra insulti e parolacce. I due
più piccoli si presero per i capelli e cominciarono una gara a chi tirava di
più. Mariarosa, la figlia di mezzo, corse in braccio alla madre a piangere in
coro con lei.
Giustì finì la sua polenta con la sua
solita flemma, senza muovere un muscolo, senza alzare lo sguardo dalla
spianatura. Come se intorno a lui ci fosse la calma più serafica invece di una
rissa furibonda si versò un bicchiere di vino e se lo bevette con la lentezza
che meritava. Posò il bicchiere, prese il tovagliolo, si pulì bene la bocca, si
alzò e battè forte i pugli sul tavolo, tanto forte che pareva un botto di
capodanno. La rissa si bloccò, anzi, si congelò. I figli si voltarono verso il
padre, la moglie e la figlia piangenti alzarono gli occhi verso di lui. E
Giustì, con voce alta ma senza strillare, lo sguardo fermo, le mani incrociate
sul petto sentenziò la sua decisione finale: “calete jò tutti!” (scendete
tutti). Prese la sua bicicletta e tornò al lavoro.
giovedì 11 dicembre 2014
Epilogo tignoso per la questione Casa di Riposo. È davvero tutto qui?
Da quello che leggiamo sul Carlino di oggi si direbbe che l’annosa
e tristissima faccenda del rinnovo forzato del CDA della Casa di Riposo di
Montegranaro sia giunta ad un epilogo salomonico che pare accontentare tutte le
parti. Dico pare perché il giornale riporta solo le considerazioni dell’Amministrazione
Comunale per cui mi piacerebbe sentire anche la controparte prima di mettere la
parola fine. Prendendo però per buone le dichiarazioni di Sindaco e Vicesindaco
pare che l’accordo, raggiunto nel corso di un incontro tra Amministrazione e
Presidenza del Residence, definito “cordiale” dagli stessi (ci mancherebbe
altro, non mi risulta che Lucio Melchiorri abbia mai picchiato nessuno né mi
pare uomo incline a intemperanze verbali), preveda che il CDA vada a dimettersi
a marzo subito dopo l’approvazione del bilancio. Praticamente il Consiglio
uscente guadagna quattro mesi rispetto alla volontà del Comune ma ne perde una
dozzina almeno rispetto alla scadenza dallo stesso indicata. Se la soluzione
accontenta tutti, per quanto penalizzante per il CDA, va bene così.
Rimane il fatto che questa storia ha dimostrato che alcuni
detti definiti qualunquistici in realtà dicono il vero, in particolare quando
al bar diciamo “sono tutti uguali” stiamo asserendo un assioma politico
verificato. L’amministrazione Mancini in campagna elettorale ha ripetutamente
specificato la volontà di avvalersi di uomini scelti con criteri meritocratici
e non per calcoli politici. In questo caso è avvenuto il contrario, cioè il
calcolo è stato politico al 100% e, in base a questo calcolo, si sono buttati
nel cestino (per non dire di peggio) competenze, meriti, lavoro svolto,
progetti futuri e, soprattutto, il rispetto per gli uomini possessori di quanto
sopra. Il motivo, per quanto si voglia dire e dichiarare, è evidentissimamente
politico: puntellare la traballante stabilità di questa maggioranza dando ad ogni
parte la possibilità di inserire i propri uomini in un luogo che, volenti o
nolenti, a prescindere dall’esistenza di remunerazione, è luogo di potere. La
dimostrazione è il ricompattamento temporaneo e improvviso della stessa
maggioranza e il sopimento di tutti i mal di pancia registrati fino a ieri. Mal
di pancia che, probabilmente, riprenderanno a marzo. La decisione di
procrastinare di qualche mese la decisione, quindi, pare quanto meno opportuna
e fa respirare la maggioranza per qualche mese. Ma, signori miei, se non è
lottizzazione questa…
Interessante la chiusura dell’articolo del Carlino, dove
Sindaco e Vicesindaco (non sappiamo chi dei due perché sembrano parlare in
coro) affermano che la data di scadenza del mandato del CDA a marzo sarà stata
superata “ad abundantiam”. “Ma non ci interessa”, dicono le due più importanti
cariche cittadine. Sembra la vecchia storia popolare, che molti conosceranno,
della moglie “ciaccapedocchi” che voleva sempre avere l’ultima parola. La
sapete?
Luca Craia
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mercoledì 10 dicembre 2014
Domenica torna la bella musica per la Prioria
Si terrà domenica 14 dicembre,
alle ore 16.00 presso la bellissima chiesa di San Serafino il secondo concerto
voluto da Arkeo, intitolato “Hear my prayer, ascolta la mia preghiera o
Dio”. Questa volta l’organizzazione è in sinergia con l’Accademia
dei Dissennati, per valorizzare culturalmente il centro storico di
Montegranaro dandogli vita con iniziative culturali di alto livello. Dopo il
bellissimo “Per Corde e Voce”, nel
quale abbiamo potuto ascoltare musica antica rara e bella, ora è la volta di un
programma per voci, organo, viola e contrabbasso tutto incentrato sulla musica
sacra. Sarà proprio l’Accademia dei dissennati, questo gruppo vocale di giovani
talenti musicali, accompagnati da altrettanto valenti strumentisti, ad eseguire
pezzi di Purcell, Simpson e Stanley nella magica atmosfera della
nostra San Serafino.
Il concerto è dedicato agli ospiti del Residence per Anziani di
Montegranaro, la casa di riposo la cui struttura confina proprio con la
chiesa cappuccina teatro dell’evento. Inoltre sarà un’occasione per raccogliere
offerte finalizzate a finanziare gli ultimi restauri della Priorale dei SS.Filippo e Giacomo,
la magnifica chiesa barocca chiusa da anni i cui lavori di recupero e messa in
sicurezza stanno volgendo al termine ma che, per essere ultimati necessitano di
ulteriori fondi. Nella fattispecie Arkeo si propone di finanziare il restauro della
pala dell’altare maggiore, raffigurante
l’Immacolata Concezione. Il costo dell’intervento è cospicuo per cui servirà un grande impegno da parte di
tutti.
Sono invitati, quindi, tutti i
Montegranaresi ma non solo, perché la musica sarà bellissima e godibile e perché
Montegranaro si sta abituando ad accogliere numerosi ospiti provenienti da ogni
dove, come è stato la scorsa domenica per l’apertura mensile di Sant’Ugo. Per
cui rinnoviamo l’appuntamento a domenica 14 dicembre, ore 16.00, presso la
chiesa di San Serafino. L’ingresso,
naturalmente, è gratuito.
Luca Craia
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ss. filippo e giacomo
martedì 9 dicembre 2014
Vuoi andare a casa? Chiedilo per piacere.
Questa la voglio raccontare perché
è carina. Stamattina, giorno di mercato, passo in viale Gramsci e noto la
vettura della Polizia Municipale ferma di fianco alla rotonda in fondo al
viale, quella che regola il traffico in direzione “collina verde” e centro
storico. Il vigile impedisce in questo modo che le vetture possano fare la
rotatoria e, quindi, possano svoltare per la corsia opposta del viale o verso
il centro storico. Mi domando perché e, spinto da troppa curiosità, lo vado a
chiedere direttamente al vigile stesso. La risposta: ci sono posti liberi nel
parcheggio Zed mentre in viale Gramsci è tutto pieno. Le macchine, con questo
ingegnoso sistema, non possono più girare in tondo per viale Gramsci e sono
costrette ad andare a parcheggiare allo Zed. Faccio gentilmente notare che,
così facendo, però, si impedisce anche l’accesso al centro storico. Il vigile
mi rassicura: chi vuole andare a casa nel centro storico, chiedendo per favore
di passare, verrò fatto passare. Insomma, ci vuole educazione: se vuoi andare a
casa nel centro storico devi chiederlo per piacere.
Luca Craia
sabato 6 dicembre 2014
Veloci alla meta. A qualunque costo.
Mi ha fatto riflettere la domanda fattami da un giovane qualche tempo fa, di ritorno da una gita a Siena in corriera che abbiamo organizzato come Arkeo. Il ragazzo mi chiedeva come mai avessimo percorso solo strade interne per arrivare a Siena, perché non avessimo preso l’autostrada. Ho spiegatwo che non c’è alternativa, che non ci sono strade più veloci per andare a Siena.
E poi in corriera pensavo a Colfiorito e a tutti i paesini che ora si attraversano per andare dalle Marche all’Umbria. Ripensavo a quella strada percorsa spesso da solo, prima dell’alba, per andare in Toscana per lavoro, al ghiaccio d’inverno, alle stelle lucenti d’estate, al gusto della guida impegnativa, dell’uso intenso del cambio e del volante.
Mi sono anche ricordato di quella volta in cui, in pieno inverno e con un freddo feroce, andando ad Assisi con la famiglia, ci siamo fermati per pur caso in uno strano negozio di Colfiorito a cercare qualcosa da mangiare al volo. C’era una stufa a legna che mandava un tepore godurioso e un profumo di cose buone che stuzzicava appetiti non solo gastrici. Era un negozio senza bancone, con un cucinino sul retro dal quale uscì un ragazzo che prese le nostre ordinazioni e ci fece accomodare su delle panche coperte da cuscini intorno alla stufa accesa, in attesa che ci preparasse i nostri panini. C’era anche uno scaffale con dei libri. Attendendo si poteva leggere. Un’atmosfera strana, bella, d’altri tempi e di cose particolari, intime, legata a profumi e a immagini del passato, immagini inconsuete, senso di pace, idea di tempo immobile.
Quando verrà ultimata la superstrada Civitanova-Foligno non attraverseremo più Colfiorito per andare alla versante tirrenica. Ci sarà un nastro di asfalto dritto, gallerie, corsie di sorpasso. Si guadagnerà almeno mezz’ora per valicare. E dimenticheremo Colfiorito e gli altri paesini. Forse quello strano negozio con la stufa chiuderà perché non ci si fermerà più nessuno per caso. Bisognerà andarci apposta. Bisognerà uscire dalla superstrada per andare di proposito a sedersi davanti a quella stufa accesa.
Io non lo farò, lo so già. Mi farò sedurre dalla possibilità di metterci mezz’ora in meno per andare alla meta. E anche se l’idea di un panino col prosciutto, col pane fresco e il prosciutto affettato a coltello, mangiato in silenzio al caldo del fuoco di legna potrà in qualche modo tentarmi, sono certo che tirerò dritto, perché si va veloci, sempre.
La nostra civiltà va sempre più veloce, non concepisce di dover fare delle curve, delle salite e delle discese, per arrivare alla meta. Non concepisce di imbattersi per caso in qualcosa di bello. Le cose belle le conosciamo, scegliamo di andarci e ci andiamo velocemente, il più velocemente possibile. Siamo abituati a correre, a prendere sempre la strada più dritta e veloce. Arriveremo a Siena risparmiando mezz’ora di tempo. E del negozietto con la stufa rimarrà forse soltanto il vago ricordo di un tepore che appartiene alla fantasia.
Luca Craia
Attacco dei vandali alla Biblioteca Comunale. Perché?
Perché un ladro dovrebbe
commettere un’effrazione e un furto in biblioteca? Cosa pensa di rubare? Quali
preziosi oggetti, secondo la logica del ladro, sarebbero custoditi in
biblioteca? Libri? Uno che ruba non dovrebbe trovare preziose queste cose. E,
infatti, i libri non li ha toccati, il ladro (o i ladri) che, la scorsa notte,
sono entrati di nuovo nella Biblioteca Comunale. Forse perché non erano ladri.
Forse si è trattato, come dice un caro amico col quale, a volte, mi trovo a
concordare inaspettatamente, del “solito sgarro, di qualche figlio di buona
donna che in età infantile deve aver ricevuto pochi calci nel sedere, e che in età
adolescenziale gioca a fare il gangster. E che, puntualmente, rimarrà impunito…”.
Hanno
portato via un computer, sembra, e qualche spicciolo. Il computer è stato
trovato poco distante, rotto. Un atto vandalico più che un furto. Ma perché? Perché
contro la biblioteca? Perché rappresenta la cultura, l’unica cosa che ci può
salvare, che può salvare anche questi imbecilli?
Ancora
una volta dobbiamo testimoniare l’imbarbarimento della nostra società. Una
società in cui la violenza diventa sempre più tollerata e applicata, anche
nella quotidianità. Dove la gente viene tranquillamente insultata sui social
network (io ne so qualcosa), dove un omicida riceve 300 “mi piace” su Facebook
per aver ucciso la moglie, dove non si ha più timore di nulla, rispetto di
nulla e nessuno. Dove viene rubata per ben tre volte la targhetta di Arkeo
sulla porta di Sant’Ugo (e a farlo non sono certo stati dei ragazzini), e
questo sembra una sciocchezza ma sciocchezza non è, piuttosto è un brutto
segnale. Dove si assalgono le scuole elementari, le scuole medie, la
biblioteca. Dove la gente non è più sicura, comincia ad avere paura, invoca
ordine. Ma l’ordine parte dalle nostre case e da cosa inculchiamo ai nostri
figli. Non c’è videosorveglianza che tenga per arginare la deriva sociale e
culturale che abbiamo preso. Servono interventi sull’educazione e sulla
repressione, serve attenzione, serve serietà ed esempio. Serve che il mondo
degli adulti faccia vedere come ci si comporta partendo dalle piccole cose,
come, ad esempio, parcheggiare rispettando gli altri, non urinare per strada,
non sporcare. Quando, invece, vediamo le regole più elementari calpestate
quotidianamente persino da chi è preposto a farle rispettare anche distruggere la Biblioteca Comunale
sembra lecito.
Luca Craia
Questa strana voglia di dittatura
È paradossale quanto stupido ma,
nel momento di massimo declino della nostra democrazia il popolo italiano senta
così forte la voglia di un governo forte, la nostalgia di momenti storici
vergognosi, la necessità di sovvertire definitivamente le regole democratiche
guadagnando un presunto ordine. C’è voglia di dittatura in Italia e non si
capisce perché. Forse, come dice qualcuno, il fascismo è nel dna dell’Italiano
che, incapace sostanzialmente di autogovernarsi, preferisce delegare ogni
funzione all’uomo forte, all’organizzazione politica unica che lo dispensi dal
decidere, dallo scegliere, dal pensare. Che questo vada a discapito della
propria libertà poco importa: ciò che conta è che vi sia finalmente ordine, tranquillità
e qualcosa che somigli al benessere.
Eppure già siamo in una
dittatura, seppur blanda, seppur non (troppo) violenta, seppur mascherata
piuttosto bene da democrazia. Non decidiamo più i nostri rappresentanti già da
un po’, le nostre decisioni, anche quelle prese con lo strumento principe della
democrazia che è referendum, vengono tranquillamente stracciate, c’è un partito
unico, anche se mascherato da tanti partiti e movimenti, che governa e che si
oppone. È la dittatura della classe dirigente che ha sfasciato l’Italia e l’ha
ridotta in questo stato. È la dittatura di quella classe dirigente che non ha
alcun interesse nel lasciar vivere il popolo italiano. È la dittatura dei
potenti, di quelli veri. E voi pensate che, andando verso un sistema di potere
forte conclamato quale possa essere un qualcosa che ricordi il fascismo questa
gente possa scomparire nel nulla? In Italia hanno sempre governato loro. Una
dittatura li agevolerebbe soltanto.
Vogliamo farci togliere quel poco
di libertà che abbiamo? Vogliamo farci togliere anche l’unico momento in cui
diventiamo davvero temibili, cioè quando votiamo? Difendiamo la nostra libertà.
Esigiamo maggiore democrazia, partecipazione maggiori diritti, maggiore
libertà. Facciamo con forza, partecipando, lottando, non rassegnandoci al
governo dei forti, dei potenti. Solo partecipando alla politica possiamo
salvaguardare la nostra libertà. Mussolini, per fortuna, è morto da tempo e non
resusciterà. I nuovi Mussolini sono molto peggiori di lui. Non sognate la
dittatura. Sognate la democrazia vera.
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