mercoledì 17 dicembre 2014

War is over? No, è solo un altro tipo di guerra.




Oggi, 16 dicembre 2014) sono 45 anni da quando John Lennon e Yoko Ono fecero uscire il singolo Happy Xmas (War is over), canzone che negli anni è stata inflazionata da pubblicità e cover inappropriate ma che, leggendo bene il testo, rimane uno degli inni alla vita e all’amore più potenti mai scritti da un uomo. Il testo è ancora, purtroppo attualissimo, perché la guerra non ha mai lasciato il pianeta e, come ben sappiamo, con la caduta della cortina di ferro e la fine della cosiddetta guerra fredda in realtà anziché assistere a un processo globale di pacificazione ci siamo trovati in un mondo sempre più belligerante, con conflitti disseminati in ogni angolo della terra.
C’è un nuovo modo di fare la guerra, oggi. È un modo che non sostituisce quello tradizionale condotto con bombardamenti e pallottole perché questo è necessario per mantenere in vita un’economia basata sulla proliferazione delle armi, economia che non ha mai cessato di prosperare. Questo nuovo modo non spara ma uccide ugualmente. Non sparge sangue e non abbatte case con le armi ma lo fa con la povertà indotta. Oggi la guerra si fa con l’economia.
La politica espansionistica degli Stati Uniti non ha mai smesso di cercare di conquistare nuove posizioni geopoliticamente strategiche. Solo che una volta la strategia prevedeva l’installazione di armamenti e il controllo politico dei governi. Oggi non basta più, oggi serve il possesso materiale dei Paesi. Per farlo l’unica strada è farli morire di povertà. È quello che sta accadendo in Grecia, è quello che sta accadendo nel sud del Mediterraneo, è quello che sta piano piano accadendo in Europa.
Non è, quindi, come si paventa da tempo, una sorta di complotto globale economico a portare a questa nuova impostazione del globo ma una strategia geopolitica di conquista condotta dagli USA e contrastata con armi impari dalla Russia. Tutto per fronteggiare lo strapotere orientale della Cina che già da anni sta conquistando parte del mondo con l’arma economica. L’unione dei Paese europei poteva essere lo strumento di difesa per questo attacco alla nostra libertà ma è miseramente fallito perché, evidentemente, si è riusciti a pilotare la stessa costituzione di un fronte unito dei Paese europei facendo naufragare miseramente il progetto di unione iniziale. Politici corrotti e incapaci hanno fatto il resto.
La guerra, quindi, anche per questo Natale non è affatto finita, anzi, forse è appena cominciata. Francamente non vedo grandi speranze di salvezza tranne la rassegnata speranza che tutto duri poco e che, una volta sacrificata la nostra libertà, si possa almeno tornare a condurre un’esistenza dignitosa se non per la mia generazione ma almeno per quella dei miei figli. Ciò non vuole comunque dire che io mi arrenda, tutt’altro.

Luca Craia

Irish

martedì 16 dicembre 2014

Un europeista che firma contro l’Euro



Ho firmato per il referendum proposto dal Movimento 5 Stelle per uscire dall’Euro pur essendo un convinto europeista. Non sto qui a disquisire dilungandomi su temi economici che, onestamente, non sono nemmeno in grado di trattare. Ho firmato perché non è questa l’Europa che vorrei, non è questa la moneta unica che vorrei. Ho firmato perché voglio dare un segnale. Ho firmato perché credo nell’Europa unita ma unita politicamente, forte, giusta, concorde e democratica. Non è questa l’Europa che abbiamo. Per questo ho firmato: perché si possa ripartire.

Luca Craia

Strani personaggi


A ognuno il suo mestiere nel rispetto della legalità (e delle giuste finalità)



Nel volantino di Natale in Strada, il “Veregra Street invernale” studiato e voluto dal direttore artistico nonché deus ex machina Giuseppe Nuciari per sperimentare il già riuscitissimo evento estivo in climi non proprio abituali, leggo una frase che mi auguravo di leggere da tempo: “menù convenzionati con ristoranti”. Me lo auguravo perché ritengo che questa sia la giusta via da seguire.
È logico che occasioni come questa siano opportunità importanti per l’autofinanziamento del mondo associativo e del volontariato al quale, fino ad oggi, è stata data pressoché carta bianca in fatto di gastronomia nella festa, ma credo sia giusto fare alcune considerazioni sganciandosi da qualsiasi pregiudiziale. È giusto che la mole economica (che è notevole) mossa dal cibo non venga incamerata dagli operatori professionisti del settore? Io credo di no e per due motivi.
Il primo motivo è morale ed economica: ci sono operatori che svolgono un’attività imprenditoriale che va rispettata. Costoro pagano affitti, investono sulle attrezzature, fanno ricerca di materiali di qualità e, soprattutto, pagano le tasse. Credo che questo impegno che gli imprenditori del settore profondono per tutto un anno non debba subire sospensioni nei periodi in cui il paese festeggia subendo la concorrenza di altri soggetti che non sono economici. Anzi, ne dovrebbero avere giovamento. E qui arriviamo al secondo motivo.
Se vogliamo davvero ridare vitalità e forza al centro della città, così come si dichiara da tutte le parti, lo dobbiamo fare incentivando l’investimento. Mi pare contradditorio che, in un momento in cui chi questo investimento lo ha fatto ha l’opportunità di raccoglierne maggiormente i frutti grazie al flusso notevole di persone che eventi come questo generano, debba subire la concorrenza di operatori che non hanno investito, non creano economia e non pagano tasse che, di riflesso, ricadono beneficamente sul territorio stesso.
Credo che sia giusto e opportuno, anche politicamente parlando, che i ristoratori e gli operatori della gastronomia in genere vengano tutelati, incentivati e portati a investire maggiormente sfruttando proprio occasioni come questa. Le associazioni hanno certamente un ritorno e questo ritorno altrettanto certamente è a beneficio del paese ma ritengo sia estremamente più importante fare in modo che le attività commerciali godano dell’economia derivante da queste iniziative. In sostanza le associazioni siano libere di organizzare cene sociali e simili ma non si sostituiscano in alcun modo agli operatori che legalmente si occupano dello stesso ramo perché, altrimenti si creerebbe una concorrenza sleale e disincentivante che sarebbe estremamente dannosa e andrebbe in direzione totalmente opposta a quella dichiarata di rivitalizzare il centro.
Mi pare buona, quindi, l’intenzione che leggo dal volantino di lasciare la ristorazione propriamente intesa ai professionisti mentre le associazioni vadano ad occuparsi di promozione enogastronomica, degustazioni e affini anche e soprattutto creando la giusta sinergia con gli operatori stessi. In questo modo entrambi potranno avere un ritorno economico da queste iniziative e si lavorerebbe insieme per favorire la rinascita del centro.

Luca Craia

lunedì 15 dicembre 2014

La coerenza di dire sempre quello che si pensa.



È cosa nota che io e Gastone Gismondi, il nostro ex sindaco, siamo vecchi amici: ci conosciamo fin da ragazzini e, pur non essendo mai stati “compagni di merende”, nel senso che ognuno ha avuto la sua storia personale, ci siamo sempre rispettati. Questo rispetto è rimasto anche nella fase in cui Gastone è stato Sindaco di Montegranaro, un rispetto che non mi ha mai impedito di dire quello che pensavo e di criticare il suo operato anche in maniera molto aspra. Chi frequenta il blog in cui sto scrivendo sa cosa intendo, chi non lo frequenta può scorrere all’indietro gli articoli per trovare i miei attacchi a volte anche feroci verso l’amministrazione Gismondi. Le mie critiche, però, sono sempre andate in direzione delle azioni e non delle persone: la persona per me merita sempre e comunque rispetto finchè è onesta. Così i rapporti con l’amministrazione Gismondi, con gli uomini che la componevano e con Gastone stesso sono stati sempre cordiali e amichevoli nonostante io potessi essere considerato (ed ero considerato) un oppositore.
Il mio comportamento non è mutato con il cambio di amministrazione: sono un cittadino libero, non appartengo a nessuno schieramento, non ho tessere di partito ed esprimo liberamente e con la massima onestà intellettuale il mio pensiero. Per questo ora mi trovo a criticare quella parte politica che cinque anni fa era all’opposizione e oggi è al governo. Lo faccio con lo stesso spirito con cui criticavo allora Gismondi: critico l’operato e non la persona alla quale riservo il dovuto rispetto. Non sono, quindi, diventato improvvisamente amico di Gismondi: lo sono sempre stato. E non sono affatto nemico della Mancini: sono solo un cittadino che osserva e manifesta il suo pensiero senza pregiudizi. Chi dice e afferma il contrario o non mi conosce e non mi segue o lo dice in malafede (o entrambe le cose insieme).
L’Ape Ronza è un luogo dove scrivo ciò che penso, da libero cittadino. Non è un giornale online, non è un organo di informazione. È uno spazio personale. Il fatto che sia frequentato e letto da qualche migliaio di persone non ne fa qualcosa di diverso. Né obbliga me a scrivere e pubblicare qualcosa di diverso da quello che penso, in assoluta libertà e onestà intellettuale. Così come chiunque possa essere infastidito da quello che legge ha la massima libertà, mi pare evidente, di non leggerlo più.

Luca Craia

domenica 14 dicembre 2014

La maggioranza menzognera



Mi domando a cosa serva, al di là delle opportunità politiche, degli appetiti da accontentare, dell’esigenza di poltrone, dell’improcrastinabile necessità di ristabilire equilibri interni. Mi domando perché si debba scendere alla menzogna, all’inventarsi le cose nel vero senso della parola, sapendo che non è possibile non essere smentiti. Va bene il delirio di onnipotenza che sembra affliggere gli amministratori ma era davvero impensabile che Melchiorri non rispondesse alla grande fandonia fatta pubblicare sul giornale da Sindaco e Vicesindaco. E la risposta non poteva che essere una smentita. E allora perché ridursi a questo? Perché cadere così in basso? Perché mentire alla cittadinanza?
La menzogna di un amministratore pubblico è gravissima. Tradisce la fiducia del cittadino e dell’elettore. Intacca l’integrità della figura di chi amministra che deve essere di specchiata onestà. Mentire è tradire. Politici che mentono cadono ovunque. Clinton subì un impeachment per aver mentito sul caso Lewinsky. La gente si dimette per aver detto bugie ai cittadini. Da noi si fa con estrema tranquillità e si pubblicano le menzogne sui giornali così, come nulla fosse.
Il caso della Casa di Riposo sta scendendo davvero troppo in basso. Dopo l’evidente tentativo di lottizzazione politica tipicamente da prima repubblica alla faccia del nuovo che avanza ora arriviamo alla menzogna che è forse la cosa più grave che un politico possa fare contro il proprio elettorato. Ora attendiamo le giustificazioni ma credo ci sia poco da giustificare.

Luca Craia

sabato 13 dicembre 2014

Casa di riposo: Antonelli precisa.

L’affermazione dell’exsindaco Gismondi “qualcuno ha pagato le bollette di casa sua con i soldi della casa di riposo” è grave quanto esclusiva, perché nessuno ha paventato tale ipotesi salvo lui. La sua violenta campagna sui media contro la mia persona a colpi di minacce ed intimidazioni certamente non mi permettono di svolgere la mia attività politica con serenità. Io ho solo segnalato il fatto che da consigliere comunale non ho avuto possibilità di accedere alla lista di attesa della casa di riposo in nome della reservatezza, considerando che nel mio lavoro la riservatezza è pane quotidiano. E’ certo che i lavori di ampliamento della struttura in presenza di un progetto con le relative risorse si sono protratti all’inverosimile, la causa di tali ritardi è dell’amministrazione Gismondi o del Cda?  In presenza di voci e illazioni su di una fattura gas anomala e di mancati pagamenti di rette, che a norma di statuto della Fondazione, il Consiglio comunale sarebbe dovuto essere a conoscenza, attraverso la relazione annuale che il Cda avrebbe dovuto fare ma non ha fatto. Ciò avrebbe evitato strumentalizzazioni sulle vicende, facendo chiarezza nella trasparenza unico antidoto alla strumentalizzazione dei fatti.  Tutta questa “chiassata” mediatica non ha apportato contributi alla verità, se non piccoli benefici , non sapevamo e non sappiamo a chi attribuire le responsabilità sui ritardi dei lavori, sappiamo che la fattura del gas è per un conguaglio ma non sappiamo di quale utenza, perché sicuramente vi è una utenza che veniva regolarmente pagata, ci sono delle rette non pagate ma non ne conosciamo l’importo. Non comprendo perché il Cda ha ritenuto di non mettere a conoscenza e concordare con il Consiglio comunale l'eventuali soluzioni, disattendendo palesemente lo statuto.

venerdì 12 dicembre 2014

Giustì, la bicicletta e la macchina - di Luca Craia




Giustiniano, per gli amici Giustì, era un padre di famiglia di una famiglia numerosa. Non numerosissima per quegli anni – nell’immediato dopoguerra avere cinque figli era la norma – ma comunque pochi non erano e facevano un gran baccano. Oltretutto si viveva in poco più di tre stanze di una vecchia casa e i ragazzi erano abituati a vivere, mangiare, dormire ammucchiati di qua e di là. È facile immaginare quanto fosse frequente, per non dire continuo, litigare, strattonarsi, spintonarsi, farsi ogni sorta di dispetti tra cinque fratelli la cui età variava dagli otto ai quattordici anni.
Giustì andava a lavorare fuori paese. Ogni mattina prendeva la sua vecchia bicicletta, che teneva meglio della moglie, e pedalava per circa due chilometri prima di arrivare in fabbrica. C’era abituato, ma d’estate era caldo pedalare e d’inverno, sotto la pioggia, tra la neve, non era poi così piacevole. E gli anni cominciavano a sentirsi. Guadagnava bene, Giustì, da operaio specializzato con un’esperienza che gli veniva dal fatto di essersi messo a faticare in tenerissima età. Era tenuto in grande considerazione dal padrone che gli riconosceva uno stipendio di tutto rispetto. Così gli venne in mente un’idea e, senza dire nulla alla moglie, un giorno arrivò a casa all’ora di pranzo, si sedette al suo posto in silenzio, e ne informò la famiglia riunita intorno alla spianatura con la polenta fumante sopra.
“Ce compremo la machina” disse senza troppe sfumature mentre col cucchiaio raccoglieva un po’ di materiale giallo fumante condito coi grasselli del maiale. La moglie sgranò gli occhi e le cadde il cucchiaio. Ma non disse nulla. Il figlio più grande pensò di non aver capito e domandò, facendosi portavoce dello stupore del resto della famiglia:
- che si ditto, babbo? (che hai detto, batto?).
- So ditto che me vojo comprà la machina ( ho detto che mi voglio comprare la macchina).
- Allora so’ capito vè! (allora ho capito bene) disse la moglie.
- Perché, non te sta vene? (Perché, non ti sta bene?)
La moglie chinò la testa sulla polenta e non parlò più.
Ma scoppiò il parapiglia tra i figli. Carlo gridava “io me metto davanti!”, Maurizio replicava: “no! Davanti me ce metto io che so’ più grosso!”. “Davanti ce se mette le signore” sentenziò Mariarosa. Antonietta e Fabrizio, i più piccoli, cominciarono a disputarsi il posto dietro l’autista sul divanetto posteriore. La mamma piangeva sulla polenta. I due maschi più grandi cominciarono a spintonarsi, prima piano, poi sempre più forte e, in un attimo si ritrovarono aggrovigliati sul pavimento di mattoni tra insulti  e parolacce. I due più piccoli si presero per i capelli e cominciarono una gara a chi tirava di più. Mariarosa, la figlia di mezzo, corse in braccio alla madre a piangere in coro con lei.
Giustì finì la sua polenta con la sua solita flemma, senza muovere un muscolo, senza alzare lo sguardo dalla spianatura. Come se intorno a lui ci fosse la calma più serafica invece di una rissa furibonda si versò un bicchiere di vino e se lo bevette con la lentezza che meritava. Posò il bicchiere, prese il tovagliolo, si pulì bene la bocca, si alzò e battè forte i pugli sul tavolo, tanto forte che pareva un botto di capodanno. La rissa si bloccò, anzi, si congelò. I figli si voltarono verso il padre, la moglie e la figlia piangenti alzarono gli occhi verso di lui. E Giustì, con voce alta ma senza strillare, lo sguardo fermo, le mani incrociate sul petto sentenziò la sua decisione finale: “calete jò tutti!” (scendete tutti). Prese la sua bicicletta e tornò al lavoro.

giovedì 11 dicembre 2014

Epilogo tignoso per la questione Casa di Riposo. È davvero tutto qui?



Da quello che leggiamo sul Carlino di oggi si direbbe che l’annosa e tristissima faccenda del rinnovo forzato del CDA della Casa di Riposo di Montegranaro sia giunta ad un epilogo salomonico che pare accontentare tutte le parti. Dico pare perché il giornale riporta solo le considerazioni dell’Amministrazione Comunale per cui mi piacerebbe sentire anche la controparte prima di mettere la parola fine. Prendendo però per buone le dichiarazioni di Sindaco e Vicesindaco pare che l’accordo, raggiunto nel corso di un incontro tra Amministrazione e Presidenza del Residence, definito “cordiale” dagli stessi (ci mancherebbe altro, non mi risulta che Lucio Melchiorri abbia mai picchiato nessuno né mi pare uomo incline a intemperanze verbali), preveda che il CDA vada a dimettersi a marzo subito dopo l’approvazione del bilancio. Praticamente il Consiglio uscente guadagna quattro mesi rispetto alla volontà del Comune ma ne perde una dozzina almeno rispetto alla scadenza dallo stesso indicata. Se la soluzione accontenta tutti, per quanto penalizzante per il CDA, va bene così.
Rimane il fatto che questa storia ha dimostrato che alcuni detti definiti qualunquistici in realtà dicono il vero, in particolare quando al bar diciamo “sono tutti uguali” stiamo asserendo un assioma politico verificato. L’amministrazione Mancini in campagna elettorale ha ripetutamente specificato la volontà di avvalersi di uomini scelti con criteri meritocratici e non per calcoli politici. In questo caso è avvenuto il contrario, cioè il calcolo è stato politico al 100% e, in base a questo calcolo, si sono buttati nel cestino (per non dire di peggio) competenze, meriti, lavoro svolto, progetti futuri e, soprattutto, il rispetto per gli uomini possessori di quanto sopra. Il motivo, per quanto si voglia dire e dichiarare, è evidentissimamente politico: puntellare la traballante stabilità di questa maggioranza dando ad ogni parte la possibilità di inserire i propri uomini in un luogo che, volenti o nolenti, a prescindere dall’esistenza di remunerazione, è luogo di potere. La dimostrazione è il ricompattamento temporaneo e improvviso della stessa maggioranza e il sopimento di tutti i mal di pancia registrati fino a ieri. Mal di pancia che, probabilmente, riprenderanno a marzo. La decisione di procrastinare di qualche mese la decisione, quindi, pare quanto meno opportuna e fa respirare la maggioranza per qualche mese. Ma, signori miei, se non è lottizzazione questa…
Interessante la chiusura dell’articolo del Carlino, dove Sindaco e Vicesindaco (non sappiamo chi dei due perché sembrano parlare in coro) affermano che la data di scadenza del mandato del CDA a marzo sarà stata superata “ad abundantiam”. “Ma non ci interessa”, dicono le due più importanti cariche cittadine. Sembra la vecchia storia popolare, che molti conosceranno, della moglie “ciaccapedocchi” che voleva sempre avere l’ultima parola. La sapete?

Luca Craia

mercoledì 10 dicembre 2014

Le Vergare - aggiornamento al 10/12/2014








Domenica torna la bella musica per la Prioria



Si terrà domenica 14 dicembre, alle ore 16.00 presso la bellissima chiesa di San Serafino il secondo concerto voluto da Arkeo, intitolato “Hear my prayer, ascolta la mia preghiera o Dio”. Questa volta l’organizzazione è in sinergia con l’Accademia dei Dissennati, per valorizzare culturalmente il centro storico di Montegranaro dandogli vita con iniziative culturali di alto livello. Dopo il bellissimo “Per Corde e Voce”, nel quale abbiamo potuto ascoltare musica antica rara e bella, ora è la volta di un programma per voci, organo, viola e contrabbasso tutto incentrato sulla musica sacra. Sarà proprio l’Accademia dei dissennati, questo gruppo vocale di giovani talenti musicali, accompagnati da altrettanto valenti strumentisti, ad eseguire pezzi di Purcell, Simpson e Stanley nella magica atmosfera della nostra San Serafino.
Il concerto è dedicato agli ospiti del Residence per Anziani di Montegranaro, la casa di riposo la cui struttura confina proprio con la chiesa cappuccina teatro dell’evento. Inoltre sarà un’occasione per raccogliere offerte finalizzate a finanziare gli ultimi restauri della Priorale dei SS.Filippo e Giacomo, la magnifica chiesa barocca chiusa da anni i cui lavori di recupero e messa in sicurezza stanno volgendo al termine ma che, per essere ultimati necessitano di ulteriori fondi. Nella fattispecie Arkeo si propone di finanziare il restauro della pala dell’altare maggiore, raffigurante l’Immacolata Concezione. Il costo dell’intervento è cospicuo  per cui servirà un grande impegno da parte di tutti.
Sono invitati, quindi, tutti i Montegranaresi ma non solo, perché la musica sarà bellissima e godibile e perché Montegranaro si sta abituando ad accogliere numerosi ospiti provenienti da ogni dove, come è stato la scorsa domenica per l’apertura mensile di Sant’Ugo. Per cui rinnoviamo l’appuntamento a domenica 14 dicembre, ore 16.00, presso la chiesa di San Serafino. L’ingresso, naturalmente, è gratuito.

Luca Craia

martedì 9 dicembre 2014

Vuoi andare a casa? Chiedilo per piacere.



Questa la voglio raccontare perché è carina. Stamattina, giorno di mercato, passo in viale Gramsci e noto la vettura della Polizia Municipale ferma di fianco alla rotonda in fondo al viale, quella che regola il traffico in direzione “collina verde” e centro storico. Il vigile impedisce in questo modo che le vetture possano fare la rotatoria e, quindi, possano svoltare per la corsia opposta del viale o verso il centro storico. Mi domando perché e, spinto da troppa curiosità, lo vado a chiedere direttamente al vigile stesso. La risposta: ci sono posti liberi nel parcheggio Zed mentre in viale Gramsci è tutto pieno. Le macchine, con questo ingegnoso sistema, non possono più girare in tondo per viale Gramsci e sono costrette ad andare a parcheggiare allo Zed. Faccio gentilmente notare che, così facendo, però, si impedisce anche l’accesso al centro storico. Il vigile mi rassicura: chi vuole andare a casa nel centro storico, chiedendo per favore di passare, verrò fatto passare. Insomma, ci vuole educazione: se vuoi andare a casa nel centro storico devi chiederlo per piacere.

Luca Craia