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mercoledì 25 gennaio 2017

A Montegranaro non passa il delinquente. Bravi i Montegranaresi.



La storia della Panda rubata che ha tenuto testa alle discussioni di ieri, oltre al fatto di cronaca, se vogliamo, singolare, ci propone una riflessione secondo me importante: Montegranaro, questo paese che preoccupa per il suo manifesto torpore e per questa incapacità latente di creare – o di ricreare – comunità, questa volta ha dimostrato coesione e unità muovendosi all’unisono contro qualcosa che ammala la società, che rende il paese insicuro, che mina il nostro modo di vivere. Grazie alle nuove tecnologie, in particolar modo a Facebook che, questa volta, è stato utilizzato come strumento positivo, si è riusciti a ottenere due risultati importanti: il ritrovamento della macchina rubata e la dimostrazione che i Montegranaresi non accettano il crimine come normalità.
I fatti li sapete: la macchina del Consigliere Comunale Anna Lina Zincarini è stata rubata davanti alla sua attività commerciale, con estrema facilità perché Anna Lina, da Montegranarese verace, ancora ha fiducia nel prossimo e lascia le chiavi a bordo. Prontamente gli amici prima, e molti altri subito dopo, hanno diffuso, su Facebook e altri mezzi di comunicazione web, l’appello a prestare attenzione, a cercare la macchina, a non accettare questo fatto come irrisolvibile. La mattina dopo uno di noi, un abitante del centro storico, una persona di Montegranaro al 100% nel sangue e nell’anima, Tullio Di Chiara, ha visto la macchina e ha avvisato Anna Lina. Allertati immediatamente anche i Carabinieri ci si è resi conto che, sul posto, c’era una delle telecamere di videosorveglianza del Comune e si è andati a visionare le immagini che hanno mostrato il volto del ladro: una donna magrebina che, una volta utilizzata l’auto per farci chissà cosa, l’ha tranquillamente parcheggiata sotto casa.
Per tutta la giornata l’appello per ritrovare la macchina ha girato all’impazzata su Facebook e in giro per Montegranaro c’era una grande attenzione, una specie di gara a chi notasse la vettura in giro. E qui Montegranaro ha mostrato una grande forza, una grande coesione che prevarica la rilevanza del gesto criminale in sé. Un gesto criminale che ha fatto male alla vittima ma che, se analizzato, vede un’ingenuità disarmante da parte dell’autore, un modus operandi strano e difficile da spiegare. Ma i Montegranaresi sono stati grandi.
Il ruolo della telecamera è stato importante per individuare l’autore del gesto, ma diamo a Cesare quel che è di Cesare ed evitiamo il solito giochetto (già in atto) di prendersi meriti non propri: il merito è di Montegranaro, nella fattispecie dell’amico Tullio che per primo ha notato la macchina ma anche di tutti coloro, e sono tanti, che hanno fatto girare l’appello su Facebook. La telecamera è servita solo a smascherare questo “pericolosissimo criminale” che parcheggia la macchina rubata sotto casa. Comunque, nessuna polemica: voglio solo rimarcare come Montegranaro, quando vuole, sa ritrovarsi unita nonostante tutto.
Prendiamo spunto da questa storia e continuiamo così. C’è ancora una speranza per tenere vita questa comunità, insistiamo, lavoriamoci, riprendiamoci il nostro paese. Abbiamo dimostrato che non vogliamo che ci venga tolta la nostra tranquillità, il nostro modo di vivere, la nostra libertà di lasciare le chiavi sul cruscotto senza che qualcuno ci rubi la macchina. Continuiamo così, facciamo in modo che sia chiari il messaggio: a Montegranaro non si passa.
                                      
Luca Craia

mercoledì 17 dicembre 2014

War is over? No, è solo un altro tipo di guerra.




Oggi, 16 dicembre 2014) sono 45 anni da quando John Lennon e Yoko Ono fecero uscire il singolo Happy Xmas (War is over), canzone che negli anni è stata inflazionata da pubblicità e cover inappropriate ma che, leggendo bene il testo, rimane uno degli inni alla vita e all’amore più potenti mai scritti da un uomo. Il testo è ancora, purtroppo attualissimo, perché la guerra non ha mai lasciato il pianeta e, come ben sappiamo, con la caduta della cortina di ferro e la fine della cosiddetta guerra fredda in realtà anziché assistere a un processo globale di pacificazione ci siamo trovati in un mondo sempre più belligerante, con conflitti disseminati in ogni angolo della terra.
C’è un nuovo modo di fare la guerra, oggi. È un modo che non sostituisce quello tradizionale condotto con bombardamenti e pallottole perché questo è necessario per mantenere in vita un’economia basata sulla proliferazione delle armi, economia che non ha mai cessato di prosperare. Questo nuovo modo non spara ma uccide ugualmente. Non sparge sangue e non abbatte case con le armi ma lo fa con la povertà indotta. Oggi la guerra si fa con l’economia.
La politica espansionistica degli Stati Uniti non ha mai smesso di cercare di conquistare nuove posizioni geopoliticamente strategiche. Solo che una volta la strategia prevedeva l’installazione di armamenti e il controllo politico dei governi. Oggi non basta più, oggi serve il possesso materiale dei Paesi. Per farlo l’unica strada è farli morire di povertà. È quello che sta accadendo in Grecia, è quello che sta accadendo nel sud del Mediterraneo, è quello che sta piano piano accadendo in Europa.
Non è, quindi, come si paventa da tempo, una sorta di complotto globale economico a portare a questa nuova impostazione del globo ma una strategia geopolitica di conquista condotta dagli USA e contrastata con armi impari dalla Russia. Tutto per fronteggiare lo strapotere orientale della Cina che già da anni sta conquistando parte del mondo con l’arma economica. L’unione dei Paese europei poteva essere lo strumento di difesa per questo attacco alla nostra libertà ma è miseramente fallito perché, evidentemente, si è riusciti a pilotare la stessa costituzione di un fronte unito dei Paese europei facendo naufragare miseramente il progetto di unione iniziale. Politici corrotti e incapaci hanno fatto il resto.
La guerra, quindi, anche per questo Natale non è affatto finita, anzi, forse è appena cominciata. Francamente non vedo grandi speranze di salvezza tranne la rassegnata speranza che tutto duri poco e che, una volta sacrificata la nostra libertà, si possa almeno tornare a condurre un’esistenza dignitosa se non per la mia generazione ma almeno per quella dei miei figli. Ciò non vuole comunque dire che io mi arrenda, tutt’altro.

Luca Craia