Mi ha fatto riflettere la domanda fattami da un giovane qualche tempo fa, di ritorno da una gita a Siena in corriera che abbiamo organizzato come Arkeo. Il ragazzo mi chiedeva come mai avessimo percorso solo strade interne per arrivare a Siena, perché non avessimo preso l’autostrada. Ho spiegatwo che non c’è alternativa, che non ci sono strade più veloci per andare a Siena.
E poi in corriera pensavo a Colfiorito e a tutti i paesini che ora si attraversano per andare dalle Marche all’Umbria. Ripensavo a quella strada percorsa spesso da solo, prima dell’alba, per andare in Toscana per lavoro, al ghiaccio d’inverno, alle stelle lucenti d’estate, al gusto della guida impegnativa, dell’uso intenso del cambio e del volante.
Mi sono anche ricordato di quella volta in cui, in pieno inverno e con un freddo feroce, andando ad Assisi con la famiglia, ci siamo fermati per pur caso in uno strano negozio di Colfiorito a cercare qualcosa da mangiare al volo. C’era una stufa a legna che mandava un tepore godurioso e un profumo di cose buone che stuzzicava appetiti non solo gastrici. Era un negozio senza bancone, con un cucinino sul retro dal quale uscì un ragazzo che prese le nostre ordinazioni e ci fece accomodare su delle panche coperte da cuscini intorno alla stufa accesa, in attesa che ci preparasse i nostri panini. C’era anche uno scaffale con dei libri. Attendendo si poteva leggere. Un’atmosfera strana, bella, d’altri tempi e di cose particolari, intime, legata a profumi e a immagini del passato, immagini inconsuete, senso di pace, idea di tempo immobile.
Quando verrà ultimata la superstrada Civitanova-Foligno non attraverseremo più Colfiorito per andare alla versante tirrenica. Ci sarà un nastro di asfalto dritto, gallerie, corsie di sorpasso. Si guadagnerà almeno mezz’ora per valicare. E dimenticheremo Colfiorito e gli altri paesini. Forse quello strano negozio con la stufa chiuderà perché non ci si fermerà più nessuno per caso. Bisognerà andarci apposta. Bisognerà uscire dalla superstrada per andare di proposito a sedersi davanti a quella stufa accesa.
Io non lo farò, lo so già. Mi farò sedurre dalla possibilità di metterci mezz’ora in meno per andare alla meta. E anche se l’idea di un panino col prosciutto, col pane fresco e il prosciutto affettato a coltello, mangiato in silenzio al caldo del fuoco di legna potrà in qualche modo tentarmi, sono certo che tirerò dritto, perché si va veloci, sempre.
La nostra civiltà va sempre più veloce, non concepisce di dover fare delle curve, delle salite e delle discese, per arrivare alla meta. Non concepisce di imbattersi per caso in qualcosa di bello. Le cose belle le conosciamo, scegliamo di andarci e ci andiamo velocemente, il più velocemente possibile. Siamo abituati a correre, a prendere sempre la strada più dritta e veloce. Arriveremo a Siena risparmiando mezz’ora di tempo. E del negozietto con la stufa rimarrà forse soltanto il vago ricordo di un tepore che appartiene alla fantasia.
Perché un ladro dovrebbe
commettere un’effrazione e un furto in biblioteca? Cosa pensa di rubare? Quali
preziosi oggetti, secondo la logica del ladro, sarebbero custoditi in
biblioteca? Libri? Uno che ruba non dovrebbe trovare preziose queste cose. E,
infatti, i libri non li ha toccati, il ladro (o i ladri) che, la scorsa notte,
sono entrati di nuovo nella Biblioteca Comunale. Forse perché non erano ladri.
Forse si è trattato, come dice un caro amico col quale, a volte, mi trovo a
concordare inaspettatamente, del “solito sgarro, di qualche figlio di buona
donna che in età infantile deve aver ricevuto pochi calci nel sedere, e che in età
adolescenziale gioca a fare il gangster. E che, puntualmente, rimarrà impunito…”.
Hanno
portato via un computer, sembra, e qualche spicciolo. Il computer è stato
trovato poco distante, rotto. Un atto vandalico più che un furto. Ma perché? Perché
contro la biblioteca? Perché rappresenta la cultura, l’unica cosa che ci può
salvare, che può salvare anche questi imbecilli?
Ancora
una volta dobbiamo testimoniare l’imbarbarimento della nostra società. Una
società in cui la violenza diventa sempre più tollerata e applicata, anche
nella quotidianità. Dove la gente viene tranquillamente insultata sui social
network (io ne so qualcosa), dove un omicida riceve 300 “mi piace” su Facebook
per aver ucciso la moglie, dove non si ha più timore di nulla, rispetto di
nulla e nessuno. Dove viene rubata per ben tre volte la targhetta di Arkeo
sulla porta di Sant’Ugo (e a farlo non sono certo stati dei ragazzini), e
questo sembra una sciocchezza ma sciocchezza non è, piuttosto è un brutto
segnale. Dove si assalgono le scuole elementari, le scuole medie, la
biblioteca. Dove la gente non è più sicura, comincia ad avere paura, invoca
ordine. Ma l’ordine parte dalle nostre case e da cosa inculchiamo ai nostri
figli. Non c’è videosorveglianza che tenga per arginare la deriva sociale e
culturale che abbiamo preso. Servono interventi sull’educazione e sulla
repressione, serve attenzione, serve serietà ed esempio. Serve che il mondo
degli adulti faccia vedere come ci si comporta partendo dalle piccole cose,
come, ad esempio, parcheggiare rispettando gli altri, non urinare per strada,
non sporcare. Quando, invece, vediamo le regole più elementari calpestate
quotidianamente persino da chi è preposto a farle rispettare anche distruggere la Biblioteca Comunale
sembra lecito.
È paradossale quanto stupido ma,
nel momento di massimo declino della nostra democrazia il popolo italiano senta
così forte la voglia di un governo forte, la nostalgia di momenti storici
vergognosi, la necessità di sovvertire definitivamente le regole democratiche
guadagnando un presunto ordine. C’è voglia di dittatura in Italia e non si
capisce perché. Forse, come dice qualcuno, il fascismo è nel dna dell’Italiano
che, incapace sostanzialmente di autogovernarsi, preferisce delegare ogni
funzione all’uomo forte, all’organizzazione politica unica che lo dispensi dal
decidere, dallo scegliere, dal pensare. Che questo vada a discapito della
propria libertà poco importa: ciò che conta è che vi sia finalmente ordine, tranquillità
e qualcosa che somigli al benessere.
Eppure già siamo in una
dittatura, seppur blanda, seppur non (troppo) violenta, seppur mascherata
piuttosto bene da democrazia. Non decidiamo più i nostri rappresentanti già da
un po’, le nostre decisioni, anche quelle prese con lo strumento principe della
democrazia che è referendum, vengono tranquillamente stracciate, c’è un partito
unico, anche se mascherato da tanti partiti e movimenti, che governa e che si
oppone. È la dittatura della classe dirigente che ha sfasciato l’Italia e l’ha
ridotta in questo stato. È la dittatura di quella classe dirigente che non ha
alcun interesse nel lasciar vivere il popolo italiano. È la dittatura dei
potenti, di quelli veri. E voi pensate che, andando verso un sistema di potere
forte conclamato quale possa essere un qualcosa che ricordi il fascismo questa
gente possa scomparire nel nulla? In Italia hanno sempre governato loro. Una
dittatura li agevolerebbe soltanto.
Vogliamo farci togliere quel poco
di libertà che abbiamo? Vogliamo farci togliere anche l’unico momento in cui
diventiamo davvero temibili, cioè quando votiamo? Difendiamo la nostra libertà.
Esigiamo maggiore democrazia, partecipazione maggiori diritti, maggiore
libertà. Facciamo con forza, partecipando, lottando, non rassegnandoci al
governo dei forti, dei potenti. Solo partecipando alla politica possiamo
salvaguardare la nostra libertà. Mussolini, per fortuna, è morto da tempo e non
resusciterà. I nuovi Mussolini sono molto peggiori di lui. Non sognate la
dittatura. Sognate la democrazia vera.
Se volete proprio saperlo sono
emozionato. Entrare tra quelle mura finalmente aperte al pubblico è stato
qualcosa difficile da raccontare, che va provato. Santa Croce è bellissima,
meravigliosa, trasuda storia, sarebbe da passarci giorni per guardarsela
centimetro dopo centimetro. Ma intanto oggi l’abbiamo vista ed è fantastico.
Volevo ringraziare l’associazione Santa Croce per l’impegno profuso, la
sovrintendenza della regione Marche per il lavoro svolto e la proprietà per
aver finalmente concesso l’accesso al pubblico. Stasera Manfredo Longi e Marisa
Colibazzi erano commossi ed emozionati a ragione, questa apertura al pubblico è
il risultato di anni di lavoro e di sacrificio. Un ottimo risultato.
Ora c’è da fare in modo che Santa
Croce diventi quello che è giusto che sia: un volano per la cultura e l’economia
turistica del territorio. È indispensabile unire le forze per creare una rete
di beni culturali fruibili e un’offerta turistica di alto livello che faccia
diventare la zona del Chienti uno dei siti più importanti del mondo in termini
di romanico. Pensiamo ai tesori che abbiamo: Santa Maria a Piè di Chienti, San
Claudio,Rambona, Fiastra, la nostra
Sant’Ugo e ora, finalmente, Santa Croce. Possiamo offrire al turista un
pacchetto culturale unico al mondo. Lavoriamoci su.
Intanto un’errata corrige: Santa
Croce sarà aperta al pubblico ogni primo e secondo mercoledì del mese con
orario 14.30 – 17.00.
Mercoledì 3 dicembre sarà una
data storica, quella in cui una battaglia per la cultura e per il recupero di
uno dei beni più preziosi del nostro territorio vedrà una vittoria
fondamentale. Infatti, apre i cancelli, dopo anni di oblio e abbandono, la
magnifica Basilica Imperiale di Santa Croce al Chienti, bene di inestimabile
valore da troppo tempo sottratto alla fruizione del pubblico. La chiesa
romanica, dopo aver subito negli ultimi secoli ogni sorta di sfregio fino a
divenire un magazzino agricolo, era stata restaurata con fondi della Soprintendenza
ai Beni Culturali per poi rimanere chiusa al pubblico. Da lì è stata ingaggiata
una lunga e complessa battaglia per indurre il proprietario ad aprire i
cancelli rispettando le leggi e gli accordi, battaglia condotta con convinzione
dall’Associazione Santa Croce che oggi ha ben ragione di gioire.
Gioiscono ma moderatamente gli
amici dell’Associazione, perché, a quanto pare, l’apertura del sito non prevede
alcun tipo di servizio: non ci saranno visite guidate né accompagnatori. Sembra,
infatti, che si potrà ammirare lo splendore della basilica ma procurandosi le informazioni
con i propri mezzi. Il proprietario non ha consultato nessuno, men che meno
quelli dell’Associazione Santa Croce che, pure, avrebbero potuto garantire un
servizio di guida gratuito e di ottimo livello. Magari ci si arriverà col
tempo.
Intanto approfittiamo il 3
dicembre. L’apertura è prevista per le 15.30 e le porte resteranno aperte fino
alle 18,30. Così sarà per ogni terzo mercoledì del mese, giorno e orari non
proprio comodissimi ma, intanto, accontentiamoci in attesa e nella speranza che
si migliori.
L’ultima apertura mensile di Sant’Ugo
per il 2014 è prevista, come sempre, per la prima domenica del mese e, quindi,
per domenica 7 dicembre. La splendida chiesa romanica sarà visitabile a cura
dei volontari di Arkeo dalle ore 16.00 alle 19.30, con visite guidate gratuite.
È l’ultimo appuntamento con le aperture sistematiche ma stiamo già
organizzandoci per aprire le porte di questo gioiello anche durante le
festività natalizie.
La Chiesa di Sant’Ugo,
comunemente chiamata cripta, è l’edificio più antico di Montegranaro e la sua
datazione è incerta, ma possiamo collocarla a prima del nono secolo. Al suo
interno sono conservati affreschi di periodi differenti e di grande rilievo
storico e artistico. Il ciclo pittorico più antico è datato al 1299 ed è
estremamente interessante per le anticipazioni giottesche che vi si possono
leggere. Lo stesso edificio è molto particolare sia come struttura che come
pianta.
Attendiamo gli appassionati a
scoprirlo o riscoprirlo domenica prossima, ricordando che è sempre possibile
prenotare una visita personale e gratuita fuori dalle aperture canoniche
telefonando ad Arkeo al numero 342 532 4172.
Chi
è falso e ha una lingua velenosa, sia maledetto perché ha già rovinato molti
che andavan d'accordo.
Le chiacchiere hanno già sconvolto molte persone e le hanno costrette a
scappare da una nazione all'altra; e hanno perfino distrutto città potenti e
rovinato famiglie importanti.
Per
simili chiacchiere, certi mariti hanno scacciato donne di valore, rifiutando
loro quel che avevano meritato.
Chi
dà retta alle chiacchiere non avrà più pace nemmeno in casa sua.
Se
una frusta ti colpisce, ti lascia il segnosulla pelle,ma se ti colpisce la
lingua, ti spezza le ossa.
La
spada uccide tante persone, ma ne uccide più la lingua che la spada.
Fortunato
chi è al riparo dei suoi colpi e chi non ha provato il suo furore, chi non ha
dovuto portare il giogo della lingua e non è mai stato legato con le sue
catene.
Il
giogo della lingua cattiva è un giogo di ferro e le sue catene sono catene di
bronzo.
Meglio
la morte che ascoltare una lingua simile, perché la morte con cui ti colpisce è
terribile.
Ma
la lingua cattiva non ha presa sui credenti e la sua fiamma non riesce a
raggiungerli.
Invece
essa colpisce quelli che abbandonano il Signore.
In
loro la lingua brucia senza spegnersi mai:li assale come un leone e li sbrana come
una pantera.
Ecco:
tu circondi il tuo podere con una siepe, ma devi mettere porta e serratura
anchealla tua bocca.
Tu
metti al sicuro oro e argento, ma devi pensare a misurare anche le tue parole.
Stai
attento: la lingua non ti faccia scivolare, potresti cadere dove qualcuno è in
agguato e ti aspetta.
Comprendo la posizione del Presidente
del Consiglio Comunale di Montegranaro, Walter Antonelli. La comprendo ma non
la condivido. Certo, dal punto di vista di chi fa politica da anni e la fa
secondo i dettami di un modus operandi appartenente alla prima repubblica e
alle sue logiche il ragionamento di Antonelli non fa una piega. È vero quanto
egli afferma, ossia che tutte le amministrazioni che si sono succedute fino ad
oggi hanno cambiato i membri dei consigli di amministrazione degli enti
controllati dal Comune. Nulla di strano, quindi, secondo Antonelli, che anche l’amministrazione
Mancini lo faccia.
Per me invece è strano. Perché è
stata proprio Ediana Mancini ad affermare ripetutamente, in campagna elettorale
e dopo, che la sua amministrazione sarebbe stata diversa, che avrebbe rivoluzionato
il modo di gestire la cosa pubblica, che avrebbe utilizzato metodi trasparenti
e meritocratici. Ora io mi domando dove sia la meritocrazia nel voler
sostituire un CDA in carica, la cui scadenza, se non si vuole cavillare,
avverrà solo tra qualche mese. Mi domando quale sia la rivoluzione politica, il
nuovo modo di gestire la cosa pubblica. Non che questa amministrazione, in
questo modo, si dimostri peggio delle altre che l’hanno preceduta. Ma non è
nemmeno migliore come ci era stato promesso: è uguale.
Poi, se vogliamo dare retta alle illazioni,
alle chiacchierette che, sorprendentemente, Walter Antonelli cita come fonti e
alle quali sembra dar credito, il discorso cambia. La faccenda del contatore è
davvero brutta, specie se non suffragata da fatti concreti. Non mi piace questo
modo di fare politica che utilizza con estrema leggerezza il pettegolezzo, la
diceria, la chiacchiera da comare. Un utilizzo che spesso diventa diffamatorio
e che potrebbe e dovrebbe essere sanzionato. Ne uccide più la lingua che la spada (Siracide, 28:18). Chi usa
certi metodi lo sa bene.
Sono stati diffusi nei giorni
scorsi dal Comune di Montegranaro i dati raccolti dalla Polizia Municipale e
relativi alle contravvenzioni del Codice della Strada rilevate sul territorio
comunale nell’arco del 2014 (ovviamente escluso dicembre). I dati parlano del
numero delle multe elevate, degli articoli contravvenuti ma anche di età dei
multati, di fasce orarie e di zone maggiormente “indisciplinate”.
Intanto è interessante notare che
la stragrande maggioranza delle sanzioni riguarda la violazione di articoli
relativi a sosta e fermata. Tutti sappiamo come si parcheggi male,
irrispettosamente, incivilmente nel nostro paese e i dati confermano questa
convinzione. Del resto basta farsi un giro nelle ore di punta per rendersi
conto di quanta maleducazione esista nel parcheggio delle vetture.
Altro dato che conferma quanto si
sapeva è che la gran parte delle contravvenzioni sono cadute in viale Gramsci
dove, si sa, il parcheggiatore incivile da il meglio di sé.
Interessante anche vedere le
fasce orarie e l’età dei multati. Sono dati forse non così importanti ma che
indicano una realtà su cui ragionare. E quindi ragioniamo.
Intanto è curioso che le multe
per eccesso di velocità siano pochissime. Andiamo tutti piano (ma non mi pare)
oppure non vengono effettuati controlli in questo senso?
L’età dei maggiormente multati va
dai 30 ai 66 anni. I giovani sono così bravi o gli orari in cui questi si
scatenano non sono frequentati dai chi deve controllare?
Le zone in cui si concentrano le
multe sono centrali, in particolare in viale Gramsci. Ma tutti sappiamo che in
tutte, ma proprio tutte, le vie montegranaresi si parcheggia male. Forse è il
caso di controllare anche le strade secondarie.
Non si notano cifre rilevanti per
infrazioni che pure vengono notoriamente commesse. Ad esempio l’articolo 155
non figura tra le contravvenzioni eppure di rumori stradali, specie d’estate e
specie da giovani alla guida di ciclomotori ce ne sono eccome.
Insomma: bene la diffusione dei
dati, segno di trasparenza; molto bene che si stia finalmente intensificando il
controllo e la richiesta di disciplina. Ma bisognerebbe allargare l’intervento a tutto il codice della strada.
Che la maggioranza che governa
Montegranaro si regga in piedi su più di una stampella è chiaro come il sole;
come, del resto, era chiaro che avrebbe avuto un equilibrio instabile sin dalla
progettazione di una coalizione così eterogenea e composta dalle molteplici
facce della sedicente sinistra – che già da sole male si accordano – più una
componente di destra neanche poco estrema. Ma ci domandavamo cosa c’era dietro
all’ansia di nominare un nuovo CDA per la casa di riposo comunale. La risposta
comincia a venire fuori. Non che ce ne fosse bisogno: chi capisce un po’ di
politica sa come vanno certe cose.
Il fatto è che già circolano i
nomi dei papabili al posto dell’uscente forzato presidente della fondazione,
Lucio Melchiorri, che avrebbe sì, a norma di legge e di logica quasi un anno
ancora di carica ma che deve essere sacrificato in anticipo per saziare
appetiti e mantenere in piedi un governo che, altrimenti, si fracasserebbe sul
selciato di piazza Mazzini, salvo che Melchiorri, com’è auspicabile, faccia
valere le sue ragioni, se non altro, per una questione di principio.
I nomi che circolano non li
faremo ma già circolano, fidatevi. E sono nomi noti, tutti riconducibili a
parti, frazioni, frammenti di questo composito schieramento. Ogni nome
accontenterebbe una parte. C’è da vedere chi si accontenterà e chi no, cosa
avverrà a nomina avvenuta, chi sarà soddisfatto e chi non lo sarà. E c’è da
vedere chi non lo sarà cosa farà di conseguenza.
In effetti, i vari mal di pancia
che si erano palesati negli ultimi mesi si sono ultimamente placati non per il
miracoloso effetto di qualche farmaco antispastico ma proprio per l’attesa di
vedere chi poteva ottenere cosa. Tra un po’ i nodi verranno al pettine e
vedremo se ci sarà stata la capacità di accontentare tutti o no. Certo il PD è
contento: ha piazzato un vicepresidente in provincia coi voti del centro-destra
(grazie a questo bizzarro sistema che ha salvato le abrogate province) e questo
può essere appagante. Ma Sel ha le sue pretese, il centro del Presidente del
Consiglio anche, mentre il Vice Sindaco e il suo inesauribile appetito cerca di
piazzare altre pedine di peso. Qualcun altro sembra essere già stato fatto
contento con incarichi veniali ma di visibilità mediatica.
L’unico che non ha pretese, per
ora, è quello che fa da ruotino di scorta, che appoggia all’esterno, che ha
detto, fin dall’inizio di questa stramba avventura, “contate su di me, quel che
accada”. Non sembra che Basso cerchi nomine comunali: evidentemente punta ad
altro, magari a votazioni a venire nel 2015. E nel 2015 ce ne sono di
importanti. Ad’è un manicomio…
Mi sono occupata
di questa giovane penna un po’ di giorni fa,abbiamo parlato del suo libro
Angeli e Folli ma dietro a questo racconto basato sulla scrittura e sulla
realizzazione di questo suo secondo libro si nascondeva molto altro,ne avevo il
sentore ascoltando le sue parole che alternavano silenzi e rincorse del cuore
quando mi parlava della sua vita ed indubbiamente di accadimenti pressoché
particolari la vita di Dario ne è costellata ,meritevole di attenzione a mio
avviso ma quell’attenzione che deve andare oltre la semplice lettura,il
semplice commento, quell’attenzione che deve farci fermare a riflettere perché
a volte avere due minuti di riflessione e poi continuare a vivere imperterriti
non basta,serve altro qui :serve cuore ma serve anche azione e cerchiamo
insieme di capire perché.
Snocciola parole
Dario, parole che faccio fatica a fermare,parole che riempiono fogli alla
velocità della luce,parole che sto interiorizzando da giorni e che cerco di
fare mie per non diventare solo una osservatrice che passa,guarda e se ne
va,parole che a volte dure a volte disperate mi danno la netta dimensione di
quanto la vita possa assumere forme strane a volte. Dario è una persona come
tante altre ,incensurato fino al 2007 ,una vita tranquilla colorata di
passioni,di esperienze di voli ed amori. Cerca
di resistere agli urti della vita Dario,alle prove che la stessa gli impone di
superare per vivere, a volte con buoni risultati ,altre con momenti di
depressione e di scoraggiamento a causa di questi momenti decide di recarsi suo
malgrado in psichiatria poiché senza tetto prima dell'opg e di tutte le varie
vicende che si sono susseguite in attesa di poter sapere se avrebbe potuto
restare fuori in affidamento. Si
lotta nella vita,si alternano stati di felicità a disincanto,illusioni e sogni
spezzati e così anche Dario in un periodo di stress accumulato per tante
problematiche inizia a diventare “ribelle” ed a dimostrare questo suo disagio
,rompendo una porta,tentando di attirare in qualche modo l’attenzione su un suo
disagio ,subisce piccole condanne per questi reati fino a che un giorno si
trova a passare davanti ad un auto che ha i vetri rotti a causa della “visitina”che
qualcuno più disperato di lui gli aveva fatto pochi attimi prima.
Stava passando
da li Dario e stava osservando quanto accaduto fino a che una signora lo guarda
poiché si trovava a passare anch’essa nelle vicinanze di quell’auto , una di
quelle signore che se si fosse trattato di segnalare un’aggressione allo stesso
probabilmente si sarebbe ritirata in buon ordine ,invece questa signora lo
segnala per aver compiuto un furto che lui non ha compiuto e che non gli
appartiene. Le
tensioni aumentano nella vita di Dario l’unica cosa che al momento sembrerebbe
andare bene è l’amore ,si trasferisce a casa della sua compagna e nonostante i
domiciliari che sta scontando per via di questi tentati furti(a suo dichiarare
mai commessi) e per questo danneggiamento ad una porta la vita prosegue.
Una sera la sua
compagna rientra a casa dopo aver subito un’aggressione,lo stesso non si può
spostare da casa per denunciare l’accaduto e chiama i vigili urbani da qui
scaturisce una discussione accesa con uno di essi e la reazione del Villasanta
che lo colpisce con uno schiaffo . Questo
gesto fa scaturire tutta una serie di dinamiche particolari,Dario viene
ritenuto un soggetto socialmente pericoloso e gli viene inflitta una misura di
sicurezza e non una pena detentiva. Le
due cose differiscono fra loro perché la prima comporta lo sfociare in un
internamento OPG e può protrarsi all’infinito arricchendosi ed ampliandosi
sempre per via di dichiarazioni di assistenti sociali o per volere dei
giudici,mentre la pena detentiva può avvalersi dei benefici di legge e
consentire ad esempio vengono scalati dalla pena 45 giorni ogni tre mesi. Il
vigile si costituisce parte civile e Dario potrebbe risolvere la faccenda
invece lui si assume la responsabilità di quanto commesso ed è pronto a pagarne
le conseguenze che onestamente forse sono un pochino esagerate sebbene la
violenza non sia mai da accettare e nemmeno da condividere. A
Dario tocca la semi infermità mentale per via dello stress accumulato al
momento del fatto,il suo rapporto d’amore si conclude e la sua convivente
decide di troncare questa relazione non ospitandolo più presso di se a Dario
spetta un anno di OPG presso la struttura di Castiglione delle Stiviere (MN)
ove entra nel Maggio del 2009 e ne esce nel 2010 o meglio sarebbe dimissibile
nel Settembre del 2010 ma questo non può accadere per via del fatto che Dario
con la fine della convivenza ha perso il suo domicilio.
Manca in tutta
questa vicenda l’umanità,manca la presa in cura da parte dei servizi sociali
attivi sul territorio che per legge dovrebbero occuparsi di queste situazioni
prendendo almeno contatti con la psichiatra che lo ha in cura ,manca il
sostegno della comunità ,manca ciò che eravamo e non siamo forse più persone.
Nel 2011 Dario
passa dall’ 'opg alla cpf Gonzaga, altresì chiamata SLIEV, e distaccamento
dell'OPG. Non si vivono momenti facili all’interno di queste
strutture,circondati da persone che vivono delle realtà a livello di salute con
problematiche reali e concreti differenti da quelle di troppo stress accumulato
da Dario e della sua predisposizione all’essere un po’ depresso,se poi si mette
in conto che con l’avvento della crisi il personale specializzato che opera
presso queste strutture viene sostituito spesso dagli OSS che svolgono si un
buon lavoro ma mai paragonabile del tutto a quello di persone competenti e
magari attive nel settore già da molti anni forse si riesce a comprendere quali
e quanti momenti particolari si sia ritrovato a vivere Dario in una struttura
di questo tipo. Il
racconto di Dario ci porta fino al 2013 quando tramite i servizi territoriali
Dario giunge a Varazze presso la struttura Redalloggio dove Dario vive in una
stanza condivisa e dove gli ospiti si autogestiscono rispettando però le regole
del vivere in comunità che va dalla disponibilità nel fare la spesa e nel
tenere in ordine gli spazi ,così come pure gli orari di uscita vengono
concordate prima con il personale.
Nel 2013
comunque decade per mano delle commissione atta al riesame e per opera del
magistrato la condanna alla pericolosità sociale del Villasanta.
A questo punto
Dario potrebbe tranquillamente lasciare la struttura presso cui viene ospitato
ma a causa delle sue condizioni di salute che lo vedono portatore di patologie
importanti alla schiena tanto da fargli percepire dall’Agosto 2014 una pensione
di invalidità pari a Euro 289 mensili quindi all’impossibilità di riuscire a
trovare un’occupazione che gli garantisca una sopravvivenza degna ed alla
mancanza di un proprio domicilio condizione fondamentale per potersi riprendere
in mano le redini della propria vita ,lo stesso si ritrova a “vivere” in un
contesto che sebbene lo aiuti da una parte offrendogli in tetto e del cibo ,lo
impatta dall’altra poiché condividere i propri spazi con soggetti problematici
non è il massimo della vita.
Lo scrivere deve
avvenire in fasce orarie che non sono mai programmate e spesso interrotte dalle
lamentele degli altri ospiti per via dell’utilizzo della luce poiché magari le
altre persone vorrebbero riuscire a riposare tranquillamente e questo è solo
uno dei tanti aspetti che continuano a rendere la vita in questa condizione
alquanto discutibile.
Non spetta a noi
giudicare se le strutture che hanno ospitato Dario si avvalgono di personale
competente ,così come pure non spetta a noi giudicare se le stesse hanno un
accreditamento da parte della Regione per poter esercitare correttamente una
rieducazione ed una cura adeguata ai propri ospiti. Non
spetta a noi entrare in polemica con meccanismi ed ingranaggi burocratici più
grandi di noi e noi si sa infondo siamo poca cosa e di certo con poche parole
non potremmo far nascere nel cuore di chi non la possiede per svariati motivi
una sensibilità differente. Lo
scopo di questo racconto è solo quello di far emergere una condizione di
vita/non vita rovinata da reati che in confronto a ciò che sta accadendo a
questo paese martoriato dalle ingiustizie di ogni tipo a cui assistiamo
inorriditi fanno “quasi “sorridere.
Lo scopo di
questo racconto è quello di far comprendere che non si possono perpretare delle
ingiustizie di questo tipo a chi crede nella giustizia umana tanto dal farsi
carico del reato commesso senza accettare il proporsi del vigile a cui è stato
inflitto il danno come parte civile e “scamparsela”allegramente. Lo
scopo di queste parole che Dario ha condiviso in modo accorato con me è quello
di non voler passare per vittima ma di far notare che così come Dario si è
preso la responsabilità degli atti commessi nello stesso modo ognuno si
dovrebbe prendere le proprie responsabilità dal giudice,allo psichiatra,ai
servizi sociali,le dichiarazioni di individuo socialmente pericoloso si possono
fare anche in modo verbale senza tenere conto di quanto una trascuratezza di
questo tipo poi si ripercuota sulla vita dei diretti interessati .
Siamo alle battute
finali di questo racconto ed io personalmente mi sento come svuotata per
l’ennesima volta nel constatare ciò che temo accada e cioè dall’indifferenza
che circonda e alberga in tante anime che non pensano mai che ciò che accade
agli altri,per circostanze fortuite potrebbe accadere anche a noi.
La situazione
politico/sociale di questo paese non aiuta di certo e Dario ci sta provando in
tutti i modi a riscattarsi ma così ,da solo proprio non c’è la fa.
La legge impone
un’assunzione a tempo indeterminato per soggetti che hanno avuto i suoi
problemi,non tanto per le pene detentive scontate ma per la misura di sicurezza
adottata nel suo caso,con Gennaio dovrebbe cambiare la legge ma fino a che non
lo si vedrà con i propri occhi Dario si ritroverà a vivere in questo modo,senza
nessuna possibilità di riscatto e di reintegro sociale e questa cosa lo fa star
male poiché lui ha tutta la volontà di rimettersi in gioco e di credere nelle
sue potenzialità ma anche nella generosità e nella comprensione di chi lo ha letto
fino a qui. Resteranno
solo parole queste? Si potrà sperare che i servizi sociali (gli stessi che
asseriscono il disagio di Dario come persona) tornino o inizino a rioccuparsi
di lui e del suo male di vivere? E
noi? Cosa possiamo fare noi? Io non sono riuscita a far finta di nulla ,mi sono
occupata di lui poiché mi piace il suo modo di scrivere ,come lo fa e ciò che
dice potremmo sensibilizzarci ed acquistare il suo libro come dono di Natale
per qualche amico/a ad esempio,potremmo dare lui una mano a livello economico
con piccole donazioni a questo conto corrente •
Conto Corrente 100000015713 intestato a: Villasanta Dario Stefano IBAN:
IT65V0306949541100000015713 BIC: BCITITMM.
Gli abitanti della zona, i
passanti e chiunque dal basso abbia alzato lo sguardo verso il centro velato di
nebbia stamattina hanno avuto una piacevole sorpresa. Infatti ieri sera è stata
rimossa l’impalcatura che circondava la chiesa della Prioria dopo due anni dall’inizio
dei lavori di restauro. La rimozione era attesa da tempo perché i lavori sono
sostanzialmente terminati fatta eccezione per alcune piccole rifiniture ma il
ponteggio era ancora necessario per la sicurezza e per il trasporto del
materiale da via Sant’Ugo all’interno della chiesa.
Ora finalmente possiamo rivedere
SS.Filippo e Giacomo senza la cintura metallica che per due anni l’ha ricoperta
per metterla in sicurezza, scongiurare il concreto rischio di crollo che si era
manifestato recentemente e consentire di riportarla all’antico splendore e alla
disponibilità dei Montegranaresi. A questo punto attendiamo la riapertura.
Il restauro era partito due anni
fa per una decisione coraggiosa di don Umberto che si assunse, sostenuto dalla
Curia di Fermo, l’onere di un grosso finanziamento che andasse ad aggiungersi a
quello stanziato dalla CEI. Tutto ciò era indispensabile e improrogabile perché
il tetto del tempio, a causa di un precedente restauro mal progettato e mal
eseguito, rischiava di cadere e i segni dell’imminente pericolo erano ben
manifesti (crepe, cadute di materiale).
Oggi i lavori sono pressoché finiti
ma manca il restauro estetico della cinta bassa. Infatti si è provveduto a
risanare tutte le tempere della volta e gli stucchi alti. Mancano però le
tempere laterali, gli altari e, soprattutto, la magnifica pala dell’altare
maggiore. Per questo servono altri soldi e don Sandro sta studiando le modalità
tramite le quali reperirli. Speriamo che i Montegranaresi si dimostrino
sensibili e sostengano il recupero totale di questa che può essere considerata
la chiesa storicamente più importante del paese, dimora di Annibale Caro, luogo
frequentatissimo da sempre che ha visto battesimi, matrimoni e funerali di
miriadi di nostri concittadini.
Noi di Arkeo ci siamo già resi
disponibili, già col concerto di domenica scorsa tramite il quale abbiamo
raccolto delle offerte interamente destinate a questo scopo. Altre iniziative
sono in cantiere, come un concerto in teatro di un famoso gruppo di musica
pop-demenziale (non voglio anticipare altro), visite guidate studiate ad hoc e
molte altre idee in corso di progettazione. Sosteneteci.