domenica 6 luglio 2014

Antonelli scoperchia il pentolone. La questione è nelle deleghe.



Le premesse dell’attuale amministrazione comunale appena insediata (appena si fa per dire, è passato più di un mese e sarebbe legittimo aspettarsi qualche intervento) sono piuttosto fosche e non danno grandi speranze per il futuro. Come dice stamane il Presidente del Consiglio Comunale sul giornale, non si nota alcuna discontinuità con le amministrazioni del passato, recente e non. Ci si muove a tentoni, si improvvisa, manca un progetto, una visione di insieme, e si dimostra fin da subito che il programma elettorale tale era e rimarrà: una lista di buone intenzioni, la maggior parte delle quali consapevolmente irrealizzabili.
Parlo da uomo deluso, che aveva visto, anche se con uno scetticismo di fondo che, ahimè, per esperienza mi rimane ogni qualvolta devo fare un atto di fede, una qualche speranza per la mia città in questa nuova stramba coalizione. Una delusione che si è concretizzata, dopo varie avvisaglie, negli ultimi giorni in cui abbiamo visto muovere i primi passi al Sindaco e alla sua squadra. Passi incerti, traballanti, titubanti circa la direzione da prendere per non scontentare questo o quello, farsi amico quello o questo, mantenere unita una compagine che unita, evidentemente, non è mai stata se non dalla necessità di battere Gismondi, Basso e compagnia. Una volta fatto questo, come temevo, l’assenza di un progetto vero si evidenzia.
Il Sindaco ha tenuto per sé deleghe importanti, come la cultura e la santità. Non mi pare mancassero le competenze negli uomini a sua disposizione per poterle distribuire e farle lavorare al meglio. Ciononostante le deleghe non sono state assegnate. Questo è un segnale preciso, che attesta contemporaneamente la necessità che ha il Primo Cittadino di mantenere in sé il controllo della situazione avendo come alleati personaggi che tutto sanno fare meno che i comprimari se non i sottoposti, e l’esigenza di non scontentare nessuno. Il risultato è, da una prima analisi, sconfortante.
Cultura: si è detto che la delega non è stata assegnata per avere più collegialità nelle decisioni. Di fatto pare evidente che l’amministrazione comunale patisce, e non poco, le pressioni dei gruppi di potere identificabili nelle associazioni che più smuovono, a livello economico e non culturale, in città. Da ciò nasce un comportamento inspiegabile che va a incaricare realtà fondamentalmente incompetenti di compiti a loro alieni, solo allo scopo di soddisfarne le ambizioni. Anziché partire dall’esistente, come sarebbe logico e intelligente, rispettando le conoscenze, il lavoro svolto, i risultati ottenuti e sostenendo le azioni che finora hanno prodotto positivamente, si innescano processi autodistruttivi che servono solo a fare aumentare la forza politica di associazioni che si occupano d’altro mandandole a interferire senza alcuna logica con l’operato di altre che, invece, competentemente hanno portato avanti, negli anni e con sacrifici, un percorso fruttifero per la collettività. Si sta dimostrando incompetenza, pressapochismo, mancanza di autorevolezza e, soprattutto, che le parole spese in campagna elettorale tali erano: parole.
Sanità: parte da lontano il disastro della sanità nostrana e politici, imprenditori, varietà assortite di genti dedite alla vita pubblica per interessi lontani da quelli comuni si sono ingrassati su queste problematiche, creandosi carriere politiche, intrecciando rapporti, inventandosi associazioni unipersonali che ancora tengono in scacco chi amministra. Anni di politica inutile se non ai propri tornaconti hanno prodotto prima la chiusura dell’ospedale, poi la sottrazione di ogni servizio sanitario locale a favore di città che sono state in grado di proporre politici più accorti e lungimiranti dei nostri. Oggi che si verifica la possibilità di realizzare un polo sanitario nel nostro complesso ospedaliero ormai vuoto seppur ancora valido vediamo l’incapacità incipiente dell’attuale amministrazione di proporsi e portare avanti le istanze della nostra città, come è costretto a denunciare il Presidente del Consiglio Comunale che, pure, è parte della stessa maggioranza. Stiamo perdendo un altro treno.
Montegranaro, negli anni, ha visto sparire, per incapacità politiche, l’ospedale, il poliambulatorio, l’Inps, la Sutor, il teatro, la gente. Ora rischiamo di uccidere sul nascere il turismo e le nuove opportunità sanitarie. Cercate di rinsavire, per favore, o  andate ad occuparvi d’altro.

Luca Craia

La cultura non è priorità. Il centro storico neanche.



Cosa ci si poteva aspettare, d’altronde, da un’amministrazione in cui la delega per la cultura non viene assegnata ma rimane in mano al Sindaco per poi “spalmarla” tra i vari assessori in modo tale che la mano destra non sappia cosa fa la sinistra e nemmeno quella di mezzo? Nient’altro che questo: il teatro La Perla non è una priorità per il 2014, leggiamo oggi dal Corriere Adriatico, semmai ne parliamo nel 2015. Forse.
Già, ma si sta predisponendo una bella stagione estiva, creata sulle spalle delle associazioni, almeno di quelle che si presteranno a questo giochino. Non si spenderà un centesimo, o forse qualche decina di Euro, per queste iniziative, nelle quali saranno protagoniste le solite realtà che, comunque, ne approfitteranno per far cassa propria o per darsi un po’ di visibilità. Nel frattempo che si fa?
Si pulisce dal guano in Teatro Novelli, come dice sempre il solito Corriere Adriatico. Peccato che l’iniziativa non sia dell’attuale amministrazione ma dell’ormai lontano commissario Ianieri che accolse un appello di Arkeo che, in tutto questo gioco “culturale” non viene sistematicamente interpellato e di cui, ancora una volta, il giornale di cui sopra si dimentica. Il guano sì ma, se non ci sono i soldi nemmeno per aprire il La Perla, figuriamoci per il semidistrutto Novelli.
Però per il Palazzetto dello Sport storico i soldi si troveranno e anche in fretta. L’assessore allo sport sembra essere ben più pesante di quello alla cultura e del centro storico messi insieme, che sono il Sindaco stesso e quel Beverati che dovrebbe, insieme al recupero del vecchio castello, promuovere il turismo. Quindi sport 1 cultura 0.
Recuperare il centro storico senza un teatro è difficile. Promuovere il turismo senza un centro storico visitabile è quali impossibile, noi di Arkeo lo sappiamo bene, visto che siamo gli unici ad essercene occupati da anni tra la derisione di chi, oggi, si propone per rimpiazzarci.  Eppure in cinque anni abbiamo portato i visitatori organizzati annui da 0 a quasi 4000 unità, con dati in costante crescita. Nonostante ciò l’assessore competente non ci fila di striscio o quasi, preferendo accogliere le richieste dei soliti monopolisti o delle solite personalità altolocate.
Tutto questo tra il guano di piccione che, se viene tolto dal piano nobile del Comune, rimane permanente tra le vie del paese vecchio, visto che nessuno lo viene a togliere e visto che ancora non si ha la più pallida idea di cosa fare coi piccioni. Il buon giorno si vede dal mattino. Auguri Montegranaro.

Luca Craia

venerdì 4 luglio 2014

Di cosa è fatto il tetto del capannone comunale?



Mi sono affacciato alla mia finestra e mi sono chiesto: di cosa è fatto il tetto del capannone comunale di Santa Maria? Sarà mica eternit?

Luca Craia

Ripulito il teatro Novelli. Accolta l’istanza di Arkeo



Il fregio centrale - si notano i danni dell'acqua

È una buona notizia quella che apprendiamo dalla pagina Facebook dell’assessore Roberto Basso: è stato finalmente ripulito il primo piano del Palazzo Comunale, chiuso da anni per una ristrutturazione mai avvenuta e abbandonato al più totale degrado, con un tetto che fa acqua da tutte le parti e aperture che hanno permesso ai piccioni di darne un habitat ideale con conseguente ingente deposito di guano. Il primo piano del Municipio ospita, tra l’altro, quello che era il Teatro Novelli, un delizioso teatrino di fine ‘800 che fu distrutto quasi totalmente per dare spazio all’ufficio anagrafe e, su un soppalco, all’archivio comunale. Del vecchio teatro rimangono due palchetti, diversi fregi tra cui un bellissimo rosone a tempera al centro del soffitto.
La dottoressa Letizia Vallesi e l'ingegner Fabio Alessandrini durante l'ultimo sopralluogo
Già nel 2011 Arkeo si era occupata del teatro, proponendo all’allora Sindaco Gismondi un progetto di recupero dello stesso finanziato da sponsorizzazioni già reperite. Il progetto però fu inspiegabilmente rifiutato dall’amministrazione comunale. Lo scorso marzo facemmo istanza al Commissario Prefettizio Maurizio Ianieri di un atto di indirizzo che dava priorità assoluta al restauro del teatro. L’istanza fu recepita e fummo incaricati dal Commissario stesso di effettuare un sopralluogo insieme al responsabile dei Lavori Pubblici l’ingegner Alessandrini. Durante tale sopralluogo, avvenuto il 14 maggio 2014, si rilevò lo stato di degrado gravissimo dell’intero piano con particolare riferimento ai fregi del teatro e alla volta in camorcanna dello stesso che, interessati da importanti infiltrazioni d’acqua, rischiano il collasso. Si rilevò anche come fosse improcrastinabile un intervento di rimozione del guano di piccione e di chiusura dei pertugi tramite i quali i volatili potevano annidarsi nell’edificio.
Il guano di piccione e carcasse di animali morti. Tutto ciò oggi è stato finalmente rimosso.
Con la notizia di oggi data da Basso, che apprezzabilmente spiega che l’iniziativa parte dal commissario e non dall’attuale amministrazione, si è fatto un primo piccolo passo verso il recupero di questo bene culturale importantissimo per Montegranaro, fermo restando che l’intervento di ristrutturazione non è rinviabile e, come asserito in campagna elettorale dall’attuale maggioranza di governo, dovrà essere prioritario.

Luca Craia

giovedì 3 luglio 2014

Piccionman e il nuovo corso montegranarese



Gotham City, ore 00.15. Un telefono squilla.
-         Pronto, chi cxxxo ad’è a st’ora?
-         So zita Lisetta, Piccionman. Scusa, non me so ricordata che là ad'è notte!
-         Oh zi! Che è successo?
-         Un macello!!!
-         Oddio, chi è morto????
-         Nusciù, no no, non è morti nisciù. Ma ce stemo rempienne de merda de picciò natra orda.
-         Ma come? Non era jiti via tutti?
-         Sci, ma ad’è rvenuti natra orda….
-         Porca paletta… e vavè, mo’ c’aete l’assessore nòo nòo, ce penserà isso…
-         A me me pare che ecco, da quando quissi ha vinto l’eleziò, non s’è visto più un scupì manco a pagallo…
-         Ma come? Ci sta l’assessore apposta, c’ha da pensà solo a lo centro storico, e dopo un mese e passa ancora non ha fatto co’? Ma come saria?
-         O cocco, me sa che ad’è cambiate le facce ma la canzone ad’è sempre quella… qua se voli Cristo gna che te lo preghi.
-         Pozzi guastalli! So capito, me tocca a rvenì a Montegranà, mannaggia a la pupazza….

mercoledì 2 luglio 2014

Parte male l’organizzazione della cultura a Montegranaro



Ho assistito a molte riunioni di associazioni per poter mettere insieme un coordinamento delle stesse e dalla nuova amministrazione mi aspettavo di più, invece, al primo tentativo, ho assistito all’ennesima inutile riunione. Un incontro che non è servito a nulla se non a dimostrare una scarsissima conoscenza delle problematiche che riguardano il mondo associativo e un’altrettanto scarsa volontà di porvi rimedio. Non si è investita, ancora una volta, la Pro Loco di alcun ruolo istituzionale di coordinamento, anzi, si è parlato addirittura di ulteriori organismi di confronto svuotandola ulteriormente di significato. Non si sono comprese le dinamiche che muovono i rapporti tra le varie realtà associative preferendo accontentare questo o quell’amico (o farsi amico qualche nemico), senza tener conto delle specifiche competenze, del lavoro fin qui svolto, dei risultati. Non si è rispettata la peculiarità delle singole realtà preferendo mettere insieme tutti a fare tutto. Va anche considerato che, alla riunione in questione, mancavano numerosi sodalizi pure importanti. Insomma, nulla è cambiato, anzi, forse stiamo peggiorando. Si fa in tempo a correggere.

Luca Craia

I Palestinesi ora hanno torto marcio. Senza alibi.



Hanno avuto tutto il tempo, il modo, il sostegno politico internazionale per poter far valere le loro ragioni. Non lo hanno sfruttato preferendo la lotta armata, la violenza, la delinquenza allo stato puro alla politica, alla trattativa, alla ragionevolezza. Eppure il Popolo Palestinese aveva tutti i diritti di essere sostenuto, ascoltato, compreso, e la loro causa era una causa giusta, da condividere. Uso il passato, perché oggi non è più così. Dopo anni di attentati, di guerra civile, di bombe, morti, fiumi di sangue, oggi l’ultimo capitolo, il rapimento dei tre ragazzi israeliani, innocenti, civili, rapiti vigliaccamente e uccisi ancor più vigliaccamente, segna definitivamente la parola fine sulle ragioni dei Palestinesi e ne sancisce, da oggi in avanti, il torto, li porta sulla parte sbagliata della storia, annulla ogni residua ragione, distrugge ogni motivazione di solidarietà. Perché oggi i Palestinesi hanno deciso di non volere più avere ragione, ma di volere essere considerati terroristi, assassini, delinquenti della peggior specie. Con questo non sto condannando un popolo. Sto condannando i leader di un popolo e una cultura che ormai condivide questo modo di agire come se fosse un modo di fare politica. Essa è solo violenza, non più giustificabile, non più giustificata. Oggi i Palestinesi hanno perso il diritto a chiedere giustizia per la loro causa perché si sono dimostrati sanguinari, ottusi, criminali quanti chi era ed è il loro nemico. La causa palestinese è persa per tante ragioni. Ma è persa, oggi più che mai, per causa dei Palestinesi stessi.

Luca Craia

lunedì 30 giugno 2014

Amori impossibili. Dopo 39 anni Antonio cerca ancora la sua Isabel – di Anna Lisa Minutillo




Non sono una persona troppo melensa, chi mi conosce lo sa. Non amo le canzoni d’amore che divulgano melassa a profusione ma in alcuni casi ascolto e cerco di leggere fra le righe dei racconti e di ascoltare l’istinto che mi parla o resta silente a seconda di come e di cosa mi viene raccontato .

In questo caso mi sono fermata ad ascoltare, un po’ perché volevo dare un piccolo appiglio ad un uomo che sta investendo tempo e dedizione nella ricerca di una situazione che nonostante siano passati svariati anni è lì ferma immobile che lo guarda e che gli scava l’anima come solo i sentimenti silenti e reali i sanno fare, ed un po’ anche per dimostrare che gli uomini non sono proprio tutti uguali nonostante la cronaca di questi ultimi tempi di cui mi sono occupata solo pochi giorni fa.

Ma  procediamo con ordine: questo è il racconto di un amore nato 39 anni fa e mai dimenticato, questo è il racconto di una semplice persona, una persona come tante, questo è il racconto di un adolescente che ha questo tormento nel cuore e che vorrebbe pronunciare la frase “ti ho ritrovata” nella sua esistenza.

Antonio Cavarra abitava a Floridia (PA), nel 1975 era un adolescente di 16 anni che si affacciava alla vita e che come tutti gli adolescenti ed aveva un forte entusiasmo e una forte curiosità per le altre culture.

Un pomeriggio si trovava in piazza, nella piazza della sua Floridia insieme ad un amico, si parlava molto nei giorni precedenti di  alcune persone che sarebbero dovute arrivare e fare tappa nella loro terra, la Sicilia, per effettuare  un viaggio in bicicletta come si usa molto in Colombia, e lui ed il suo amico erano in piazza ad attendere l’arrivo del bus che li avrebbe condotti a Floridia.

Nel ’74 queste persone si erano recate in Spagna  e successivamente sarebbero arrivate li in Sicilia, quindi la loro cittadina si stava organizzando da un po’ di giorni per accoglierli, ne parlavano i quotidiani del luogo e l’entusiasmo era abbastanza alto, rappresentavano una bella novità.

Rivive questi attimi con una voce entusiasta Antonio Cavarra intanto che me ne parla ed ho la netta sensazione che il tempo per lui si sia fermato lì.

Questo viaggio vedeva come protagonisti un padre di nome Marcantonio Navas, un figlio di nome Jorghe Navas ed una ragazza ventenne all’epoca, di nome Isabel Navas.

Le famiglie di Floridia con grande senso di ospitalità si erano fatte carico di queste persone per assicurargli vitto ed alloggio ma anche per mostrargli la loro terra.

I cittadini erano informati di questa  maratona ciclistica e si sono organizzati per far sì che queste persone potessero essere accolte nelle loro abitazioni per rendere loro la permanenza meno onerosa.

La famiglia di Antonio Cavarra ospitò proprio Isabel Navas nella loro casa, cedendo la camera di Antonio a questa ragazza ventenne che, insieme a suo padre ed a suo fratello, stava effettuando questa maratona ciclistica in giro per il mondo.

Trascorrevano i giorni e furono compiute tappe che interessavano Palermo, Messina, oltre che Floridia stessa.

Tappe che vedevano protagonista suo fratello Jorghe e che consistevano nel girare in tondo sulle piazze dei vari luoghi nel minor tempo a disposizione, senza fermarsi e senza poter né bere e  nemmeno alimentarsi; Antonio lo aveva sempre accompagnato, incitato e sostenuto durante la loro permanenza.

Intanto qualcosa stava cambiando nello suo sguardo, perché sentiva battere il cuore forte ogni volta che incontrava quello di Isabel.

Erano due adolescenti ed ai richiami di queste capriole del cuore era anche difficile resistere così, giorno dopo giorno, conoscendosi e frequentandosi, videro nascere questa bella storia d’amore pulita ed innocente, così come le grandi storie d’amore devastanti ed intense che accadono a chi si affaccia a questo sentimento per la prima volta nella vita.

Il padre di Isabel snobbava un po’ la famiglia di Antonino nonostante questa gli desse accoglienza e sostegno senza pretendere in cambio nulla, ma i due ragazzi andavano avanti a far crescere ed alimentando questo amore adolescenziale così, senza porsi troppe domande e senza sapere dove e se li avrebbe condotti da qualche parte questa loro passione.

Si amarono in modo intenso Antonio ed Isabe,l superando le barriere di culture differenti, superando il fatto che il loro viaggio iniziato a Bogotà non era ancora giunto a compimento e sicuramente li avrebbe annientati a causa delle mille difficoltà che avrebbero dovuto superare, ma l’amore era più grande di loro e ci si erano tuffati senza tenere conto di nulla.

Antonio fa rivivere le loro passeggiate, i loro sogni, le loro ambizioni così semplicemente che mentre me ne parla lo vedo rincorrere questi momenti, sento anche l’amarezza a tratti della sua voce quando si incrina nel proseguimento del racconto.

Una mattina i Navas decisero di ripartire, il loro viaggio deve proseguire. Qui iniziano le dolenti note perché questo voleva sicuramente dire che i due avrebbero dovuto separarsi, e quando si vive qualcosa di unico e magico la separazione non può essere indolore a quell’età, e 39 anni fa, forse, dietro alla parola amore c’era davvero qualcosa di differente, di più profondo, qualcosa che avrebbe solcato l’anima e la continua a solcare nonostante gli anni trascorsi.

Ripartirono i Navas e risalirono lo stivale in direzione Toscana. Isabel continuava a chiamare Antonio al telefono quasi tutte le sere, per quattro mesi i loro contatti restarono stabili e la distanza continua a non rappresentare un ostacolo alla loro storia.

Antonio era un ragazzo di soli 16 anni però, con la scuola da frequentare, con una famiglia che provvedeva al suo mantenimento e che resasi conto che quella non è una storiella estiva ma che continua ad albergare nel cuore e nella testa del loro figlio, non riusciva a fare a meno del porre ostacolo al sentimento e cercare di riportare con i piedi per terra questo ragazzo sognatore.

Questo lavorio mentale iniziò ad insinuare dubbi nella mente del ragazzo, che proseguì gli studi e che subito dopo la scuola, trovò un lavoro anche per contribuire con la famiglia al suo mantenimento.

Una sera Isabel chiamè Antonio e lui senza  rifletterci molto, con l’impeto di un giovane ragazzo e dopo tutte le pressioni subite in famiglia, dice ad Isabel di voler sospendere quel rapporto con lei. Si interruppe così una storia d’amore che avrebbe voluto invece proseguire, senza una vera motivazione da parte sua, ma solo per non aver avuto la forza ed il coraggio di osare e di sfidare tempo e distanza.

La famiglia di Antonio Cavarra ha continuato a vivere in quella casa fino a 10 anni fa. Vi era ancora sua madre  ed è stata proprio la morte di quest’ultima l’occasione per recarsi nuovamente a Floridia.

Quella casa è tutt’ora abitata da una sorella, il numero di telefono non è mai stato sostituito e la mente di Antonio continua a porsi un mucchio di domande. Isabel potrebbe averlo cercato ancora ma potrebbe anche aver ricevuto della brutte risposte dalla sua famiglia e lei potrebbe essere stata vittima di silenzi che non hanno mai dato la possibilità ad Antonio di saperne nulla, ma soprattutto non hanno mai dato ad Antonio la possibilità di sapere se lei si fosse arresa oppure se abbia continuato a cercarlo esattamente così come da ben 39 anni sta facendo lui.

Mi sono fermata ad ascoltare perché ravvedo la costanza, l’impegno, la volontà di sapere e di chiedere scusa ad una donna che lui non ha avuto il coraggio di continuare ad amare, sì perché Antonio vorrebbe poter riuscire a dire solo questa parola: scusami per non essere riuscito a sfidare le avversità che al tempo vedevo come ostacoli insormontabili.

La vita di Antonio è proseguita certamente, ha abbandonato la Sicilia subito aver conseguito il diploma, è diventato un cittadino del mondo,si è spostato sempre ed ha viaggiato sempre forse anche per inseguire questo sogno di poter riabbracciare la persona che la sua vita l’ha segnata profondamente fino al punto di scegliere a distanza di tanti anni come tappa definitiva la Svizzera.

Ora Antonio vive lì e ci vive perché il sogno di Isabel era proprio questo: studiare medicina e trasferirsi a vivere in Svizzera. Lui è li dal 2007 e in qualche modo sta aspettando la possibilità di riscattarsi e di spiegare ad Isabel le ragioni per cui lui ha interrotto in modo brusco ed a telefono questa storia che lo vede ancora adolescente alla ricerca di un perdono meritato poiché vittima anche lui di imposizioni famigliari che all’epoca non era in grado di contrastare.

Antonio ha 55anni ora e Isabel 59, ma Isabel dov’è?

La sua ricerca prosegue da sempre ed in questo ultimo anno in modo più intenso, facendosi aiutare da radio libere, da qualcuno che ha la volontà di ascoltare questo racconto e farlo in qualche modo proprio regalandolo anche agli altri, sfruttando la piattaforma di fb, insomma in qualunque modo fosse possibile arrivare ad Isabel.

Antonio sa che questa persona potrebbe avere una vita sua, non vuole in alcun modo urtare la sua privacy vuole solo scusarsi per non aver saputo farsi valere come avrebbe dovuto.

Insiste su questo aspetto e quando io gli faccio notare, facendo un po’ l’avvocato del diavolo, che in lei potrebbe essere non restata nessuna traccia di questa relazione lui mi dice: «non importa, la sola cosa che a me interessa è scusarmi e farle sapere quanto ci ho tenuto e ci tengo realmente a lei al punto di aver fatto il suo sogno di vivere in Svizzera il mio e di averlo realizzato comunque per lei».

Non amo la melassa ma amo la coerenza, amo vedere che al mondo esistono ancora della persone che non si arrendono e non smettono di credere nei sogni,amo sapere che chiunque leggerà questa sua testimonianza ne resterà ammirato per la rettitudine con cui la vita trafficata di Antonio si è svolta, amo non dedicare tempo a personaggi noti ma a far diventare protagonisti tutti coloro che realmente arrivano al cuore e ne lasciano traccia proprio come ha fatto Isabel sul cuore di Antonio ha lasciato tracce indelebili che lo hanno reso così bello.

Le ricerche sulla famiglia Navas arrivano fino agli anni ’80, data in cui Marcantonio Navas a bordo di una moto ha attraversato Taiwan nel  1977, invece, dopo la Toscana in cui gli eventi delle maratone ciclistiche erano sponsorizzati dalla Latina Assicurazioni  i tre risultavano essere in Inghliterra da allora nessuna notizia.

Saranno molte le Isabel che si identificheranno in situazioni come questa, in un amore adolescenziale strappato dal cuore con forza,saranno molte le Isabel che non sapranno mai che a volte è la vita a decidere per te, saranno molte le Isabel che non sapranno mai quanto sono rimaste invece presenti nello scorrere della vita di chi le ha tanto amate e forse le ama silenziosamente ancora,ma  la Isabel giusta almeno SCUSAMI deve sentirselo dire e  se questo racconto potrà contribuire a questa cosa riempirà il cuore di tutte le altre Isabel che ancora continuano a credere nella magia dell’amore.

Lo dico ad Antonio alla fine del nostro dialogo: «Non posso prometterti nulla, sono poca cosa io ma se questo potesse aiutare qualcuno a riconoscersi o se chi per essa potesse contribuire a darti un po’ di serenità sarebbe bellissimo!»

 


domenica 29 giugno 2014

Chi ha pagato la porchetta?



Le elezioni sono ormai un ricordo lontano, così come lontano è il ricordo della campagna elettorale e dei tanti impegni, delle tante promesse, dei tanti “farò” pronunciati in quei mesi infuocati di lotta politica per conquistare il voto delle elezioni. Una campagna elettorale, quella montegranarese, in cui sono stati spesi tanti soldi, almeno da quello che si è visto, e dei quali, su queste pagine, chiedemmo conto. Credo, infatti, che sia un diritto e un dovere di ogni cittadino elettore sapere quanto costa una campagna elettorale e, soprattutto, chi la finanzia.
Fermo restando, infatti, che sia legittimo che ogni cittadino possa liberamente elargire denaro a questo o quel candidato sia perche vi si ripone fiducia sia perché si è convinte che, se eletto, tutelerà gli interessi propri o della propria categoria, ritengo che questo debba essere reso noto pubblicamente, in modo tale che l’elettore sappia chi ha finanziato il tal candidato e di chi questi farà gli interessi. Sarebbe opportuno che queste informazioni vengano date prima del voto ma, in mancanza di meglio, possiamo accontentarci anche di averle a posteriori.
Molti candidati, dietro gli interrogativi sollecitati dall’Ape, si impegnarono a fornire il dettaglio delle spese e delle entrate. Ad oggi, però, ancora nulla sappiamo su quanti soldi siano stati spesi per vele, feste, porchette e compagnia bella né, tantomeno, sappiamo da dove questi soldi siano arrivati. Auguriamoci di saperlo almeno prima delle prossime elezioni, in modo tale da potersi regolare di conseguenza. L’Ape continuerà a chiederne conto, su questo si può contare.

Luca Craia

Arkeo: bilancio più che attivo per Veregra Street.




Tiriamo le somme dell’impegno di Arkeo per Veregra Street del 2014, un bilancio molto positivo che ha visto premiato il lavoro dei volontari dell’associazione culturale che hanno cercato di inserire in un contesto particolare come quello del festival iniziative finalizzate alla promozione turistica e all’approfondimento della conoscenza della storia e dei beni culturali del nostro territorio.
L’apertura della Chiesa di Sant’Ugo per cinque giorni ha dato la possibilità a centinaia di persone di ammirare questa meraviglia montegranarese. Un grande e incessante flusso di visitatori ogni sera con un picco nella serata finale che ha visto la “cripta” affollata fino a tarda notte. Sono state raccolte anche offerte importanti che verranno, come sempre, reinvestite in opere di restauro già in programma.
Molto buona anche la risposta alla proposta di tour pomeridiani della città. Ne sono stati fatti due nei due sabati compresi nel festival. Entrambi hanno visto una buona partecipazione, con visitatori montegranaresi e non accompagnati, come sempre, con professionalità dalla nostra Sabina Salusti.
Ora l’impegno continua con la restituzione del Crocifisso di Sant’Ugo restaurato che verrà riportato nella “cripta” sabato 19 luglio con una cerimonia sia religiosa che civile.

Luca Craia

Veregra Street chiude col botto.



Possiamo archiviare, dopo l’ultima “notte bianca”, anche questa edizione del Veregra Street Festival, un’edizione partita un po’ lenta, dando l’impressione che la gente partecipasse, sì, ma con poco entusiasmo e con una vena malinconica. Un’edizione minacciata dalla pioggia, battuta dal vento, per poi riprendersi, prendere quota. Un’edizione che, comunque, ha chiuso col botto, con le ultime due serate che hanno registrato un pieno eccezionale, tanta gente, tanti spettacoli, un paese attivo e dinamico preso d’assalto da gente di ogni dove venuta per divertirsi e fare festa.
Veregra Street è certamente perfettibile, migliorabile, ci sono molti aspetti che fanno discutere, sui quali si può lavorare per perfezionare il festival che, comunque, rimane un qualcosa di cui Montegranaro può e deve andare fiero, un momento in cui la nostra cittadina diventa, almeno per una settimana, capitale del divertimento e della cultura. Bravo, ancora una volta, Giuseppe Nuciari, direttore e organizzatore ormai espertissimo e competente. Bravo soprattutto nello scegliersi una squadra che funziona, a cominciare da quel Francesco Marilungo senza il quale, credo, non si potrebbe organizzare una macchina come quella del Veregra Street.
Si può migliorare, dicevo, soprattutto la parte assimilabile alla sagra, che non deve mai e poi mai prendere il sopravvento sulla connotazione culturale del festival e che, soprattutto, deve trovare un migliore equilibrio tra la presenza dell’associazionismo che fa ristorazione e la ristorazione vera e propria, quella fatta da imprenditori che rischiano, investono e, soprattutto, pagano le tasse. Per il resto, anche questa volta, ottima organizzazione, bellissimi spettacoli, un paese, semel in anno, vivo, vivace, attrattivo. Ora studiamo iniziative perché questo si ripeta nell’arco dell’anno.

Luca Craia

giovedì 26 giugno 2014

Che fine ha fatto il mattone datato di via Palestro?




Mistero: è sparito il mattone datato 1695 che si poteva vedere murato sopra l’uscio di una casa diroccata di via Palestro. Il 22 ottobre 2012 protocollai in Comune una domanda perché tale mattone fosse rimosso e messo al sicuro dai male intenzionati, anche in considerazione che la casa in questione era ed è a rischio crollo. Ovviamente non ebbi risposta. Oggi scopro che il mattone non c’è più. Qualcuno ha provveduto a soddisfare la mia richiesta e a mettere al sicuro il mattone oppure l’abbiamo perduto per sempre?


Luca Craia

mercoledì 25 giugno 2014

Semafori spenti a Veregra Street. La festa annulla il rischio incidenti?



Sarebbe interessante capire perché i semafori dell’incrocio della circonvallazione sono spenti in questi giorni di festa. Eppure le macchine continuano a circolare, eppure chi si immette dalle laterali nella strada principale ha gli stessi rischi degli altri giorni, eppure chi deve entrare in strada da via Umbria, avendo una salita spaventosa da superare e dovendosi fermare proprio in cima a quest’ultima per poi ripartire, continua a bruciare benzina e frizione come in un giorno qualunque. Ma i semafori sono spenti, almeno oggi, ieri no, l’altro ieri si. Perché?

Luca Craia