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mercoledì 28 settembre 2016

Il ponte di Messina e i volontari richiedenti asilo



Non sono un esperto di economia per cui vi trasmetto il mio dubbio, che è il dubbio dell’uomo di strada, che fa due conti e che magari questi conti non tornano. Magari qualcuno più ferrato di me in questioni macroeconomiche e in economia del lavoro può darmi qualche lume.
Il dubbio che mi pongo riguarda la dicotomia tra quanto afferma il Premier sul ponte di Messina e la politica di integrazione dei migranti. In sostanza, non riesco a capire perché si vorrebbe fare, almeno a chiacchiere, il ponte sullo stretto, non tanto per la necessità che si senta dello stesso, quanto per creare posti di lavoro e, nello stesso tempo, si siglano accordi periferici, sventolati in pompa magna, come nel caso del Comune di Montegranaro, per impiegare i richiedenti asilo come lavoratori volontari.
Se è vero che spendere soldi pubblici, tanti, per creare una struttura costosissima, antieconomica, molto probabilmente inutile, di impatto ambientale criminale, potenzialmente pericolosa e poco duratura nel tempo, sarebbe comunque cosa buona in quanto darebbe lavoro a centinaia di persone, è anche vero che, utilizzare e, se vogliamo, sfruttare i richiedenti asilo per lavori socialmente utili senza pagarli, pur facendo risparmiare qualche centesimo alle casse dello Stato, nella fattispecie, dei Comuni, posti di lavoro ne toglierebbe.
Perché, vedete, io che non capisco quasi niente di economia, ho l’impressione che i lavori socialmente utili svolti gratis dai volontari involontari richiedenti asilo, non ci fossero i volontari involontari, li farebbe qualcun altro, magari pagato, quindi in questo modo è vero che si risparmia, ma si togliere lavoro, creando conseguentemente un danno, piccolo o grande che sia, all’occupazione e al PIL. O no?

Luca Craia

martedì 12 maggio 2015

Triste de profundis di Gentili per la Proloco. Ma manca l’esame di coscienza.



Dispiace molto leggere le parole del Presidente della Proloco Gentili, il suo scoramento, la sua sostanziale resa di fronte all’evidente disfatta dell’ennesima operazione per dare vita a una Proloco efficiente a Montegranaro. Dispiace anche e soprattutto perché la partenza era stata buona, con quella bella prova che fu la festa del Primo Maggio al laghetto. Ma le difficoltà di cui parla Gentili sono reali in un paese che conta così tante associazioni. Ogni associazione ha una sua prerogativa, una sua caratteristica, una sua dignità e la Proloco se ne deve fare interprete senza prevaricare. All’inizio, dicevamo, si era partiti bene e la maggioranza dei sodalizi si era posta positivamente di fronte agli sforzi dei giovani membri del direttivo della Proloco per farla rinascere e screscere. Poi s’è rotto qualcosa.
È anche vero che ci sono state defezioni dallo stesso direttivo dovute a interessi più o meno personali, ma il problema è stato un altro. Fin dai primi giorni c’è stato chi, nel mondo associativo, ha remato contro. C’era chi parlava di “truppe cammellate”, di Proloco occupata da questo e quello. Sono affermazioni di chi è abituato a occupare, appunto, posti e postazioni strategiche, di chi siede su sedie diverse e vuole controllare e, quando non riesce, accusa gli altri di farlo. Un atteggiamento da parte di personaggi noti che, nel tempo, verificandone l’inefficacia, è mutato, diventando accomodante ma mellifluo.
Con la caduta di Gismondi questi personaggi si sono fatti più forti e hanno convinto il Presidente Gentili della loro buona fede, estromettendo abilmente altre associazioni che, come la mia, si erano sempre poste in maniera costruttiva e collaborativa con la Proloco. È qui che ha sbagliato Gentili, nel fidarsi della gente sbagliata. Ferme restando le difficoltà oggettive che si sapeva avrebbe trovato, ferma restando la strumentalizzazione politica cieca e incomprensibile sotto tutti gli aspetti che l’amministrazione Mancini ha fatto di tutta la vicenda.
Spero che Iacopo Gentili mantenga vivo il proprio impegno per Montegranaro. È una persona di valore, intelligente, volenteroso e con molte buone idee. È giovane e i giovani sbagliano, lo abbiamo fatto tutti, serve per imparare. Spero che non cessi di lavorare per la collettività, altrimenti sarebbe una grave perdita. In quanto alla Proloco, vedremo.

Luca Craia

mercoledì 22 aprile 2015

E il primo maggio al laghetto?



Il Primo Maggio è alle porte, manca poco più di una settimana, e da un po’ di giorno ho una sensazione come se mi mancasse qualcosa. Non capivo cosa finchè stamattina non ho letto sul giornale della grande festa organizzata a Monte Urano per la festa dei lavoratori e ho capito cosa mi mancava: la festa delle associazioni al laghetto! E che fine ha fatto?
Non se ne parla. Il laghetto è circondato da erba alta ed è evidente che non se ne cura più nessuno (gli anni passati ci pensava la Protezione Civile, ora non si sa). Intanto la data si avvicina e appare piuttosto difficile pensare di organizzare qualcosa in così poco tempo.
Negli ultimi anni la Proloco montegranarese organizzava, coordinando la quasi totalità delle associazioni esistenti sul territorio comunale, una bella festa al Parco Fluviale del Chienti. L’evento era molto partecipato, con gazebo e tendoni per tutta l’area del piccolo parco e un sacco di gente che veniva a passare la giornata o parte di essa mangiando e giocando tra un intrattenimento e l’altro.
L’anno scorso il maltempo l’ha fatta sfumare e, come sempre, passata la festa gabbato lo santo: anche se si parlava di rimandarla non se ne è fatto più niente. In realtà c’erano stati anche altri fattori a determinare la scelta di annullare l’evento. Ci furono polemiche, screzi tra associazioni e forti ingerenze politiche. E quest’anno? Che fine ha fatto la festa delle associazioni?
Sarebbe forse meglio chiedersi che fine abbia fatto la Proloco. Ne abbiamo perso le tracce da qualche tempo. Dopo una partenza sprint, almeno nelle intenzioni, dei rapporti con la nuova amministrazione Mancini, abbiamo registrato nel corso dei mesi un progressivo quanto inarrestabile prolasso delle attività dell’associazione delle associazioni, sempre meno presente e vitale, fatta eccezione per la presenza del logo su alcuni manifesti.
Eppure il Sindaco Mancini, nei primi mesi di mandato, dava ampio risalto al ruolo della Proloco. Nel contempo, però, dichiarava la necessità di un organismo apposito per coordinare le attività associative (proposito che suonava un tantino sovietico), di fatto esautorando la Proloco stessa del suo ruolo fondamentale. Intanto partivano pezzi importanti del direttivo, chiudeva la sede di Palazzo Francescani e alle riunioni ufficiali il Presidente non si vedeva più.
Credo, quindi, che sia opportuno non solo domandarsi che fine abbia fatto il Primo Maggio al laghetto ma anche e soprattutto che fine abbia fatto la Proloco. Esiste? O è rimasto solo il logo?

Luca Craia