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sabato 29 ottobre 2016

L’Italia che crolla



Viviamo tempi bui. Mai stato così buio in Italia. Accadono cose che danno il netto sentore di un destino che pare segnato, ineluttabile, di una strada imboccata senza possibilità di inversione, una strada che porta al precipizio. L’Italia crolla. Crolla sotto i colpi del terremoto, crolla sotto il peso di un autotreno. L’Italia crolla sotto i piedi dei nostri governanti incapaci, dei nostri burocrati idioti. L’Italia crolla sotto il peso della nostra ignavia, della nostra accidia, della nostra disonestà.
È il cemento disonesto e truffaldino, è una cultura generale disonesta e truffaldina che sta uccidendo il nostro Paese. Un cavalcavia che casca in testa a un poveretto che ci stava passando sotto non può esistere in un Paese in cui un tronfio governante proclama intenti di ponti megalitici, che sfidano logica e leggi della fisica. Una chiesa preziosa e piena di opere d’arte non può sbriciolarsi in un Paese che potrebbe e dovrebbe campare di arte e cultura, di turismo e accoglienza e invece lascia bruciare il suo petrolio, anzi, gli dà fuoco.
Assisto attonito al gran vociare virtuale su temi opportunamente costruiti al quale segue il silenzio più assordante nella vita reale. Siamo un popolo di rivoluzionari sul web che non spostano in culo dal divano. Stanno massacrando il nostro Paese, lo stanno regalando alle grandi potenze economiche incuranti dei morti che si lasciano dietro e noi non muoviamo un dito. Dovremmo essere in piazza, in tutte le piazze, a pretendere rispetto per la Nazione e per i suoi Cittadini ma non andiamo nemmeno a votare. C’è un referendum che potrebbe segnare le sorti del Paese per un lungo futuro e c’è che nemmeno si informa, nemmeno sa dic he si tratta o come funziona il voto. C’è gente che dichiara serenamente che non capisce e non vuole capire.
Intanto crollano i cavalcavia e ci cascano in testa. E la colpa non è di Renzi. La colpa è nostra.

Luca Craia

mercoledì 28 settembre 2016

Il ponte di Messina e i volontari richiedenti asilo



Non sono un esperto di economia per cui vi trasmetto il mio dubbio, che è il dubbio dell’uomo di strada, che fa due conti e che magari questi conti non tornano. Magari qualcuno più ferrato di me in questioni macroeconomiche e in economia del lavoro può darmi qualche lume.
Il dubbio che mi pongo riguarda la dicotomia tra quanto afferma il Premier sul ponte di Messina e la politica di integrazione dei migranti. In sostanza, non riesco a capire perché si vorrebbe fare, almeno a chiacchiere, il ponte sullo stretto, non tanto per la necessità che si senta dello stesso, quanto per creare posti di lavoro e, nello stesso tempo, si siglano accordi periferici, sventolati in pompa magna, come nel caso del Comune di Montegranaro, per impiegare i richiedenti asilo come lavoratori volontari.
Se è vero che spendere soldi pubblici, tanti, per creare una struttura costosissima, antieconomica, molto probabilmente inutile, di impatto ambientale criminale, potenzialmente pericolosa e poco duratura nel tempo, sarebbe comunque cosa buona in quanto darebbe lavoro a centinaia di persone, è anche vero che, utilizzare e, se vogliamo, sfruttare i richiedenti asilo per lavori socialmente utili senza pagarli, pur facendo risparmiare qualche centesimo alle casse dello Stato, nella fattispecie, dei Comuni, posti di lavoro ne toglierebbe.
Perché, vedete, io che non capisco quasi niente di economia, ho l’impressione che i lavori socialmente utili svolti gratis dai volontari involontari richiedenti asilo, non ci fossero i volontari involontari, li farebbe qualcun altro, magari pagato, quindi in questo modo è vero che si risparmia, ma si togliere lavoro, creando conseguentemente un danno, piccolo o grande che sia, all’occupazione e al PIL. O no?

Luca Craia