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lunedì 5 dicembre 2016

Il lavatoio tra promesse e realtà



È passato più di un mese da quando il vicesindaco montegranarese, Endrio Ubaldi, e il fido scudiero Paolo Gaudenzi annunciavano a mezzo stampa che finalmente avrebbero messo mano all’annoso problema del lavatoio di via Martiri d’Ungheria, meritandosi il plauso dei residenti e anche mio che, da anni, ne denuncio lo stato di degrado architettonico e sociale. Questo bello scorcio di paese, costruito a cavallo tra il XIX e il XX secolo per dare un luogo dove lavare la biancheria alle donne di Montegranaro, in epoca moderna era naturalmente caduto in disuso e stava sparendo ingoiato da una scarpata piena di erbacce.
Nei primi anni 2000 il Consiglio di Quartiere del centro, presieduto da Uliano Damen e con me vicepresidente, presentò al Sindaco Gianni Basso un’istanza di ristrutturazione dell’area. L’istanza venne accolta, si reperirono i fondi necessari e si risanò l’intera area creando uno spazio molto bello e recuperando un pezzo di storia. Negli anni successivi, però, il lavatoio veniva progressivamente dimenticato dalle amministrazioni comunali che smisero di farvi manutenzione. Nel contempo, anche a causa della sua posizione defilata e nascosta, diventava un luogo di ritrovo di giovani teppistelli che, a tutt’oggi, lo frequentano per operazioni per niente pulite, creando un grave disagio ai residenti nell’area circostante.
Proprio i residenti, con una lunga serie di lagnanze presso il Comune, sembrava fossero riusciti a smuovere qualcosa donde la dichiarazione del Vicesindaco. Secondo Ubaldi, infatti, si sarebbero dovute installare delle telecamere facenti parte del sistema di videosorveglianza comunale per dissuadere i teppistelli nel continuare a degradare l’area. Pareva cosa fatta, visto che si trattava solo di cablare l’impianto e installare le apparecchiature.
Solo che, dopo un mese, non si è fatto ancora nulla e la situazione è sempre quella: degrado, disagio, sporcizia. Sarebbe stato meglio, allora, andare sulla stampa a cose fatte e terminate oppure non andarci affatto. Così sembra l’ennesima presa per i fondelli.

Luca Craia

giovedì 14 luglio 2016

Oddio! Sfrattano Tarzan! Ma era solo un falso allarme.



Non tutti sanno che, da qualche tempo, Tarzan ha preso casa nel centro storico di Montegranaro. Il famoso uomo-scimmia ha sviluppato un’allergia all’acaro del banano ispido del Centrafrica ed è stato costretto a venire a vivere in Italia, dove questo animaletto è assente. Facendo conto sulla tradizionale discrezione dei Montegranaresi, Tarzan ha scelto la quiete del nostro centro storico.
Quando l’ho incontrai la prima volta mi ha detto che sulla decisione aveva pesato non poco la fitta vegetazione lasciata crescere dalla nostra ecologicissima amministrazione comunale, una vegetazione che crea un habitat molto simile a quello a cui era abituato. Non ci sono banane e liane, vero, ma le frasche fitte garantiscono privacy, frescura e divertimento per Cita, che è solita saltare da un ramo all’altro spassandosi un mondo. Tarzan era molto contento.
Stamattina, uscito di casa, ho visto degli operai, evidentemente mandati dal Comune, che ci davano di decespugliatore in piazza Leopardi. Mi ha preso un colpo: stanno sfrattando Tarzan! L’ho cercato, chiamato al cellulare e a voce ma niente, era irreperibile. Molto preoccupato sono andato al lavoro con una grande angoscia: dove sarebbe andato il mio amico scimmiesco ora?
Al mio ritorno per pranzo il sollievo: il decespugliatore è stato usato solo intorno ai tigli di piazzale Leopardi. Il resto della Giungla è ancora intatto, verde e rigoglioso. Nessuno è andato a tagliare i baobab del centro storico. C’è da pensare che rimarranno lì ancora a lungo. Poi mi ha richiamato Tarzan, che ha visto la mia chiamata. Ha detto che Cita, sentito il rumore dell’apparecchio per tagliare l’erba, s’è presa paura ed è scappata a San Liborio e lui ha perso la mattinata a rincorrerla. Una volta trovata è stato quasi tentato di trasferirsi proprio a San Liborio, dove la vegetazione è un po’ più savanesca ma non male. Poi però ha deciso di tornare in centro storico, a vedere se gli uomini col decespugliatore avessero abbattuto la foresta o no, nel qual caso si sarebbe trasferito a San Liborio o a Villa Luciani. Con grande soddisfazione ha visto che poteva restare. E così il mio simpatico vicino se l’è scampata. Per festeggiare stasera mi ha invitato a cena: menù a base di banana, naturalmente.

Luca Craia

martedì 23 febbraio 2016

L’integrazione passa attraverso il rispetto delle regole e degli altri.



Come si integra uno straniero in un Paese ospitante? Ovviamente adeguandosi alle regole, alle norme e alle tradizioni di quel Paese. Questo non deve necessariamente implicare la rinuncia alla propria cultura e tradizione, ma comporta l’adeguamento delle stesse a quelle del Paese in cui si è deciso di vivere, anche se temporaneamente. Il rispetto delle regole è fondamentale, anche di quelle più elementari, così come il rispetto per gli altri e per l’ambiente in cui si vive. Non si può pensare di farsi accettare dai cittadini del Paese che ci ospita se ne offendiamo la dignità col nostro comportamento.
Ecco quindi che diventa inaccettabile il modo in cui le zone di Montegranaro dove insistono grandi agglomerati di extracomunitari, diventino vittime di stati di degrado gravi e degeneranti. Si badi bene: non sto facendo di tutte le erbe un fascio. Ci sono stranieri ben più educati degli stessi Italiani, ma è un dato inconfutabile che nelle zone dove abitano più stranieri ci siano situazioni di degrado, vedi il cosiddetto “hotel house”, via Magenta e buona parte del centro storico. Per quest’ultimo, poi, c’è stato un evidentissimo aggravamento della situazione in seguito all’assegnazione degli alloggi popolari nell’ospedale vecchio. Molto probabilmente si tratta di una minoranza di incivili in mezzo a una maggioranza di brave persone, ma rimane il fatto che queste brave persone accettano questo stato di cose senza prendere provvedimenti. E i cittadini italiani ne debbono subire le conseguenze.
Nel contempo chi deve vigilare non vigila, chi deve sanzionare non sanziona e il paese scivola in uno stato di prostrazione mai visto prima. A poco servono, allora, le iniziative volte a favorire l’integrazione, se questa volontà di integrazione non parte in maniera evidente dagli stranieri stessi. Serve a poco insegnare loro la nostra lingua se non rispettano nemmeno il nostro paese, il nostro territorio. Serve a niente imparare noi i loro costumi quando loro dimostrano di non interessarsi affatto dei nostri, né di avere il rispetto dovuto per il Paese che li ospita. Imporre, anche con misure pesanti, il rispetto delle regole e verso il Paese che sta dando loro da vivere è il primo passo per l’integrazione. Altrimenti stiamo parlando di aria fritta.

Luca Craia