domenica 12 aprile 2015

Il torrione dimenticato



Quello che preoccupa, invece, a parte la mancanza di manutenzione del Parco Fluviale e la sua chiusura al pubblico, è lo stato di deterioramento progressivo del Torrione, il mulino fortificato, antico manufatto databile intorno all’anno 1000, acquistato dall’amministrazione Basso per, se ben ricordo, circa 800.000.000 di lire per realizzarci una sorta di fattoria didattica il cui progetto fu, però, accantonato. Da allora il Torrione è rimasto all’abbandono, si sta gradualmente sgretolando ed è difficile pensare al reperimento di fondi indispensabili per la sua riqualificazione. Eppure il luogo è fantastico e immaginare un suo utilizzo culturale e ricettivo è possibile. L’amministrazione Gismondi non ci ha mai pensato. Quella attuale sembra in tutt’altre faccende affaccendata. Chissà che, con lo sportello europeo, non venga loro qualche idea per reperire soldi da destinare all’utilizzo di questo preziosissimo bene, testimonianza della nostra storia?

Luca Craia

Il parco fluviale che torna alla natura

Ieri un lettore dell’Ape mi segnalava su Facebook che il laghetto del Chienti anche noto come “Parco Fluviale”, luogo dove, gli scorsi anni, i Montegranaresi erano usi a ritrovarsi nelle giornate della bella stagione, presenta attualmente qualche problema. Ecco il testo della segnalazione: “Ciao oggi pomeriggio visto il clima gradevole ho deciso di andare a fare 4 passi al lago del Torrione visto che negli anni passati era diventata ormai prassi comune. Ma con grande stupore o appurato che è stato chiuso con reti e lucchetti ai cancelli. Ovviamente chiuso all'italiana, perche passando da un sentiero verso il fiume si entra senza scavalcare nulla. Ovviamente all'interno l'abbandono sta prendendo il sopravvento visto che le erbacce arrivano al ginocchio. Il tutto credo si debba alla nuova giunta comunale dato che negli anni passati la manutenzione era continua e il luogo era frequentato da tanti, famiglie, ragazzi e pescatori”.
Così stamattina sono andato a verificare di persona e quello che ho visto non mi è parso così drammatico: il luogo è bellissimo, con i riflessi del paesaggio nell’acqua che sono davvero magici. Però è chiuso e non fruibile, anche se, come dice il nostro lettore, facendo un giro intorno al rudere di un capanno, si riesce a entrare senza problemi. All’interno non troviamo una situazione di degrado ma soltanto la natura che si riprende quel che è suo, una volta che l’uomo ha smesso di occuparsene.
Ho anche trovato una cinquantina di persone dedite a fare un picnic, gente probabilmente entrata come sono entrato io. Del resto è chiuso ma non ci sono divieti, per cui, se si trova un modo per passare senza scavalcare nulla non si fa nulla di male.
È un peccato che ancora non si sia provveduto a rendere il luogo fruibile: la bella stagione sta cominciando (oggi ci sono 20°) e la gente comincia a recarsi dove è abituata ad andare e questo posto è sempre stato meta di passeggiate e giornate all’aria aperta. Auguriamoci, quindi, che il Comune provveda quanto prima a tagliare l’erba e a riaprire i cancelli, restituendo questo posto magnifico ai cittadini.

Luca Craia

Chi ci crede a Zacheo?

A parte il fatto che, senza divisa, perde una percentuale di credibilità che varia dal 40 al 60%, Zacheo sindaco o, almeno, candidato tale mi pare un qualcosa di caricaturale. Ma, del resto, è tutta la politica moderna ad essere caricatura di se stessa a cominciare da quel personaggio cabarettistico televisivo che presiede il Consiglio dei ministri. Zacheo, uomo d'ordine, figura integerrima e altera, prima si schernisce, poi si indigna perché accreditato di candidature evidentemente sconvenienti, alla fine si spende in politica, parcheggiando Arma e divisa per quella candidatura sconveniente mascherata da lista civica.
Immagino che l'integerrimo uomo di giustizia e d'arme, se sconfitto,  non sarà vendicativo una volta riassunto l'antico potere. E, se vincitore, saprà essere il primo cittadino di tutti,  compresi gli oppositori. Ma il balletto delle smentite precedente ne mina la credibilità. La mascherata della lista civica aggrava la situazione. E senza divisa, poi, non pare più lui.

Luca Craia

giovedì 9 aprile 2015

Uomini per tutte le stagioni



Non capisco, per quanto mi sforzi, l’atteggiamento del nostro vicesindaco Ubaldi mentre compie le sue giravolte per farci dimenticare il passato. Posso comprendere la sua fiducia nella proverbiale memoria corta dell’elettore ma, proprio facendo leva su questo, non si spiega questa smania di andare sul giornale per dirci cose sulle quali un cittadino mediamente attento non può che ridere su, non fossero poi così poco divertenti in realtà. 
Che sia ansia da protagonismo, che sia smania di comunicazione, che sia un tentativo di fare un po’ di fumo e un po’ di nebbia, il risultato che si ottiene è contrario, secondo il mio modestissimo parere, a quello che ci si aspettava, forse perché oggi i tempi sono cambiati, i mezzi di comunicazione sono più snelli e alla portata di tutti e questo allunga inopinatamente la memoria dell’elettore finora accreditato di tendenze amnesiche.
Siamo in tanti, invece, a ricordare i trascorsi amministrativi del nostro vicesindaco, trascorsi che gli hanno fatto intrecciare il suo curriculum politico con quello di diversi ex ed attuali amministratori. Intendiamoci: non c’è nulla di male a cambiare alleanze, strategie e bandiere. Nella vita si può cambiare idea, è prerogativa delle persone intelligenti e certamente Ubaldi lo è. Ma non si può ricrearsi una verginità politica con una sorta di chirurgia plastica mediatica. 
Per questo dichiarare sulla stampa che, per colpa dei debiti pregressi, si è costretti ad aumentare le tasse equivale ad autoaccusarsi. Per questi debiti non sono venuti dal nulla ma sono frutto di precedenti errori amministrativi e politici ai quali, se proprio non si è partecipato, si è almeno assistito silentemente. Ma certo che, con un palmares di tutto rispetto come quello del nostro vicesindaco, che ha avuto incarichi prestigiosi sin dal 2004, e considerata la sua preparazione e intelligenza, si fa fatica a pensare che di tutto ciò fosse all’oscuro. 
Così come non era all’oscuro della situazione debitoria e delle sue conseguenze nemmeno quando partecipò alla redazione del programma elettorale della compagine amministrativa di cui fa parte oggi, nel quale si promettevano mari e monti per poi, oggi, venirci a dire che nulla si può fare perché ci sono i debiti, debiti fatti da quei cattivoni che c’erano prima. E se aumentiamo le tasse è colpa (solo) di Gastone.

Luca Craia

mercoledì 8 aprile 2015

Immigrazione e politiche dell’accoglienza. Tutto da rivedere.



Sentire Salvini che fa le sue sparate mediatiche a caccia di un altro paio di consensi mi fa rabbrividire e capire che, forse, in Italia la questione dell’immigrazione clandestina sia davvero irrisolvibile.  Il panorama, di per sé, è facilmente analizzabile: da un lato ci sono gli atteggiamenti ipocriti delle sinistre, con la loro – per quanto condivisibile, irrealizzabile – idea di accoglienza senza riserva alcuna che poi, alla prova dei fatti, si risolve in un sistema di agganci e aderenze tutto impernato sul lucro a scapito dei poveri cristi sbarcati di qua e di là. Una politica di immigrazione suicida, costosissima, che da una parte mette l’immigrato irregolare nella condizione di scappare quanto prima e darsi alla totale clandestinità per sfuggire a un sistema che, volendolo – sulla carta – tutelare, lo condanna a un’esistenza precaria per un periodo di tempo indefinito, mentre dall’altra parte favorisce un sistema economico che sfrutta la situazione e ingrassa l’amico e l’amico dell’amico con la totale copertura di un ipocrita buonismo.
Dall’altro lato, invece, c’è il populismo becero, disumano, ignobile che spesso viene interpretato da questo o quell’esponente politico che, cavalcando la paura e l’oggettiva insostenibilità dello stato delle cose, punta soltanto a guadagnare un voto o un consenso. È la politica degli slogan, delle magliette urlanti, del discorso da bar tra avvinazzati che, però, interpreta – unica voce – quello che è un legittimo sentimento di profonda preoccupazione da parte del cittadino.
La realtà, che nessuno dice perché non porta profitto e non fa guadagnare voti, è che l’immigrazione è un problema sociale serio che va risolto razionalmente sganciandosi da logiche economiche o elettorali. Se umanamente è impensabile non soccorrere esseri umani in pericolo di vita e dare loro il primo supporto per salvaguardarne la salute, è altrettanto impensabile che una Nazione come la nostra possa caricarsi del peso di una sostanziale invasione umana e culturale. Va anche detto, senza ipocrisie, che la società multietnica non è realizzabile e il pensiero ad essa legato è fallito di fronte ai fatti. Conciliare culture sostanzialmente antitetiche alla nostra è impossibile e pericoloso.
Per esemplificare, i fatti dimostrano che la cultura musulmana, quando strettamente legata alla religiosità come nella maggior parte dei soggetti immigrati da paesi maomettani, non è integrabile con la nostra per il semplice fatto che quella stessa cultura ha insito in sé in concetto di soppiantare le altre culture anche con l’uso della forza. Nello stesso modo è impossibile concepire un’integrazione con sistemi economici orientali, del tipo cinese, per capirsi, che non accettano la nostra concezione di rispetto dei diritti e delle regole e impianta nel nostro Paese un’economia che ne distrugge gradualmente quella autoctona come un cancro.
È quindi necessario regolamentare i flussi migratori, trattenere solo gli immigrati che possano integrarsi e riportare a casa, con il rispetto umano dovuto, quelli che non potranno avere un inserimento nella nostra società. Lo straniero che non ha un lavoro deve essere espulso. Lo straniero che delinque deve essere espulso. Lo straniero che non dimostri la propria integrazione sociale, anche con fatti concreti come la conoscenza dei costumi e l’uso corretto della lingua, non può avere la cittadinanza. Lo straniero va riportato a casa fin dal suo ingresso in Italia, dopo aver ricevuto i soccorsi necessari. Il costo del rimpatrio sarà senz’altro più basso del costo sociale del suo inserimento sostanzialmente impossibile.

Luca Craia