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mercoledì 27 gennaio 2016

Telefono Azzurro e Arkeo per il progetto Fiori d’Azzurro



Ogni anno l’associazione Telefono Azzurro organizza, ad aprile, una manifestazione nazionale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche relative alla violenza sui minori e tra minori e per raccogliere fondi destinati alla lotta a questi fenomeni. L’evento, che da anni porta il titolo di Fiori d’Azzurro, si terrà nel fine settimana del 16 e 17 aprile in tutta Italia. Verranno allestiti dei piccoli stand dove trovare materiale illustrativo delle attività dell’Associazione e dove poterle sostenere tramite l’acquisto di una pianta floreale.
Arkeo ha stretto una collaborazione con Telefono Azzurro al fine di promuovere l’iniziativa a Montegranaro. I nostri volontari saranno presenti nelle piazze, davanti alle chiese principali, all’uscita dalle messe e saranno a disposizione per chi volesse contribuire all’opera importante di Telefono Azzurro.

Luca Craia

martedì 27 gennaio 2015

A che serve il Giorno della Memoria?



A cosa serve il giorno della memoria? A cosa serve ricordare l’olocausto anche se sono passati decenni? A cosa serve celebrare questa giornata, riportare alla memoria gli orrori dell’ultima guerra mondiale, rivedere quelle foto ingiallite, sfocate, vecchie, riascoltare ancora una volta le testimonianze? Ancora serve?
La memoria deve essere collettiva. Non può essere di una o di un’altra parte politica. Ricordare cosa è accaduto a milioni di ebrei serve a evitare che questo si ripeta, a creare una coscienza collettiva che ripudi e aborrisca ogni forma di violenza. La memoria dell’olocausto deve accomunare tutti gli olocausti, sia quello più terrificante che è stato quello nazi-fascista che quelli che si sono succeduti nella storia senza sosta fino a oggi e tutte le stragi condotte in nome di un’ideologia. Ha senso celebrare il Giorno della Memoria solo se questo riesce a unire persone di diverse estrazioni politiche e culturali in un’univoca condanna della violenza politica.
Oggi purtroppo questo ancora non accade e ogni anno assistiamo alla stucchevole gara nel confrontare quale sia la violenza più grande della storia: l’olocausto degli ebrei, le foibe, le stragi del regime comunista sovietico, i genocidi razziali, per giungere alla politica attuale, in particolare a quella medio-orientale, usando le violenze riconosciute di una parte come per giustificare le violenze dalla stessa parte subite in passato.
Questa mentalità è perversa. Questa mentalità è la stessa che portò Hitler alle politiche di sterminio razziale. Questa mentalità è pericolosa perché ancora giustifica la violenza e, quindi, giustificherebbe chi la pratica per sostenere idee comuni.
Anche a questo serve il Giorno della Memoria: a evidenziare quali sono, ancora oggi, le posizioni pericolose e a distinguerle dalla mentalità positiva e costruttiva. Serve a mettere a nudo i violenti, siano essi solo culturalmente tali. Serve a isolarli. I nostri giorni stanno facilitando la cultura della violenza. Il Giorno della Memoria serva a ricordarci quali possono essere le conseguenze di queste culture e queste mentalità.

Luca Craia

martedì 25 novembre 2014

Furto da Buffetti. L’imbarbarimento della nostra società



È un problema sociale, anche serio, l’ondata di furti che da mesi, anni, affligge Montegranaro, intensificandosi nell’ultimo periodo. È un problema sociale il quale, a quanto pare, non siamo attrezzati a combattere. Sono furti tutto sommato di poco conto, di poco valore, ma che fanno male a chi li subisce e, soprattutto, preoccupano. E, dicevamo, gli strumenti per contrastare il fenomeno sembrano insufficienti, anche le annunciate telecamere di videosorveglianza non credo potranno arginare più di tanto il fenomeno.
Questa notte è toccato al negozio Buffetti di largo Conti. Hanno aperto una porta laterale forzandola con una certa facilità. Si sono introdotti nel negozio e, mentre suonava l’allarme, hanno portato via velocemente tabacchi, qualche valore, qualche gratta e vinci e sono scappati via a piedi verso i giardini del Campo dei Tigli. Un bottino esiguo di poche migliaia di euro, una modalità che fa supporre l’operato di sbandati, personaggi poco organizzati ma non per questo meno pericolosi.
C’era scoraggiamento nelle parole dei titolari dell’esercizio con cui ho parlato stamattina. Nemmeno rabbia, nemmeno rassegnazione, forse solo la consapevolezza che l’imbarbarimento della nostra società sia forse inarrestabile. E preoccupazione: per il nostro futuro ma anche per la tendenza sempre più violenta che sta predominando nelle coscienze, sia in quelle che la violenza già la praticano nel delinquere sia in chi la sta subendo e pensa a una reazione. Quel che certo è che Montegranaro non è più una città sicura, il paese dove si lasciavano le porte aperte anche di notte ora è un paese assediato dalla delinquenza. Ed è altrettanto certo che davvero poco si possa fare per risolvere il problema, che è generale di tutta la nostra civiltà e che richiede un ripensamento di tanti, forse  troppi, meccanismi andati in panne.

Luca Craia

domenica 22 giugno 2014

Continua la mattanza. E o chiamano amore. Di Anna Lisa Minutillo.



Continua a salire il numero delle ali spezzate, delle  vite interrotte per mano dell’ ”amore”.

Giorni di riflessioni, attimi di turbamento nell’apprendere ciò che mi ruota intorno e il silenzio che mi urla in testa che non trova via di fuga se non quella delle parole che si fermano , che si voltano a guardarmi ..interdette, stupite, ferite, pesanti, urlanti di rabbia, riverse nel cuore e che non ricevono risposte se non quella della libera evasione verso cuori che le leggeranno, le dimenticheranno, le faranno proprie, le cestineranno. Si, perché di parole nei riguardi di questi assurdi femminicidi se ne sono spese e se ne spendono molte.

Preoccupati per una partita finita male, preoccupati di scegliere i luoghi in cui andare a villeggiare, presi dalla prova costume, dai rumori  che avvolgono l’esistenza. Preoccupati di piacere a chi non merita un grammo della nostra attenzione, preoccupati di apparire, preoccupati di tutto l’illusorio e falso che c’è.

La morte indossa la sua maschera più bella , arriva per mano di chi dovrebbe amare, di chi sceglie consapevolmente di legarsi per una vita ad un’altra persona. Forse lo si fa per non sentirsi da meno vivendo in una società che ancor oggi lascia poco spazio a chi opta per scelte differenti, forse lo si fa per uniformarsi alla massa,per avere gli occhi dell’intero paese addosso..

Ci si sposa, a volte, per apparire, per gareggiare, per non sentirsi inferiori agli altri, perché questo sistema insegna a diffidare di chi consapevolmente sceglie di non legarsi perché privilegia la propria libertà individuale.

Ci si sposa pensando che ormai tutto è compiuto e che quello sia l’epilogo di una bella storia d’amore, ma non si pensa che quello in realtà è l’inizio di un viaggio da compiere insieme  e non la conclusione da regalare a quanti si aspettano il finale da romanzetto rosa, quello banale che leggi sonnecchiando e di cui alla fine non ti ricordi nemmeno più.

Categorie di uomini incompiuti, alla ricerca di evasione perché dopo pochi anni si rendono conto che la dimensione a due sta loro stretta,  esattamente come i jeans che indossavano da celibi quando se la tiravano nei locali della movida e non importa se a Milano,  a Palermo o a Firenze. Si uccide e basta perché all’improvviso tutto diventa una forzatura, il sogno meraviglioso sbiadisce, non si vogliono assumere responsabilità, si finisce con il considerare i figli e colei che li ha generati solo un ostacolo da mal sopportare, con cui non si vogliono fare i conti perché da contare ci sono solo le rinunce che il ruolo di marito e padre ti sono richieste.

Non mi è mai piaciuto giudicare, non sono una persona dall’indice da puntare addosso facilmente, ritengo che ognuno di noi abbia una sua storia personale, ricca di altri e bassi, di soddisfazioni e sconfitte.  L’amore, beh l’amore quello no, quello capita, non si cerca, lo si incontra quando meno te lo aspetti, ti rapisce, entra nella tua vita in modo prepotente e, come un uragano, ti eleva alla massima potenza e ti rende sempre sorridente e pago, anche la solita routine si trasforma e i giorni prima sempre uguali lasciano il posto all’incanto, alla gioia di essere vissuti ed in quella persona esplode la più bella delle felicità.

Cosa non funziona più con l’andare del tempo? Cosa accade nella mente umana? Cosa ti fa decidere di diventare giudice e arbitro delle vita altrui, della vita della persona con cui hai scelto di vivere la vita ?…Cosa?

Non trovo risposte , vedo intorno a me schiere di insoddisfatti,  cinquantenni persi che trascinano relazioni pesanti, come se fossero delle palle al piede. Vedo doppiogiochisti incalliti rotolarsi nei letti di qualcun altra e poi mestamente tornare a casa loro la sera, abbracciare figli e moglie (che non sopportano più) come se nulla fosse accaduto. Così cordialmente. La stessa cordialità che usano per entrare in quei letti, la cordialità che poi si perde per strada quando capiscono che, anche avere una doppia vita, richiede impegno e sforzo.

Vedo persone che hanno la capacità di non rinunciare alla loro bella vita, alla loro prigione dorata, solo perché poi mensilmente dovrebbero corrispondere un mantenimento ai loro figli, perché le donne, beh le donne lavorano sia in casa che fuori.

Le donne ricoprono oggi ruoli che a loro stanno stretti, le donne hanno la capacità di dare senza fermarsi solo a guardare, le donne sanno come si fa, le donne…

Si rompe l’incanto esattamente quando la personalità, che prima amavano tanto, emerge perché stanca di essere repressa e sottomessa ed allora la barbie da portare a spasso e gli stessi figli che iniziano a stare stretti, come le loro mamme, e così in men che non si dica si decide di fare piazza pulita di tutto ciò.

Inconcepibile la freddezza, il non pentimento, il senso di schifo anche, che la vista di tanto sangue dovrebbe arrecare, ci si libera di tutto e per una sera,  si per una sera soltanto, si assapora il gusto della tanto agognata libertà, bevendosi una bella birretta e restando a guardare altri ventidue simili che corrono dietro ad una palla , così come se niente fosse.

La freddezza, il distacco, la codardia, la brutalità, l’impassibilità, la normale arroganza di chi ritiene di aver compiuto un atto giusto, questo mi destabilizza.

Essere portatori di distruzione e morte come se fosse un vanto, un qualcosa che inorgoglisce la coscienza, come se d’un tratto non vi fossero più ricordi da mantenere vivi, come se quella non fosse più la loro famiglia, la loro storia, un pezzo della loro vita , come se non vi fossero altri sistemi al mondo per tornare a gestirsi.

Sembra quasi sia diventato una sorta di incubatrice il matrimonio,una sorta di luogo off limits  dove si continua a crescere a maturare e poi quando ci si sente pronti per spiccare il volo si adducono scuse strane e vigliaccamente si decide di resettare tutto senza comprendere che quelle che si lasciano a terra con le gole sgozzate,con corpi martoriati da fendenti possenti e voluti,sono le stesse donne che tanto si sosteneva di amare e che hanno generato vite,le vite che sono servite solo ad avere le conferme di essere uomini.

Ci si chiede perché vi sia tanta paura dell’innamorasi ancora,ci si chiede come mai non ci si lasci andare alle emozioni,ci si chiede perché chi lo fa debba fare questa misera fine,ci si chiede perché si stia meglio da soli quando basterebbe semplicemente dire :”non ti amo più”e civilmente percorrere cammini differenti.

Io mi chiedo se persone così in effetti abbiamo mai amato qualcuno o se continuino solo ad amare se stessi prima di ogni altra cosa,mi chiedo come mai vi sia tanta aridità nell’animo,mi chiedo se vi è ancora qualcuno che un’anima la possegga realmente,mi chiedo un mucchio di cose e non riesco a dare risposte perché l’amore dovrebbe essere molto più semplice di così.

Mi chiedo dove sta di casa il cuore per alcuni,mi chiedo come si faccia a continuare nelle farse quotidiane a cui assistiamo sgomenti e senza nemmeno la forza di commentare perché privare qualcuno della vita non può passare come atto semplice e da dimenticare velocemente.

Quando non si ha il coraggio si armano mani altrui,si agisce per interposta persona ,si usano altre armi e qualcuna sopravvive deturpata,ferita fisicamente e nell’animo,si ricorre ad usi e costumi di altre popolazioni,quelle popolazioni che gli stessi fanno fatica ad accettare fra loro,si prendono gli aspetti peggiori delle altre culture e li si esaltano alla massima potenza ,così per sempre chi viene deturpato guardandosi allo specchio si ricorderà del male subito,e vivrà portando addosso un marchio così come si fa per gli animali,un marchio di appartenenza che priverà di appartenere ad altre persone perché se è già difficile  relazionare  con qualcuno avendo un aspetto gradevole figuriamoci ridotti in alcune condizioni.

Questo forse spaventa, questo forse fa a pugni ed ogni giorno sbatta in faccia i limiti che ancora molti uomini possiedono. Le donne hanno dimostrato e dimostrano comunque coraggio,non si arrendono e molte volte perdonano i gesti compiuti se non riescono a perdonare la persona che li ha causati.

Le donne sanno sempre come si fa e questo da un tremendo fastidio,le donne riescono a sopravvivere anche quando vengono abbandonate e questo non deve essere per alcuni,si devono debellare come se fossero una malattia infettiva,non va bene che riescano ad andare avanti senza una guida e questo lo sostengono coloro che le donne le hanno sempre usate come guida,non riconoscendo loro nulla ,comportandosi come sanguisughe a cui una volta succhiata la linfa vitale si deve dare il colpo di grazia per annientarle definitivamente .

Non vorrei  mai più leggere e sapere di situazioni come queste,non vorrei mai più dover invitare alla cautela nell’amore tutto ciò fa paura poiché i sentimenti positivi non dovrebbero mai essere messi in gabbia e perché sarà l’amore a salvarlo questo mondo.

Non voglio generalizzare ,non voglio sollevare attacchi o offese,non voglio cadere nella trappola del facile giudizio,non voglio dover  temere quando rientro a casa la sera,non voglio pensare che dietro ad ogni uomo vi sia nascosta una persona da temere e non da amare,non voglio vedere più lacrime di dolore,ma so che questa mattanza non si arresterà facilmente,e so che forse non vi è nulla da capire,so che forse chi non ama gli altri dovrebbe decidere di restare da solo per evitare frustrazione,acredine,insoddisfazione,rabbia celata dietro a falsi sorrisi,infondo si può sempre scegliere nella vita e dover subire una vita a due quando non se ne ha la volontà è meglio evitarlo se alla fine i risultati sono quelli  con cui dobbiamo convivere.

Se non si ha voglia di amare e di investire ,se non si è pronti per queste forme di condivisione,se non si ha la volontà di viversi e di vivere l’altro in tutte le sue sfaccettature è meglio non tuffarsi dentro a recinti che alla fine siamo noi stessi a costruirci.

Non dovrebbe essere così,la storia della letteratura,dell’arte,della musica,della poesia narra gli amori è basata sull’amore una parola abusata così come abusate sono le vite di alcune donne che hanno la sola colpa di amare .

Non pieghiamoci ad un mondo arido di sentimenti ma non smettiamo mai di osservare l’oggetto dei nostri sentimenti,non siamo bambole di pezza da lasciare riverse su un freddo pavimento ,siamo esseri raziocinanti,vivi,degni di tutto il rispetto che ci è da sempre stato negato,facciamo in modo che la nostra vita non diventi merce di scambio da barattare perché chi uccide i sogni potrebbe uccidere anche noi e questo non deve accadere …non più!



 

domenica 4 maggio 2014

La polizia italiana e le mele marce



Lo so che la Polizia è sotto pressione. Lo so benissimo che, persone sottopagate, rischiano la vita per proteggere i cittadini. Lo so perfettamente che, per quattro imbecilli che portano la divisa, non si possono giudicare migliaia di poliziotti che svolgono onorevolmente il loro lavoro. Però la Polizia si deve auto tutelare di fronte alla denigrazione. La Polizia deve proteggere la propria credibilità e il proprio onore. La Polizia deve dare la sensazione al cittadino di potersi fidare ciecamente. Il Cittadino non può temere la polizia quando è onesto e rispetta le leggi. Il cittadino non deve aver paura della divisa. Se la polizia applaude a degli assassini, anche se quelli stessi assassini portano la stessa divisa, solo per rimarcare lo spirito di corpo ed evidenziare le grandi difficoltà il cui le forze dell’ordine devono operare in questo disgraziato Paese, è la Polizia stessa che si danneggia, che si denigra, che si toglie credibilità. I primi a non fare di tutte le erbe un fascio e di tutte le mele un cesto di mele marce devono essere i poliziotti stessi. È un loro diritto, è un dovere nei confronti del cittadino che chiede sicurezza. Anche da poliziotti pericolosi, pochi, ma che esistono.

Luca Craia

martedì 7 gennaio 2014

La violenza verbale che dilaga sui social



Considero i social uno strumento formidabile per divulgare informazioni e idee e per facilitare la condivisione e il dibattito, imprescindibile per chiunque debba occuparsi di cose pubbliche. Ma il limite dello strumento sta proprio nella sua virtualità che, troppo spesso, viene intesa come protezione, schermo, maschera che rende intoccabili, impunibili. Questo evidentemente elimina ogni inibizione e libera il lato peggiore delle persone che, interpretando il mondo virtuale del social network come una zona franca dove tutto è permesso, danno sfogo alle loro frustrazioni. È un po’ il concetto del videogame, dove l’altro, anche se conosciuto come reale, sullo schermo del computer diventa avatar di se stesso, essere elettronico privo di corpo, anima e sentimenti. È una sorta di sindrome del tasto di reset, del concetto da videogame secondo il quale, sbagliando, si può sempre iniziare la partita da capo. Ecco quindi che possiamo anche calpestare e far male all’altro nella certezza che, comunque, tutto si può recuperare con un tasto.
Le frustrazioni, gli istinti repressi si moltiplicano in questi tempi confusi di crisi non solo economica ma anche e soprattutto di valori, di punti di riferimento. Nel contatto reale tra le persone, però, prevale ancora il buon senso, il rispetto reciproco anche se convenzionale. Nel mondo binario dello schermo di un computer, invece, la violenza, anche se non può mai diventare fisica, diventa strumento di comunicazione usuale. Ecco allora l’uso abituale del turpiloquio, l’insulto gratuito, l’eterna propensione ad attaccare anche quando non necessario. Quello che nella vita reale mai ci sentiremmo autorizzati a fare, con una tastiera in mano diventa normalissimo. Cade quindi una delle prerogative più positive della socializzazione elettronica, ossia la possibilità di dibattere liberamente sulle idee, per lasciar spazio alla violenza delle parole che blocca ogni forma di scambio intellettuale.
Purtroppo il fenomeno è dilagante e credo ogni utilizzatore dei social network possa verificarlo personalmente: ci sono individui, sempre più numerosi, che utilizzano la violenza verbale scissa da ogni razionalità per accedere a discussioni anche accese ma sempre incanalate sul tema specifico e improntate sul rispetto reciproco. I violenti della tastiera non partecipano alla discussione, non perdono tempo a leggere quanto già è stato scritto, si accontentano di cogliere il senso generale da un titolo o da qualche parola letta frettolosamente, e entrano nel dibattito a gamba tesa usando l’offesa, la parolaccia, l’insulto gratuito, tutto ciò quasi sempre formulando pensieri ovvi e qualunquistici.
Le conseguenze sono serie: se da un lato in questo modo la discussione muore, dall’altro il sistema si fa sempre più tollerato e condiviso tanto da divenire modus operandi anche per chi ricopre ruoli istituzionalmente avulsi  a questi toni. Così il politico cala il livello del proprio eloquio, il giornalista abbassa la qualità del parlare e la gente comune, che pure vorrebbe rimanere in canoni di discussioni rispettosi, o si adegua o batte in ritirata. È un fenomeno in crescita che va arginato, magari col semplice strumento della moderazione del dibattito: chi non rispetta la dignità dei partecipanti e l’intelligenza del discorso vada bloccato ed espulso.

Luca Craia