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mercoledì 28 settembre 2016

Il ponte di Messina e i volontari richiedenti asilo



Non sono un esperto di economia per cui vi trasmetto il mio dubbio, che è il dubbio dell’uomo di strada, che fa due conti e che magari questi conti non tornano. Magari qualcuno più ferrato di me in questioni macroeconomiche e in economia del lavoro può darmi qualche lume.
Il dubbio che mi pongo riguarda la dicotomia tra quanto afferma il Premier sul ponte di Messina e la politica di integrazione dei migranti. In sostanza, non riesco a capire perché si vorrebbe fare, almeno a chiacchiere, il ponte sullo stretto, non tanto per la necessità che si senta dello stesso, quanto per creare posti di lavoro e, nello stesso tempo, si siglano accordi periferici, sventolati in pompa magna, come nel caso del Comune di Montegranaro, per impiegare i richiedenti asilo come lavoratori volontari.
Se è vero che spendere soldi pubblici, tanti, per creare una struttura costosissima, antieconomica, molto probabilmente inutile, di impatto ambientale criminale, potenzialmente pericolosa e poco duratura nel tempo, sarebbe comunque cosa buona in quanto darebbe lavoro a centinaia di persone, è anche vero che, utilizzare e, se vogliamo, sfruttare i richiedenti asilo per lavori socialmente utili senza pagarli, pur facendo risparmiare qualche centesimo alle casse dello Stato, nella fattispecie, dei Comuni, posti di lavoro ne toglierebbe.
Perché, vedete, io che non capisco quasi niente di economia, ho l’impressione che i lavori socialmente utili svolti gratis dai volontari involontari richiedenti asilo, non ci fossero i volontari involontari, li farebbe qualcun altro, magari pagato, quindi in questo modo è vero che si risparmia, ma si togliere lavoro, creando conseguentemente un danno, piccolo o grande che sia, all’occupazione e al PIL. O no?

Luca Craia

mercoledì 29 giugno 2016

Il problema dell’ “Hotel Haus” si sposterà al centro storico? Allora sarà risolto.



Siamo in molti a temere che la questione del palazzo Leombruni-Botticelli, il cosiddetto Hotel Haus nostrano, andrà a interessare (e ad aggravare) il centro storico. Le cinque famiglie che sembrerebbero rimaste senza alloggio, anche se a tutt’oggi nessuno le ha cacciate e avrebbero tutto il tempo di trovare una nuova casa, molto probabilmente andranno a chiedere sostegno ai servizi sociali comunali. Questo potrebbe significare che il Comune provvederà a trovare un alloggio provvisorio che, visto come vanno di norma le cose, diventerà di fatto definitivo. E gli alloggi disponibili sono tutti nel centro storico.
In questo modo si risolverebbe il problema delle famiglie senza casa ma si aggraverebbe quello della ghettizzazione del centro storico. Ora mi aspetto il solito coro dei benpensanti pronti a dare del razzista a chiunque soltanto osi toccare l’argomento ma, come ho più volte dichiarato, penso che la concentrazione di cittadini stranieri, specie della stessa etnia o della stessa matrice culturale, in una zona urbana ben definita equivalga alla costruzione di un ghetto. E costruire un ghetto è razzismo, porsi il problema no.
In questo modo il centro storico di Montegranaro diventerà ancora di più città araba, gli Italiani che vi risiedono diventeranno ancora di più ospiti a casa loro ma, soprattutto, gli stessi stranieri non avranno alcun motivo o stimolo per cercare di integrarsi. E questo è male per tutti.
Solo che, se tutto ciò accadrà nel centro storico, quartiere sconosciuto soprattutto alla politica e al governo cittadino, sarà come se il problema fosse risolto. Occhio non vede cuore non duole, e quello che accade nel centro storico, purtroppo, lo vede solo chi ci vive.

Luca Craia

martedì 7 giugno 2016

L’integrazione a Montegranaro. Bene i corsi, male il resto.



Torno sull’argomento integrazione dopo aver letto la soddisfazione espressa dal nostro Sindaco e dall’Amministrazione Comunale per la buona riuscita del corso di lingua italiana per donne straniere. Vista la partecipazione e i risultati va detto che l’iniziativa merita un plauso. Il problema della lingua è serio e costituisce una delle barriere più importanti per l’integrazione dell’immigrato e, se vogliamo riuscire ad avere una reale integrazione, va risolto. La comunicazione e la reciproca comprensione è imprescindibile. Quindi molto bene per l’iniziativa ben riuscita.
Il problema, però, è che l’integrazione necessità di altri importanti interventi e non pare di vedere alcuna volontà di effettuarli, anzi. Ad esempio: collocare tutti gli extracomunitari in un'unica zona, come il centro storico o alcune vie circostanti, è pura ghettizzazione. Non mi sembra di vedere alcuna volontà di mettere mano alla questione.
Poi leggo dell’assessore Basso che intende promuovere degli incontri ad hoc per spiegare i meccanismi della differenziata agli stranieri, il primo fra i quali a cura dell’Imam. Ritengo la cosa estremamente sbagliata, in quanto lo straniero non deve avere questo genere di tutele, ma deve essere indotto a integrarsi, a frequentare la vita sociale e civile del paese in cui vive. Era importante far partecipare gli stranieri agli incontri comuni, cosa non avvenuta. Fare delle riunioni apposta per loro è, ancora una volta, una ghettizzazione. Occorre distinguere il buonismo ipocrita dalla reale volontà di integrare. Mi pare che ancora si faccia confusione.

Luca Craia