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martedì 27 gennaio 2015

A che serve il Giorno della Memoria?



A cosa serve il giorno della memoria? A cosa serve ricordare l’olocausto anche se sono passati decenni? A cosa serve celebrare questa giornata, riportare alla memoria gli orrori dell’ultima guerra mondiale, rivedere quelle foto ingiallite, sfocate, vecchie, riascoltare ancora una volta le testimonianze? Ancora serve?
La memoria deve essere collettiva. Non può essere di una o di un’altra parte politica. Ricordare cosa è accaduto a milioni di ebrei serve a evitare che questo si ripeta, a creare una coscienza collettiva che ripudi e aborrisca ogni forma di violenza. La memoria dell’olocausto deve accomunare tutti gli olocausti, sia quello più terrificante che è stato quello nazi-fascista che quelli che si sono succeduti nella storia senza sosta fino a oggi e tutte le stragi condotte in nome di un’ideologia. Ha senso celebrare il Giorno della Memoria solo se questo riesce a unire persone di diverse estrazioni politiche e culturali in un’univoca condanna della violenza politica.
Oggi purtroppo questo ancora non accade e ogni anno assistiamo alla stucchevole gara nel confrontare quale sia la violenza più grande della storia: l’olocausto degli ebrei, le foibe, le stragi del regime comunista sovietico, i genocidi razziali, per giungere alla politica attuale, in particolare a quella medio-orientale, usando le violenze riconosciute di una parte come per giustificare le violenze dalla stessa parte subite in passato.
Questa mentalità è perversa. Questa mentalità è la stessa che portò Hitler alle politiche di sterminio razziale. Questa mentalità è pericolosa perché ancora giustifica la violenza e, quindi, giustificherebbe chi la pratica per sostenere idee comuni.
Anche a questo serve il Giorno della Memoria: a evidenziare quali sono, ancora oggi, le posizioni pericolose e a distinguerle dalla mentalità positiva e costruttiva. Serve a mettere a nudo i violenti, siano essi solo culturalmente tali. Serve a isolarli. I nostri giorni stanno facilitando la cultura della violenza. Il Giorno della Memoria serva a ricordarci quali possono essere le conseguenze di queste culture e queste mentalità.

Luca Craia

domenica 27 luglio 2014

Che fine ha fatto Casapound a Montegranaro?





Il quesito me lo pongo da tempo e un po’ sono preoccupato: che fine ha fatto Casapound a Montegranaro? L’attivissima organizzazione di estremo centro, i fascisti del terzo millennio, che tanti adesivi hanno appiccicato in giro per la città, che tanti muri hanno decorato con le loro preziose massime, che tante serate hanno allietato col loro leggiadro passo dell’oca non danno segno di sé da prima della campagna elettorale. Come mai?
Forse non hanno retto all’imbarazzo di dover scegliere tra ben tre liste a loro vicine. Infatti la lista di Basso presentava l’ex assessore Venanzi, attivissimo membro dell’associazione fascista, la lista Gismondi è sempre stata vicina amorevolmente alla Tartaruga e la lista Stranamore non nasconde (tutt’altro) una forte (e se dico forte intendo forte) componente di destra nemmeno tanto moderata. Qualsiasi delle tre avesse vinto il movimento sarebbe stato rappresentato. E così è stato.
Appagamento quindi? Soddisfazione che porta alla quiete politica? Magari, significherebbe che non vedremo più i segnali stradali imbrattati da appiccicose tartarughine, i muri imbrattati da scritte e manifesti abusivi, consigli comunali intervallati da coreografie da terzo reich. O no?

Luca Craia

mercoledì 4 giugno 2014

Che speranze, povera Italia?



Che speranze abbiamo, povera Patria nostra, di vederti salva, al sicuro dalle grinfie di questi malfattori che ti stanno depredando? Come facciamo a non cadere nel qualunquismo quando assistiamo al quotidiano saccheggio della nostra casa comune da parte di chi l’amministra per nostro conto, senza distinzioni di estrazione culturale o politica? Che futuro possiamo augurarci quando vediamo da nord a sud una banda di criminali che imperversa nei comuni, negli enti pubblici, nelle commissioni, nelle associazioni? Che futuro possiamo desiderare per i nostri figli vedendo la nostra classe dirigente incapace di affrancarci, il nostro mondo produttivo incapace di reagire, la nostra potenzialità creativa e imprenditoriale surclassata, la nostra dignità internazionale calpestata a causa della manifesta incapacità di chi dovrebbe tenerne alto il nome?
E la speranza dove potrebbe essere riposta? In un urlatore, imprecatore, turpiloquista come Grillo? O in un delirante demagogo come Casaleggio? O in un imbonitore piacione come Renzi? In un puttaniere come Berlusconi? In fascisti malcelati, comunisti mai pentiti, qualunquisti, mezzetacche, elettori appassionati da quarantottore, attivisti disattivati a urne chiuse? O forse saranno quei ragazzi che, talvolta sbagliando, stanno cercando di fare qualcosa? La speranza è nell’affrancarsi dalla denuncia pura e passare alla proposizione, al progetto realizzabile, al confronto costruttivo, alla volontà di sederci e progettare il futuro. Piccola, fragile speranza, ma nutriamola, ancora per un po’. Non facciamoci portare via pure questa dai ladroni di Roma, Milano, Venezia e d’ogni dove di questo sciagurato amato Paese chiamato Italia.

Luca Craia

venerdì 17 gennaio 2014

Cosa c’entra il Duce coi Marò?



Siamo alle solite. In Italia massacriamo tutto perché dobbiamo per forza marchiare politicamente qualsiasi cosa, sfasciandoli, ridicolizzandola, annichilendola. Prendiamo ad esempio la protesta dei cosiddetti Forconi: legittima, condivisibile in linea di principio, si è infranta contro gli scogli delle faziosità, con i soliti fascisti che si infiltrano dappertutto (a questo punto viene da chiedersi “mandati da chi?”) e la politicizzazione più bieca di un moto spontaneo che spontaneo non è più proprio per questo. Che dire del dissenso verso la Kyenge? Se non sei fascista non puoi dire che osteggi la politica del ministro perché verresti immediatamente etichettato.
Solo che, nel caso dei Marò, ci vanno di mezzo due vite umane. Vanno bene gli appelli, vanno bene le mobilitazioni, le proteste, le manifestazioni, ma come al solito ci sono i soliti fascisti che mettono il timbro e creano imbarazzo in chi fascista non è. La mobilitazione popolare per chiedere la liberazione dei marò non può essere etichettata come iniziativa di destra, men che mai come fascista. Eppure eccoli là, vuoi per pochezza intellettuale, vuoi per calcolo, stanno prendendo possesso anche di questa situazione e, sicuramente, ne sbricioleranno l’impatto marchiandola come fascista. E a pagarne le spese saranno i due militari italiani.

Luca Craia