domenica 30 novembre 2014

Gli equilibri instabili della maggioranza e l’ansia di nuove nomine.



Che la maggioranza che governa Montegranaro si regga in piedi su più di una stampella è chiaro come il sole; come, del resto, era chiaro che avrebbe avuto un equilibrio instabile sin dalla progettazione di una coalizione così eterogenea e composta dalle molteplici facce della sedicente sinistra – che già da sole male si accordano – più una componente di destra neanche poco estrema. Ma ci domandavamo cosa c’era dietro all’ansia di nominare un nuovo CDA per la casa di riposo comunale. La risposta comincia a venire fuori. Non che ce ne fosse bisogno: chi capisce un po’ di politica sa come vanno certe cose.
Il fatto è che già circolano i nomi dei papabili al posto dell’uscente forzato presidente della fondazione, Lucio Melchiorri, che avrebbe sì, a norma di legge e di logica quasi un anno ancora di carica ma che deve essere sacrificato in anticipo per saziare appetiti e mantenere in piedi un governo che, altrimenti, si fracasserebbe sul selciato di piazza Mazzini, salvo che Melchiorri, com’è auspicabile, faccia valere le sue ragioni, se non altro, per una questione di principio.
I nomi che circolano non li faremo ma già circolano, fidatevi. E sono nomi noti, tutti riconducibili a parti, frazioni, frammenti di questo composito schieramento. Ogni nome accontenterebbe una parte. C’è da vedere chi si accontenterà e chi no, cosa avverrà a nomina avvenuta, chi sarà soddisfatto e chi non lo sarà. E c’è da vedere chi non lo sarà cosa farà di conseguenza.
In effetti, i vari mal di pancia che si erano palesati negli ultimi mesi si sono ultimamente placati non per il miracoloso effetto di qualche farmaco antispastico ma proprio per l’attesa di vedere chi poteva ottenere cosa. Tra un po’ i nodi verranno al pettine e vedremo se ci sarà stata la capacità di accontentare tutti o no. Certo il PD è contento: ha piazzato un vicepresidente in provincia coi voti del centro-destra (grazie a questo bizzarro sistema che ha salvato le abrogate province) e questo può essere appagante. Ma Sel ha le sue pretese, il centro del Presidente del Consiglio anche, mentre il Vice Sindaco e il suo inesauribile appetito cerca di piazzare altre pedine di peso. Qualcun altro sembra essere già stato fatto contento con incarichi veniali ma di visibilità mediatica.
L’unico che non ha pretese, per ora, è quello che fa da ruotino di scorta, che appoggia all’esterno, che ha detto, fin dall’inizio di questa stramba avventura, “contate su di me, quel che accada”. Non sembra che Basso cerchi nomine comunali: evidentemente punta ad altro, magari a votazioni a venire nel 2015. E nel 2015 ce ne sono di importanti. Ad’è un manicomio…

Luca Craia

Le Vergare - aggiornamento al 30/11/2014








venerdì 28 novembre 2014

Dario Villasanta : L’imperfezione di una pena - di Anna Lisa Minutillo



Mi sono occupata di questa giovane penna un po’ di giorni fa,abbiamo parlato del suo libro Angeli e Folli ma dietro a questo racconto basato sulla scrittura e sulla realizzazione di questo suo secondo libro si nascondeva molto altro,ne avevo il sentore ascoltando le sue parole che alternavano silenzi e rincorse del cuore quando mi parlava della sua vita ed indubbiamente di accadimenti pressoché particolari la vita di Dario ne è costellata ,meritevole di attenzione a mio avviso ma quell’attenzione che deve andare oltre la semplice lettura,il semplice commento, quell’attenzione che deve farci fermare a riflettere perché a volte avere due minuti di riflessione e poi continuare a vivere imperterriti non basta,serve altro qui :serve cuore ma serve anche azione e cerchiamo insieme di capire perché.
Snocciola parole Dario, parole che faccio fatica a fermare,parole che riempiono fogli alla velocità della luce,parole che sto interiorizzando da giorni e che cerco di fare mie per non diventare solo una osservatrice che passa,guarda e se ne va,parole che a volte dure a volte disperate mi danno la netta dimensione di quanto la vita possa assumere forme strane a volte. Dario è una persona come tante altre ,incensurato fino al 2007 ,una vita tranquilla colorata di passioni,di esperienze di voli ed amori.
Cerca di resistere agli urti della vita Dario,alle prove che la stessa gli impone di superare per vivere, a volte con buoni risultati ,altre con momenti di depressione e di scoraggiamento a causa di questi momenti decide di recarsi suo malgrado in psichiatria poiché senza tetto prima dell'opg e di tutte le varie vicende che si sono susseguite in attesa di poter sapere se avrebbe potuto restare fuori in affidamento.
Si lotta nella vita,si alternano stati di felicità a disincanto,illusioni e sogni spezzati e così anche Dario in un periodo di stress accumulato per tante problematiche inizia a diventare “ribelle” ed a dimostrare questo suo disagio ,rompendo una porta,tentando di attirare in qualche modo l’attenzione su un suo disagio ,subisce piccole condanne per questi reati fino a che un giorno si trova a passare davanti ad un auto che ha i vetri rotti a causa della “visitina”che qualcuno più disperato di lui gli aveva fatto pochi attimi prima.
Stava passando da li Dario e stava osservando quanto accaduto fino a che una signora lo guarda poiché si trovava a passare anch’essa nelle vicinanze di quell’auto , una di quelle signore che se si fosse trattato di segnalare un’aggressione allo stesso probabilmente si sarebbe ritirata in buon ordine ,invece questa signora lo segnala per aver compiuto un furto che lui non ha compiuto e che non gli appartiene.
Le tensioni aumentano nella vita di Dario l’unica cosa che al momento sembrerebbe andare bene è l’amore ,si trasferisce a casa della sua compagna e nonostante i domiciliari che sta scontando per via di questi tentati furti(a suo dichiarare mai commessi) e per questo danneggiamento ad una porta la vita prosegue.
Una sera la sua compagna rientra a casa dopo aver subito un’aggressione,lo stesso non si può spostare da casa per denunciare l’accaduto e chiama i vigili urbani da qui scaturisce una discussione accesa con uno di essi e la reazione del Villasanta che lo colpisce con uno schiaffo .
Questo gesto fa scaturire tutta una serie di dinamiche particolari,Dario viene ritenuto un soggetto socialmente pericoloso e gli viene inflitta una misura di sicurezza e non una pena detentiva.
Le due cose differiscono fra loro perché la prima comporta lo sfociare in un internamento OPG e può protrarsi all’infinito arricchendosi ed ampliandosi sempre per via di dichiarazioni di assistenti sociali o per volere dei giudici,mentre la pena detentiva può avvalersi dei benefici di legge e consentire ad esempio vengono scalati dalla pena 45 giorni ogni tre mesi. Il vigile si costituisce parte civile e Dario potrebbe risolvere la faccenda invece lui si assume la responsabilità di quanto commesso ed è pronto a pagarne le conseguenze che onestamente forse sono un pochino esagerate sebbene la violenza non sia mai da accettare e nemmeno da condividere.
A Dario tocca la semi infermità mentale per via dello stress accumulato al momento del fatto,il suo rapporto d’amore si conclude e la sua convivente decide di troncare questa relazione non ospitandolo più presso di se a Dario spetta un anno di OPG presso la struttura di Castiglione delle Stiviere (MN) ove entra nel Maggio del 2009 e ne esce nel 2010 o meglio sarebbe dimissibile nel Settembre del 2010 ma questo non può accadere per via del fatto che Dario con la fine della convivenza ha perso il suo domicilio.
Manca in tutta questa vicenda l’umanità,manca la presa in cura da parte dei servizi sociali attivi sul territorio che per legge dovrebbero occuparsi di queste situazioni prendendo almeno contatti con la psichiatra che lo ha in cura ,manca il sostegno della comunità ,manca ciò che eravamo e non siamo forse più persone.
Nel 2011 Dario passa dall’ 'opg alla cpf Gonzaga, altresì chiamata SLIEV, e distaccamento dell'OPG. Non si vivono momenti facili all’interno di queste strutture,circondati da persone che vivono delle realtà a livello di salute con problematiche reali e concreti differenti da quelle di troppo stress accumulato da Dario e della sua predisposizione all’essere un po’ depresso,se poi si mette in conto che con l’avvento della crisi il personale specializzato che opera presso queste strutture viene sostituito spesso dagli OSS che svolgono si un buon lavoro ma mai paragonabile del tutto a quello di persone competenti e magari attive nel settore già da molti anni forse si riesce a comprendere quali e quanti momenti particolari si sia ritrovato a vivere Dario in una struttura di questo tipo.
Il racconto di Dario ci porta fino al 2013 quando tramite i servizi territoriali Dario giunge a Varazze presso la struttura Redalloggio dove Dario vive in una stanza condivisa e dove gli ospiti si autogestiscono rispettando però le regole del vivere in comunità che va dalla disponibilità nel fare la spesa e nel tenere in ordine gli spazi ,così come pure gli orari di uscita vengono concordate prima con il personale.
Nel 2013 comunque decade per mano delle commissione atta al riesame e per opera del magistrato la condanna alla pericolosità sociale del Villasanta.
A questo punto Dario potrebbe tranquillamente lasciare la struttura presso cui viene ospitato ma a causa delle sue condizioni di salute che lo vedono portatore di patologie importanti alla schiena tanto da fargli percepire dall’Agosto 2014 una pensione di invalidità pari a Euro 289 mensili quindi all’impossibilità di riuscire a trovare un’occupazione che gli garantisca una sopravvivenza degna ed alla mancanza di un proprio domicilio condizione fondamentale per potersi riprendere in mano le redini della propria vita ,lo stesso si ritrova a “vivere” in un contesto che sebbene lo aiuti da una parte offrendogli in tetto e del cibo ,lo impatta dall’altra poiché condividere i propri spazi con soggetti problematici non è il massimo della vita.
Lo scrivere deve avvenire in fasce orarie che non sono mai programmate e spesso interrotte dalle lamentele degli altri ospiti per via dell’utilizzo della luce poiché magari le altre persone vorrebbero riuscire a riposare tranquillamente e questo è solo uno dei tanti aspetti che continuano a rendere la vita in questa condizione alquanto discutibile.
Non spetta a noi giudicare se le strutture che hanno ospitato Dario si avvalgono di personale competente ,così come pure non spetta a noi giudicare se le stesse hanno un accreditamento da parte della Regione per poter esercitare correttamente una rieducazione ed una cura adeguata ai propri ospiti.
Non spetta a noi entrare in polemica con meccanismi ed ingranaggi burocratici più grandi di noi e noi si sa infondo siamo poca cosa e di certo con poche parole non potremmo far nascere nel cuore di chi non la possiede per svariati motivi una sensibilità differente.
Lo scopo di questo racconto è solo quello di far emergere una condizione di vita/non vita rovinata da reati che in confronto a ciò che sta accadendo a questo paese martoriato dalle ingiustizie di ogni tipo a cui assistiamo inorriditi fanno “quasi “sorridere.
Lo scopo di questo racconto è quello di far comprendere che non si possono perpretare delle ingiustizie di questo tipo a chi crede nella giustizia umana tanto dal farsi carico del reato commesso senza accettare il proporsi del vigile a cui è stato inflitto il danno come parte civile e “scamparsela”allegramente.
Lo scopo di queste parole che Dario ha condiviso in modo accorato con me è quello di non voler passare per vittima ma di far notare che così come Dario si è preso la responsabilità degli atti commessi nello stesso modo ognuno si dovrebbe prendere le proprie responsabilità dal giudice,allo psichiatra,ai servizi sociali,le dichiarazioni di individuo socialmente pericoloso si possono fare anche in modo verbale senza tenere conto di quanto una trascuratezza di questo tipo poi si ripercuota sulla vita dei diretti interessati .
Siamo alle battute finali di questo racconto ed io personalmente mi sento come svuotata per l’ennesima volta nel constatare ciò che temo accada e cioè dall’indifferenza che circonda e alberga in tante anime che non pensano mai che ciò che accade agli altri,per circostanze fortuite potrebbe accadere anche a noi.
La situazione politico/sociale di questo paese non aiuta di certo e Dario ci sta provando in tutti i modi a riscattarsi ma così ,da solo proprio non c’è la fa.
La legge impone un’assunzione a tempo indeterminato per soggetti che hanno avuto i suoi problemi,non tanto per le pene detentive scontate ma per la misura di sicurezza adottata nel suo caso,con Gennaio dovrebbe cambiare la legge ma fino a che non lo si vedrà con i propri occhi Dario si ritroverà a vivere in questo modo,senza nessuna possibilità di riscatto e di reintegro sociale e questa cosa lo fa star male poiché lui ha tutta la volontà di rimettersi in gioco e di credere nelle sue potenzialità ma anche nella generosità e nella comprensione di chi lo ha letto fino a qui.
Resteranno solo parole queste? Si potrà sperare che i servizi sociali (gli stessi che asseriscono il disagio di Dario come persona) tornino o inizino a rioccuparsi di lui e del suo male di vivere?
E noi? Cosa possiamo fare noi? Io non sono riuscita a far finta di nulla ,mi sono occupata di lui poiché mi piace il suo modo di scrivere ,come lo fa e ciò che dice potremmo sensibilizzarci ed acquistare il suo libro come dono di Natale per qualche amico/a ad esempio,potremmo dare lui una mano a livello economico con piccole donazioni a questo conto corrente
• Conto Corrente 100000015713 intestato a: Villasanta Dario Stefano IBAN: IT65V0306949541100000015713 BIC: BCITITMM.
• FILIALE - VARAZZE 17019 - VIALE NAZIONI UNITE, 3 - VARAZZE tel: 019935211

Potremmo guardare anche questo video per comprendere qualcosa in più….
.


e potremmo anche vergognarci un po’ che non fa mai male.
Anna Lisa Minutillo

P.S : Ovviamente il racconto di Dario Villasanta è tutto documentato e documentabile questo lo aggiungo per dovere di correttezza e di cronaca

giovedì 27 novembre 2014

Finalmente libera! Rimossa l’impalcatura da SS.Filippo e Giacomo

Gli abitanti della zona, i passanti e chiunque dal basso abbia alzato lo sguardo verso il centro velato di nebbia stamattina hanno avuto una piacevole sorpresa. Infatti ieri sera è stata rimossa l’impalcatura che circondava la chiesa della Prioria dopo due anni dall’inizio dei lavori di restauro. La rimozione era attesa da tempo perché i lavori sono sostanzialmente terminati fatta eccezione per alcune piccole rifiniture ma il ponteggio era ancora necessario per la sicurezza e per il trasporto del materiale da via Sant’Ugo all’interno della chiesa.
Ora finalmente possiamo rivedere SS.Filippo e Giacomo senza la cintura metallica che per due anni l’ha ricoperta per metterla in sicurezza, scongiurare il concreto rischio di crollo che si era manifestato recentemente e consentire di riportarla all’antico splendore e alla disponibilità dei Montegranaresi. A questo punto attendiamo la riapertura.
Il restauro era partito due anni fa per una decisione coraggiosa di don Umberto che si assunse, sostenuto dalla Curia di Fermo, l’onere di un grosso finanziamento che andasse ad aggiungersi a quello stanziato dalla CEI. Tutto ciò era indispensabile e improrogabile perché il tetto del tempio, a causa di un precedente restauro mal progettato e mal eseguito, rischiava di cadere e i segni dell’imminente pericolo erano ben manifesti (crepe, cadute di materiale).
Oggi i lavori sono pressoché finiti ma manca il restauro estetico della cinta bassa. Infatti si è provveduto a risanare tutte le tempere della volta e gli stucchi alti. Mancano però le tempere laterali, gli altari e, soprattutto, la magnifica pala dell’altare maggiore. Per questo servono altri soldi e don Sandro sta studiando le modalità tramite le quali reperirli. Speriamo che i Montegranaresi si dimostrino sensibili e sostengano il recupero totale di questa che può essere considerata la chiesa storicamente più importante del paese, dimora di Annibale Caro, luogo frequentatissimo da sempre che ha visto battesimi, matrimoni e funerali di miriadi di nostri concittadini.
Noi di Arkeo ci siamo già resi disponibili, già col concerto di domenica scorsa tramite il quale abbiamo raccolto delle offerte interamente destinate a questo scopo. Altre iniziative sono in cantiere, come un concerto in teatro di un famoso gruppo di musica pop-demenziale (non voglio anticipare altro), visite guidate studiate ad hoc e molte altre idee in corso di progettazione. Sosteneteci.

Luca Craia

mercoledì 26 novembre 2014

L'amico che non c'è (a Mario)



Vieni. Siediti. Prendi un po’ di vino.
Non ci vediamo da quasi vent’anni.
Cosa abbiamo fatto in questo tempo?
Io sono cambiato, tu no.
Io sono ingrassato, ho perso i capelli, tu no.
Tu non hai potuto.
Io mi sono sposato, ho messo al mondo dei figli. Tu no.
Io ho lavorato, cambiato lavoro, cambiato modo di vedere. Tu no.
Io ho sposato cause, cambiato opinioni, preso decisioni. Tu no.
Io ho speso il mio tempo, perso tempo, vissuto il mio tempo. Tu non hai potuto.
Cosa hai fatto tu, amico mio?
Hai osservato tutto questo con distacco?
Hai mai provato la voglia di sentire quello che sentivo?
Hai mai provato ad essermi al fianco?
A volte ti ho sentito, sai? A volte ti ho visto.
A volte mi sono chiesto cosa avresti fatto tu.
A volte ho visto quello che avresti fatto tu.
A volte sono stato d’accordo con te. A volte no.
Avrei voluto poter litigare con te su tante cose.
Insultarti e farmi insultare da te.
L’abbiamo fatto tante volte. Mi è mancato.
Dov’eri tu, amico mio? Dove sei ora?
Prendi un altro bicchiere di vino.
Dimmi cosa faresti tu, dimmi cosa tu non faresti.
C’è sempre stato un posto vuoto a tavola.
Anche quando abbiamo smesso di parlare di te.
Ci sarà sempre quel posto vuoto.
Non abbiamo mangiato la tua parte.
Non abbiamo tolto la sedia e le posate.
C’è un luogo nella memoria e nel cuore
dove sono sicuro di trovarti sempre.
Prendi un po’ di pane.
Sono quasi vent’anni che non ci vediamo
e ho così tanto da dirti.

Razzismo e realismo. L’estremizzazione del problema immigrati danneggia tutti.



Vi riporto un messaggio inviato sulla pagina Facebook dell’Ape da una lettrice. Lo riporto integralmente e poi vorrei usarlo come base di partenza per un breve ragionamento:

“Racconto quello che mi è capitato stamattina al mercato: sto in piazza San Serafino. Mentre cammino mi sento dietro le spalle un vocione che dice: “mi dia qualcosa”. Mi giro: un nero - niente contro i neri, preciso. Sincera non portavo un soldo, mi stavo facendo solo un giro per il mercato, non è detto che si va sempre in giro con i soldi, gli ho risposto che non portavo una lira. Mi giro a mezza faccia lo vedo che fa il segno di darmi un calcio. Aveva una faccia cattiva. Parlando con alcuni piazzisti mi hanno detto che questo gira spesso e che molti cominciano ad avere paura. Beh, io non ho visto in giro un vigile urbano, vorrei sapere cosa fanno tutto il giorno”.

Tralascio il commento sui vigili urbani che, purtroppo, come sappiamo, sono fortemente sotto organico e non possono controllare capillarmente il territorio come dovrebbero. Parto da questo racconto che, forse, è uno come tanti che si sentono in giro, per analizzare la questione dei rapporti tra Italiani e immigrati. Nella fattispecie il questuante è un nero ma potrebbe essere stato di qualsiasi razza. Potrebbe essere anche stato italiano anch’egli e questo avrebbe probabilmente spostato la percezione del pericolo anche se non l’avrebbe certo annullata.
Il punto a cui vorrei brevemente giungere è questo: sulla questione dell’immigrazione si stanno estremizzando le posizioni. Da una parte ci sono i garantisti, che per puro principio vorrebbero la massima apertura verso coloro che vengono in Italia in cerca di una vita migliore. Dall’altro ci sono i cosiddetti “italianisti”, ossia coloro che rigettano totalmente l’idea di accoglienza degli immigrati suffragati dai problemi connessi alla crisi economica. Nel mezzo non si sentono voci.
La questione, invece, è piuttosto complessa e, come sempre, la realtà va analizzata con una mediazione delle due posizioni. Non è mia intenzione farlo in questa sede, ma credo che l’estremizzazione di queste interpretazioni stia danneggiando prima di tutti gli immigrati stessi. Infatti, la percezione che il cittadino mediamente ha della figura dello straniero è esemplificata splendidamente dal racconto di cui sopra. È evidente che personaggi “diversi”, senza lavoro, senza fissa dimora, possano generare ansia e sensazione di pericolo. E questa sensazione è esatta, non è frutto di razzismo ma della constatazione di un dato di fatto. L’uomo descritto dalla nostra amica rappresenta davvero un problema.
L’esasperazione delle posizioni e dei messaggi mediatici che arrivano su questo argomento acutizzano, però, queste percezioni non perché siano inesatte ma perché le fanno tendere alla generalizzazione. Da qui qualsiasi straniero diventa un pericolo. Invece è necessario distinguere le varie situazioni. Diventa quindi indispensabile una regolamentazione legislativa molto più precisa dell’attuale, che distingua i veri rifugiati dai semplici immigrati, che dia il massimo sostegno umano a chi ne abbia bisogno ma che non vada mai a ledere i diritti dei cittadini italiani. L’Italiano deve sentirsi tutelato dal proprio Stato, solo in questo modo potrà serenamente accettare lo straniero. E il primo a beneficiarne sarà proprio quest’ultimo.

Luca Craia

Gomma tagliata: il solo sospettare è un segnale preoccupante



Prima di tutto voglio esprimere solidarietà ad Aronne Perugini perché, per quanto forse poca cosa, trovarsi una gomma tagliata può far male e sospettare che qualcuno te l’abbia tagliata apposta può fare ancora più male. Ciò detto vorrei fare due considerazioni sul fatto.
In effetti potrebbe essersi trattato di un incidente. Le tre gomme superstiti sembrano sgombrare il campo dall’atto intimidatorio diretto alla persona specifica (nella fattispecie l’assessore ai lavori pubblici di Montegranaro e vicepresidente della Provincia di Fermo): se si vuole danneggiare lo si fa sul serio. Ricordo le gomme tagliate a Gianni Basso qualche anno fa durante la campagna elettorale. In quel caso le tagliarono tutte e quattro. Potrebbe essere stato un atto vandalico di un balordo che, colpendo a caso, ha colpito proprio uno dei politici più importanti in paese e in provincia.
Però il solo pensare a un atto intimidatorio, a un’azione violente diretta contro un amministratore, un politico, uno che si occupa della cosa pubblica, è un segnale che deve far preoccupare. Perché il primo pensiero di tutti (alzi la mano chi non l’ha pensato) è stato rivolto all’intimidazione? È questo il punto: il clima è troppo teso. La dialettica politica è normalmente portata all’estremo durante la campagna elettorale. Nel nostro caso, poi, abbiamo assistito ad una propria guerra verbale tra i vari schieramenti prima delle elezioni. Ma questa tensione dialettica non è mai più scesa, anzi.
E va detto, a onor del vero, che l’attuale maggioranza fa di tutto per mantenere alta la tensione, quasi stesse ancora all’opposizione, anzi, con maggior durezza di quanto ha fatto mentre, nella passata consiliatura, era davvero all’opposizione. Aronne Perugini è forse il rappresentante più pacato, educato e rispettoso di questa coalizione ma molti rappresentanti del governo cittadino non perdono occasione per mantenere elevata quando non innalzare ulteriormente la tensione politica, attaccando a destra e a manca anche i privati cittadini. L’opposizione non è da meno ma ciò è più consono al ruolo. Credo che, si sia trattato o no di un atto violento, l’episodio debba farci capire che forse è il caso di tornare a un dibattito politico più civile e rispettoso, partendo dalle cariche più alte. Per il bene di tutti.