venerdì 10 gennaio 2014

Anche in via Solferino partono lavori di ristrutturazione.




Non è per vantarmi ma, come si dice da noi nel Piceno, daje daje… Sono partiti in questi giorni anche i lavori di ristrutturazione di un edificio in via Solferino oggetto di ordinanza di messa in sicurezza ormai da anni e puntellato dagli stessi anni. È un lavoro importante non tanto per il recupero dello stabile, che risulta di valore storico relativamente scarso, ma per l’urbanistica generale del centro storico nonché per la viabilità. Infatti, la casa insiste sulla strada di ingresso principale del centro storico basso, unica via d’accesso per la zona dell’ospedale vecchio. Recuperarla comporterà non solo un sensibile miglioramento estetico ma anche un vantaggio tangibile per la viabilità del quartiere. Visto anche lo stato avanzato dei lavori in via Don Minzoni e via Palestro direi che qualche progresso lo stiamo facendo. Ciò dimostra che la continua attenzione, la pressione, la segnalazione e anche le tanto vituperate polemiche sono necessarie e danno frutti. Per questo bisogna insistere.

Luca Craia


Spazio aperto ai candidati - La Casa di Riposo è insufficiente.



Di Walter Antonelli

In Italia vi è una emergenza sovraffollamento carceri a Montegranaro vi è un’emergenza sovraffollamento Casa di Riposo. I dati sono inequivocabili 21 posti per una popolazione di quasi 14.000 abitanti dato che relega Montegranaro  tra i paesi con l’offerta di posti più bassa di tutta la Regione. Conseguentemente vi sono 40 cittadini in lista di attesa ed altrettanti hanno dovuto migrare nei comuni limitrofi, sradicare un anziano nella ultima parte della sua vita dai luoghi natii è segno di una grave insensibilità verso gli anziani. Le Giunte Basso e Gismondi nonostante la costante e crescente richiesta della cittadinanza non hanno voluto o saputo rispondere in modo adeguato. Nonostante il buon lavoro del Comitato di Amministrazione la carenza è rimasta e i lavori appaltati recentemente per 350.000 euro di cui 200.000 della Casa di Riposo ed altri 150.000 fondi regionali serviranno ad adeguare gli standard di legge e migliorare il confort per gli ospiti.
Per me se mi ricandiderò  alle prossime elezioni risolvere questa criticità sarà una priorità.

Spazio aperto ai candidati



Essendo lo spirito di questo blog estremamente aperto e costruttivo, ho deciso di lasciare spazio a tutti coloro che intendano candidarsi alle prossime elezioni a Montegranaro e che vogliano trasmettere un messaggio ai cittadini elettori. Il blog rimane distaccato anche se, ovviamente, anche io ho le mie idee. Lo spazio, comunque, è aperto a tutti, anche a coloro che non mi troveranno d’accordo con i loro propositi.
Chi volesse usufruire di questa possibilità può inviare uno scritto a laperonza@fastwebnet.it autorizzando espressamente la pubblicazione.

Luca Craia

I Racconti della Marca Bassa - Giù dai monti




Marino arrivò in paese alla fine degli anni cinquanta con due paia di scarpe e una valigia di cartone.  Arrivò dalla montagna attratto, come tanti a quell’epoca, dalla possibilità di lavoro e ricchezza che l’incipiente miracolo economico. Arrivò per evitare una vita da contadino a tirar via pietre da un campo arso e avaro. Arrivò con la speranza o certezza di un avvenire migliore. Molte famiglie del paese in quel periodo affittavano camere a pensione a questi ragazzotti montanari un po’ rustici ma bravi e Marino si accasò da Nanni pattuendo un fitto equo per entrambi. Un suo parente, cugino della madre, che era arrivato qualche anno prima e che aveva messo su famiglia, gli aveva trovato un posto da garzone in fabbrica. Non sapeva fare nulla Marino, non aveva la minima idea di come si facesse una scarpa, ma aveva mani buone, buona volontà e capacità di apprendere veloce. Così gli fu facile pagarsi la pensione, il mangiare, e qualche panno per vestirsi un po’ più decente di quelli che s’era portato dietro dalla montagna.
Quelli del paese trattavano con la dovuta diffidenza i forestieri venuti a trovare lavoro, un po’ come oggi trattiamo gli immigrati e gli extracomunitari. Marino, però, era di carattere giocoso, buono di indole e di spirito pronto. E poi il suo accento era sì leggermente montanaro ma non più di tanto, cosicché dopo qualche settimana già non si capiva quasi più che fosse “di fuori”.  Non gli ci volle molto quindi per farsi amici dei giovani del posto. E cominciò a frequentare delle ragazze. A quell’epoca queste cominciavano ad emanciparsi, le gonne si accorciavano, gli abiti si facevano colorati e i caratteri più aperti. Così nella comitiva di Marino ce n’erano due o tre mica male. Carine, simpatiche e senza tanti pregiudizi.
Lorella era forse la più bellina, con quell’aria da ragazzetta e gli occhi maliziosi. A Marino piaceva proprio e sembrava che anche lui non le fosse del tutto indifferente. Lorella era figlia di operai ed aveva studiato fino alla terza media. Per Marino, che s’era fermato alla quinta elementare, era intelligente e colta oltre che bellissima. Non c’era mai stato nulla tra loro se non qualche battuta e un ballo ad una festa, ma già Marino fantasticava di matrimoni. E così sapeva che non era cosa facile, operai tutti e due, con la sua famiglia che dalla montagna certo non avrebbe potuto aiutare più di tanto e quella di lei che tanto meglio non se la passava: sette figli e uno stipendio.
Mimma era una ragazza bruttina, un po’ in carne, col seno prosperoso ma le gambe grosse e tozze. Aveva gli occhi azzurri ma lo sguardo cattivo. Mimma era figlia di famiglia benestante, commercianti i suoi, e aveva solo due fratelli. Aveva una bella dote e delle belle prospettive. Aveva anche una cotta micidiale per Marino che, però, non se ne avvedeva né, anche nel caso se ne fosse reso conto, avrebbe avuto alcun interesse, innamorato ormai di Lorella. Ma Mimma era ragazza tenace e quando voleva una cosa era abituata ad ottenerla. Così una sera, ad una festa che Marino aveva un po’ esagerato col vino, Mimma ottenne quello che voleva o, almeno, credette di ottenerlo.
L’atto fu consumato in un campo appena fuori le mura. Mimma toccò il cielo con un dito. Marino al mattino sì e no che se ne ricordava. Ma dovette ricordarsene presto perché il grembo di Mimma cominciò a lievitare e quei tempi su queste cose non si scherzava mica. Cominciarono subito i preparativi per il matrimonio. La famiglia di lei la prese piuttosto bene, considerando che la figlia difficilmente potesse puntare ad un partito migliore bruttina e sgraziata com’era. E poi il montanaro non era affatto male: bravo, educato e pure caruccetto. La famiglia di Marino non disse né a né o. L’unico chiarimento che il padre di Marino tenne a precisare fu che loro non avevano una lira e che il figlio si doveva arrangiare. Il padre della ragazza aveva una casa sfitta e la fece ripulire e risistemare per la figlia. Per il futuro genero aveva pronto un posto in bottega. I fratelli della sposa picchiarono un paio di pettegoli che avevano da fare battute sulla gravidanza della di loro sorella e tutte le chiacchiere di paese cessarono.
Ma Marino non era affatto felice e quando per strada incrociò Lorella e questa non lo salutò abbassando lo sguardo si sentì morire. Prese la lambretta che s’era comprato con i primi risparmi e andò a casa in montagna. Suo fratello maggiore gli disse la sua: non doveva sposarsi se non voleva. E quanto Marino gli disse che i fratelli della sposa l’avrebbero massacrato il suo di fratello gli consigliò di scappare a Milano, dallo zio Paolo che da anni viveva lì ed aveva un’avviata attività di commercio. Marino manco se lo ricordava lo zio, ma prese il telefono pubblico del bar della piazza e, armato di coraggio e disperazione, telefonò allo zio Paolo raccontandogli la sua tragedia. Lo Zio si disse più che disponibile di ospitarlo. Marino non tornò al paese ma andò diretto alla stazione e prese il primo treno per Milano.
La settimana successiva il caso del montanaro scomparso rimbalzata di porta in porta nel paese. Non si parlava d’altro e non c’era minaccia di botte o ghigni duri dei ragazzotti fratelli di Mimma per calmare lo scandalo. Nessuno sapeva dove fosse Marino ma sembrava evidente che fosse scappato. La Lambretta era stata notata davanti alla stazione e quello era chiaro indizio di fuga, non di disgrazia. I fratelli della sposa erano a dir poco infuriati: occorreva trovarlo e occorreva riportarlo a casa a fare il suo dovere. E la cosa che li imbestialiva di più è che, se l’avessero trovato, nemmeno potevano spezzargli le ossa: dopotutto era loro cognato. Ma una bella ripassata senza fratture gliel’avrebbero data, signorsì.
Furono interrogati i familiari di Marino e questi negarono di sapere dove il ragazzo fosse. Anzi, si dissero preoccupati per la sua sorte. Anche il fratello maggiore, architetto della fuga, si dimostrò ignaro delle sorti del promesso sposo. Promesso sposo che, intanto, a Milano s’era piazzato a casa dello zio che l’aveva accolto come un figlio e gli aveva dato pure un lavoro e uno stipendio passabile.
Passarono così due mesi, mesi in cui la pancia di Mimma lievitava e le chiacchiere non si assopirono. I fratelli della sposa non erano persuasi del fatto che i familiari del futuro cognato non sapessero nulla e tornarono in montagna. Trovarono il fratello di Marino a riposare seduto vicino la stalla. Anziché prenderlo con le cattive tentarono la carta del benessere e gli proposero di venire a sua volta a lavorare al paese, che loro lo avrebbero aiutato a trovare un buon posto e una buona casa e a patto che egli li avesse aiutati a sua volta a ritrovare il fratello in fuga. Fatto sta che in montagna cominciava a starsi davvero male. La campagna produceva poco, il lavoro era duro e il padre stava invecchiando e non era più quello di una volta. La proposta allettò il fratello di Marino. Si fece promettere che non sarebbe stato torto un capello allo sposo e spifferò tutto.
Marino tornò in paese senza fratture ma con qualche livido sotto i vestiti, dove non si vedeva. Se ne accorse solo Mimma quando lo abbracciò piena di gioia per averlo ritrovato e lo sentì lamentarsi quando lo strinse a sé. Si sposarono dopo due settimane. Ebbero il bambino che Mimma aveva in grembo e altri quattro figli. Vissero insieme tutta la vita e, a quel che si sa, marino fu marito fedele. Mimma lo fu per forza di cose dato che il tempo non fu affatto clemente con la sua già avanzata bruttezza. Marino non parlò più col fratello.

giovedì 9 gennaio 2014

Arkeo: pronti per il restauro del Crocifisso di Sant’Ugo. Raccolta fondi per la via Crucis.




All’interno della chiesa di Sant’Ugo, precisamente sulla parete sinistra in prossimità del presbiterio, è collocato, presumibilmente da sempre, uno splendido crocifisso ligneo databile al secolo XVI. La statua, originariamente policroma, è appoggiata su una magnifica croce dorata e mostra la classica impugnatura processionale. Il bellissimo Cristo, fortemente espressivo ed estremamente curato nei dettagli, necessita di urgenti interventi di restauro in quanto, oltre a presentare vistosi distaccamenti degli arti, è fortemente attaccato dai tarli.
Arkeo ha deciso di destinare a questo intervento il residuo di cassa del 2013, denaro proveniente da libere donazioni dei soci, dal tesseramento e da offerte dei turisti che vengono in visita a Montegranaro con il quale abbiamo già finanziato, in collaborazione con il Lions Club Fermo-Porto
San Giorgio, il rifacimento dell’impianto elettrico della stessa chiesa di Sant’Ugo. È bene sapere, infatti, che ogni centesimo raccolto dalla nostra associazione viene impiegato in opere di recupero del nostro patrimonio, nonché per l’organizzazione di eventi culturali e di accrescimento per la città.
Il progetto di restauro è già stato presentato alla Soprintendenza di Urbino, competente per il tipo di intervento, e siamo in attesa del nulla osta per poter dare inizio ai lavori. Il restauratore è convinto di poter portare il Crocifisso all’antico splendore recuperando anche i colori originali dell’incarnato del Cristo. Contiamo di poter rimettere la statua al suo posto prima dell’estate.
Intanto abbiamo avviato la raccolta fondi per il restauro della Via Crucis della chiesa dei SS.Filippo e Giacomo, pregevole opera settecentesca che dovrà tornare al suo posto non appena i lavori di ristrutturazione della chiesa più amata dai Montegranaresi saranno terminati. Questo intervento è piuttosto oneroso e verrà realizzato in concorrenza con la Parrocchia, ma se i Montegranaresi saranno generosi come sanno essere potremo finanziare questa e molte altre opere di recupero di cui il nostro patrimonio ha bisogno.
Per raccogliere i fondi, intanto, domenica 19 gennaio, alle ore 16, presso la chiesa di S.Francesco (Pievania) di Montegranaro si terrà un concerto d’organo del Maestro Lorenzo Antinori. Si tratta di un evento culturale di alto livello, con un musicista marchigiano tra i più quotati, organista titolare della Insigne Pieve Collegiata di Mercatello sul Metauro e organista anche presso la Concattedrale di Urbania, dove accompagna l’antica Schola Cantorum. Antinori farà suonare l’organo di Vincenzo Paci presente in Pievania con musiche Bach, Mozart, Händel, Morandi, Verdi, Petrali, Fini e Colmegna. L’ingresso è totalmente gratuito ma chi vorrà potrà lasciare un contributo per il restauro della Via Crucis.

Alcune domande sul Villaggio della Moda



foto del 2001


foto del 2012

foto del 2013
Nell’area di pertinenza del cantiere del cosiddetto “Villaggio del Lavoro” risulta essere stato presente un antichissimo mulino ad acqua, parzialmente conservato, e il relativo canale di alimentazione delle acque che venivano prelevate dal fiume Chienti. Così sono andato a vedermi le foto dal satellite dell’area e, nel 2001, la costruzione è ancora identificabile così come il canale. Già nel 2012, però, non ve ne è più traccia. Da qui le domande:
Che fine ha fatto l’edificio storico?
Che fine ha fatto il canale?
Vi erano dei vincoli storico-architettonici posti dalla Soprintendenza?

Inoltre dalla foto del 2001 si vede ancora il vecchio stabilimento industriale. Il tetto era di eternit? Come è stato smaltito?

Ci sono molte altre domande, ma mi riservo di farle in un secondo tempo. Sarebbe già qualcosa ottenere informazioni circa il mulino.

Luca Craia

mercoledì 8 gennaio 2014

Ci starei attento con Veregra

Sì, ci starei attento perché rischiamo di fare figuracce. A Montegranaro ci piace molto pensarci come eredi di un’antica stirpe romana, figli dei cittadini di una grande colonia chiamata Veregra. Il problema è che Veregra non dà traccia di sé in nessuno scritto storico. Solo Plinio il Vecchio cita, nella sua Naturalis Historia, non Veregra ma un Ager Veregrarus inteso come territorio ma non gli dà un’ubicazione esatta, tanto che esistono ben tre diverse interpretazioni che collocano Veregra in punti estremamente distanti tra loro: Tolomeo la pone in Abruzzo, il Colucci a cavallo tra il maceratese e l’anconetano nella zona tra Montefano e Filottrano e una terza, invero suffragata dalla nostra antica tradizione, mette Veregra nel territorio di Montegranaro.
La tradizione delle origini veregrensi di Montegranaro parte da uno scritto di Andrea di Giacomo da Fabriano che scrisse la vita di Sant’Ugo da Sassoferrato. Il documento fu redatto circa quarant’anni dopo la morte del beato e parla della permanenza di Ugo nella terra in cui vivevano “incolae Veregrani” ossia gli abitanti di Veregra. Poiché nel periodo a cui il Generale dei Silvestrini fa riferimento Sant’Ugo avrebbe vissuto a Montegranaro ecco che si deduce, senza alcuna prova storiografica, che incolae Veregrani sia la popolazione di Montegranaro. Del resto non vi è nemmeno alcuna prova scritta della permanenza del Santo in città e l’unico dato a suffragio di questa convinzione è la fortissima e immediata devozione al Santo che cominciò prima ancora della sua morte avvenuta nel 1270.
Andando per logica appare chiaro che, anche qualora Veregra fosse stata edificata nel territorio attiguo all’attuale Montegranaro certamente non ne possiamo cercare le vestigia  sui nostri colli in quanto i Romani non edificavano le città sulle alture ma lungo le pianure. Casomai eventuali vestigia romane rinvenute sui colli montegranaresi potrebbero riferirsi a depositi di grano, appunto, e a fortificazioni per la loro difesa.
Con ciò non è mia intenzione disilludere coloro che siano convinti della discendenza romana dei Montegranaresi. Ritengo però che darla per certa sia un errore, almeno a livello istituzionale. Piuttosto sarebbe opportuno un impegno condiviso per ricercare realmente le radici della nostra città. E chissà che non troviamo le prove che Veregra era veramente l’antenata di Montegranaro.

Luca Craia