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giovedì 14 maggio 2015

La contestazione è democrazia?



Ritengo un diritto inviolabile quello di esprimere la propria opinione. Pertanto anche le manifestazioni contro Salvini, che ormai sono diventate parte delle coreografia del capo leghista, sono sicuramente annoverabili tra le espressioni tutelate dal diritto alla libertà di pensiero. Quando queste, però, sfociano in comportamenti violenti si esce dal novero e si entra nella violazione della libertà altrui. Perché, vedete, per quanto possiamo non essere d’accordo con quello che dice Salvini, il lancio di oggetti, lo spintonare, la volontà di aggredire ma anche soltanto il vociare scomposto volto a impedire all’altro di parlare violano la libertà di quest’ultimo di manifestare il proprio pensiero. Sono manifestazioni antidemocratiche, se vogliamo, fasciste.
Questo Salvini lo sa e lo calcola. Ogni volta che viene contestato violentemente egli guadagna consensi, piace di più, guadagna simpatie. Alla fine, al di là di quello che pensa e che dice, il fatto di ricevere tanta feroce avversione gli accaparra simpatie e rafforza quelle che già ha. Diciamo quindi che la contestazione violenta contro Salvini produce il risultato contrario rispetto a quello presumibilmente voluto. Senza contare quanto costa alla collettività in termini di sicurezza.

Luca Craia

martedì 28 aprile 2015

Quant’è furbo Salvini?



Il gioco di Salvini è chiaro: vuole smascherare la sinistra. E ha gioco facile perché la sinistra ci casca con tutti e due i piedi puntualmente. Quando Salvini vuole entrare nel cosiddetto Hotel House di Porto Recanati, luogo dove nemmeno la polizia mette piede a cuor leggero, non lo fa perché ha una vocazione al martirio ma perché sa che lì troverà puntualmente i soliti stupidotti di sinistra che lo ostacoleranno, dimostrando senza dubbio alcuno che la concezione di democrazia di questa nuova sinistra italiana non è affatto dissimile a quello dei vetero o neo fascisti. Manca il rispetto per l’opinione altrui, manca la concezione di libertà di parola, di opinione e di espressione. Manca, soprattutto, l’intelligenza. E Salvini lo sa.
Chi va ad un comizio per tirare uova marce è un fascista, anche se sventola la bandiera rossa. Chi va a un comizio a vociare scimmiescamente per impedire a qualcuno di esprimere la propria opinione, giusta o sbagliata che la si ritenga, è un fascista. Ed è pure cretino, perché rafforza e legittima l’avversario.
L’hotel house è un problema sociale e chi non lo ammette è in mala fede. Creare un cordone intorno a quell’obbrobrio architettonico e umano sfruttando gli stessi immigrati è stupido, meschino e antidemocratico. Ed è anche irrispettoso verso gli stessi immigrati che si vogliono difendere. Il punto è che si da l’idea di non volere, in realtà, difendere gli immigrati ma solo di sfruttare la posizione in contrapposizione all’altra che esaspera il problema. Sono due esasperazioni che si scontrano, tutte e due lontane dalla realtà e dalla soluzione. Solo che Salvini si prende la ragione perché è abile nello sfruttare la poca intelligenza, l’assenza di una strategia e la mancanza di democrazia che, è evidente, esiste ed è ben radicata a sinistra. Alla fine lo faranno vincere.

Luca Craia

venerdì 24 aprile 2015

Perché è (quasi) impossibile affrontare seriamente la questione immigrazione



Il problema dell’immigrazione è un problema molto complesso che va analizzato e non generalizzato. Analizzare significa esaminare ogni singola parte della questione in maniera indipendente dalle altre per trovare soluzioni specifiche e ragionate che rispondano realmente ai problemi concreti. In Italia questo non è mai avvenuto e, da quel che si può vedere, difficilmente avverrà per cui non ho grandi speranze di vedere il problema risolto.
Da un lato assistiamo alla solita ridda di slogan populistici, a proposte inconcludenti, a un linguaggio da osteria di chi si pone in maniera critica rispetto all’operato dei vari governi che si sono occupati della cosa. Non si cerca la soluzione ma si mira a far presa sull’opinione pubblica cercandone il consenso attraverso la mera interpretazione a fini propagandistici di esigenze reali nonché di paure irrazionali e istinti xenofobi. Questo porta alla ridicolizzazione di ogni tentativo di porre mano al problema che si distacchi dai metodi adottati dal governo. Parlare in maniera critica di immigrazione e regolamentazione, di diritti degli immigrati e diritti dei cittadini italiani diventa, a causa di questo atteggiamento povero di contenuti, difficile se non impossibile perché non si riesce ad avere sufficiente credibilità.
Questo porta l’atteggiamento politicamente corretto dell’altra parte a essere vincente solo per il fatto di non degenerare e diventare scurrile e qualunquista. È molto più facile adottare atteggiamenti definiti buonisti perché la persona intelligente fa fatica c confrontarsi con l’assenza di ragionamento. Ecco che, quindi, le politiche dell’accoglienza totale, seppur prive di un ragionamento analitico e di un reale aggancio col problema reale, diventano vincenti portando, come conseguenze, l’assenza di una programmazione e di un controllo, un trattamento che, se nell’intento è umanitario, diventa disumanizzante per gli immigrati stessi e, cosa da non sottovalutare, un meccanismo economico di arricchimento e vantaggio per determinati operatori in possesso di agganci politici importanti.
In conclusione la soluzione del problema non passa attraverso i proclami di Salvini o l’ipocrita buonismo del Pd ma necessita di un ragionamento analitico che sia sganciato da ogni retorica. Questa cosa, evidentemente, agli Italiani non riesce.

Luca Craia