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martedì 20 ottobre 2015

Frane e esondazioni: tutta colpa dei privati (secondo il giornale)



Non ho capito: secondo il Corriere Adriatico il Comune non potrebbe intervenire nella zona industriale di Piane Chienti perché, per via della questione Calepio, non avrebbe la proprietà delle aree? Quindi per questo le fogne si intasano e i torrenti esondano? Non capisco davvero: le fogne sono di proprietà pubblica e quindi, se si intasano, la responsabilità è pubblica. Se a intasarle sono materiali provenienti da aree private. il Comune deve intervenire sui privati e obbligarli ad evitare che questo accada. Del resto, lo dice il giornale stesso, anche la Provincia di Fermo (retta dal nostro assessore ai lavori pubblici, va ricordato) ha obbligato i proprietari frontisti di via Bore di Chienti a intervenire per pulire i fossi, multandoli per i danni dell’ultima “alluvione”. Solo che ha fatto solo quello: l’asfalto della strada è in condizioni pessime e, se piove, questa diventa pericolosa a prescindere dalla pulizia dei fossi. E, in quanto alla strada di Piane di Chienti, mangiata dal fiume, che faciamo? Insomma: è sempre colpa dei privati?

Luca Craia

martedì 8 settembre 2015

E del palabotanico che ne facciamo?

Ogni tanto leggo un’uscita di qualche assessore che, nell’ottica consolidata di questa maggioranza di andare sul giornale almeno una volta la settimana, anche per non dire nulla - basta farsi vedere, torna sulla questione Calepio. La faccenda è seria e ha sicuramente influenzato in negativo la vita politica e amministrativa montegranarese degli ultimi 10/15 anni, quindi è giusto parlarne e seguirne con attenzione gli sviluppi. Nessuno, però, ci dice cosa si ha intenzione di fare con l’eredità più evidente dell’errore “Calepio”, dell’immagine più brutta che ne è rimasta, della fregatura più cocente che questa avventata avventura del Sindaco Basso ha regalato ai montegranaresi: il palasport.
Sarebbe meglio parlare dello scheletro del palasport, perché, in realtà, si tratta di uno scatolone di cemento armato, senza coperchio, pieno di una sorta di foresta tropicale impenetrabile, colonne scoperte, ferri arrugginiti e chissà cos’altro (forse il coccodrillo di Civitanova). L’immagine è di una bruttezza micidiale, con l’aggravante di essere posizionata proprio all’ingresso sud del paese e, quindi, col ruolo di dare il benvenuto a chi si reca in visita al nostro ridente borgo. Un gran bel biglietto da visita. Non trascuriamo, però, l’impatto ecologico che è talmente evidente da non meritare ulteriori parole.
Esiste un progetto su come destinare quest’orrore? Si ha un’idea di che farci? In campagna elettorale ne abbiamo sentite di cotte e di crude: piscine, strutture polifunzionali. Libero sfogo alla fantasia. Ora, però, che la campagna elettorale è un ricordo e la prossima sembra lunga a venire nonostante i traballamenti della giunta Mancini, è calato un silenzio non assordante ma davvero silenzioso: non se ne parla, nemmeno lo si vede. Alla sua ombra si è appena conclusa la Festa dell’Unità, incontro mangereccio ma anche politico gestito dal partito maggioritario della maggioranza di governo. Non una parola su quell’orrore, nonostante che i vari relatori bastava che alzassero lo sguardo per trovarselo davanti. E la gente stessa: nessuno che alzi la mano e chieda: ammò? Che ci facciamo con questa robaccia?
Io dubito, da profano ma anche sentito qualche amico tecnico, che la struttura possa essere recuperata, almeno in maniera economicamente proficua. Quanto costerebbe bonificare l’area? Se lo saranno chiesti, in piazza Mazzini? Si saranno posti la mia stessa domanda? E l’opposizione? Come mai tace? Forse perché in qualche modo ognuno ha le sue colpe? E quel Gianni Basso che ne è l’artefice e che ora appoggia sorridente la maggioranza di governo, che ne pensa? Qualcuno glie lo chiede mai? Non è che stiamo aspettando la prossima campagna elettorale e lo lasciamo lì, che può tornare utile come scena per fantasticherie varie? Magari per proporlo sui prossimi volantini patinati come hangar per UFO?

Luca Craia

giovedì 5 marzo 2015

A questo punto basta un ragioniere in Comune



Allibisce la dichiarazione del Sindaco riguardo alla situazione debitoria del Comune. Leggiamo sul Corriere Adriatico di oggi il sottotitolo virgolettato attribuito alla Mancini: “perdiamo l’80% del tempo a cercare di risolvere queste situazioni”. Vorrei ricordare che il tempo del Sindaco e della Giunta è pagato coi soldi dei cittadini. Credo che possiamo aspettarci che venga impiegato in maniera più proficua.
Mi spiego meglio: la situazione dei debiti fuori bilancio era ben nota già in campagna elettorale. Lo stesso Commissario Prefettizio che ha preceduto l’attuale amministrazione stimava l’ammontare dei contenziosi, come asserisce il giornale stesso, in circa tre milioni di Euro e una mole di cause di 39 procedimenti. Posto che le cifre, purtroppo, possono essere riviste per eccesso, rimane il fatto che il Sindaco e l’Amministrazione Comunale sono a conoscenza del problema fin da prima delle elezioni e si presuppone che, con la diligenza del buon padre di famiglia di cui l’amministratore pubblico è fatto obbligato, nel momento in cui hanno intrapreso il mandato amministrativo dovessero avere un quadro della situazione e di come intervenire. Apprendere oggi che si spende quasi tutto il tempo a dirimere la matassa dei debiti, trascurando evidentemente altre questioni che gravano sulla collettività, è sconcertante.
Dicevamo che il tempo degli amministratori è pagato, ed è pagato dai cittadini, poco o tanto non importa, se si decide di amministrare lo si fa a prescindere dallo stipendio. Ma la questione è quasi puramente contabile. Si tratta di analizzare i conti, capirli e poi prendere delle decisioni politiche. Per analizzare i conti basta un ragioniere, un commercialista, e mi pare che il Comune ne disponga. Gli amministratori incarichino dei professionisti per analizzare la situazione, si avvalgano anche di analisi già compiute, poco importa se da avversari politici: Guardiamo Avanti, ad esempio, aveva studiato a fondo la questione Calepio Scavi e ha messo gratuitamente a disposizione della Giunta il risultato del proprio lavoro, non ottenendo risposta.
L’analisi, quindi, va fatta contabilmente da contabili, non da politici. La decisione finale spetta ai politici che, però, in attesa possono occuparsi del paese invece di occupare la propria mente all’80% per queste questioni. Altrimenti, confondendo il contabile, l’avvocato, il commercialista con il politico, possiamo tranquillamente affermare che non ci serve un’amministrazione comunale: basta un commercialista che, probabilmente, ci costerebbe meno.

Luca Craia
 

venerdì 9 gennaio 2015

Calepio: cronaca di un disastro annunciato.



Non è una novità che l’affare “Calepio Scavi” sia stata la pagina più nera della storia della politica montegranarese. Un’operazione sulla carta geniale, perché dava l’opportunità al Comune di realizzare a costo zero (sempre sulla carta) opere di grande rilievo e, come contropartita, si dava al partner un tornaconto economico importante ma che non gravava sulle casse comuni. Ma non è stato così e anche questa non è una novità.
Sappiamo tutto, ormai, o quasi della vicenda: sappiamo chi sono i responsabili, sappiamo di quanta leggerezza sia stata utilizzata, sappiamo che le conseguenze le pagheremo, noi cittadini montegranaresi, per i prossimi lunghi anni, con bilanci fortemente penalizzati, con capacità di spesa ridotta, con una crescita del Comune bloccata. I responsabili sono noti, dicevo, ma siedono tranquillamente in Consiglio Comunale, arringano, diventano determinanti, sostengono la maggioranza che, invece, dovrebbe rifiutare ogni sostegno da parte di chi ha massacrato politicamente Montegranaro.
Non per fare dietrologia ma solo un’analisi della vicenda; che la Calepio avrebbe fatto la fine che ha fatto lo si sapeva. Io lo sapevo, possibile che chi di dovere ne era all’oscuro? All’epoca ero molto lontano dalla politica attiva, lavoravo come area manager commerciale gestendo una zona geografica molto vasta che mi portava a stare lontano da Montegranaro e ad avere pochissimo tempo a disposizione per occuparmi come avrei voluto delle faccende del paese. Ma ricordo molto bene, parlo del 2004, che molti miei clienti del settore edile mi chiedevano se davvero a Montegranaro fossimo diventati così matti da fare affari con la Calepio. Me lo dicevano clienti geograficamente vicini ma anche lontani, uno addirittura mi telefonò apposta da Campobasso. Quindi tutti sapevano com’era messa la Calepio. Perché i nostri politici di allora (che poi, in tanti, sono quelli di ora) non erano a conoscenza delle difficoltà della ditta bergamasca? Erano state prese informazioni? Perché nessuna precauzione (fidejussioni, cauzioni)?
Certo, ora è inutile piangere sul latte versato. Ma conoscere le responsabilità reali sarebbe opportuno e corretto nei confronti dei cittadini. E, soprattutto, i responsabili già noti e conclamati, abbiano la decenza di fare uno, due, dieci passi indietro, allontanarsi dalla scena politica se non altro per una questione di dignità. La stessa dignità che dovrebbe impedire a chi ci governa oggi di accettare qualsiasi tipo di aiuto politico da queste persone.

Luca Craia

mercoledì 7 maggio 2014

Ma il Palabotanico di Montegranaro di chi è?



Potrebbe togliermi il sonno questo interrogativo, e potrebbe, anzi, dovrebbe toglierlo ad ogni montegranarese attento e interessato alle sorti della propria città. Il Palazzetto dello sport o, meglio, i ruderi di cemento armato che avrebbero dovuto diventare il nostro palazzetto dello sport e che, invece, grazie al fallimento della Calepio Scavi, sono rimasti il monumento alle incompiute e, se vogliamo, alla cattiva amministrazione, di chi sono?
A quanto mi è stato detto non sono del Comune. In effetti, essendo la Calepio Scavi fallita e non essendo stato perfezionato l’accordo secondo il quale il “palazzetto” sarebbe stato ceduto al Comune come pagamento per le opere del “Villaggio del Lavoro” (altra megaincompiuta), le colonne abbandonate in località La Croce sarebbero ancora della Calepio stessa e, quindi, in mano alla Curatela fallimentare.
Se così fosse, quindi, come farebbero coloro che ci stanno infarcendo la campagna elettorale con progetti faraonici di palestre, piscine e velodromi a realizzarli, questi progetti? C’è da acquisirlo, prima. Quindi, oltre a spendere soldi che non si sa come procurarseli per crearci l’impensabile, toccherebbe comprarsi o, meglio, ricomprarsi il rudere. Che, tra l’altro, non sembra affatto in buono stato. Magari pensare ad altre priorità?

Luca Craia

lunedì 13 gennaio 2014

SPAZIO APERTO AI CANDIDATI - La vicenda della bocciatura del TAR del “Villaggio della moda” - di Walter Antonelli



Walter Antonelli

La vicenda della bocciatura del TAR del “Villaggio della moda” certifica una gestione dell’Urbanistica a Montegranaro in modo approssimativo e compiacente.   Sulla vicenda non voglio dare un parere tecnico e giuridico, ma  quello del cittadino contribuente. Il  “Villaggio della moda” è stato bocciato sulla base delle considerazioni fatte da noi di “Progetto Veregra” nei Consigli comunali in cui si sono votate le delibere. Vi sono altri casi che confermano il modo anomalo della gestione urbanistica a Montegranaro:  cito  “la Calepio” un progetto che prevede un consumo di suolo importante, dove le garanzie fideiussorie per le opere di urbanizzazione si sono vanificate non senza colpa di chi avrebbe dovuto vigilare e non lo ha fatto non so se per incapacità o condiscendenza . La cooperativa “Veregra” ha costruito un immobile che i Giudici nella sentenza, hanno definito come se fosse stato costruito senza licenza edilizia, quindi completamente abusivo.
A Montegranaro vi è il condominio Palmatea in via Baden Powel, costruito con licenza edilizia rilasciata nel 2004, dove ancora una volta la garanzia fedeiussoria prevista a tutela della realizzazione delle opere di urbanizzazione non tutela gli acquirenti degli immobili i quali pur abitando in un appartamento che ha ottenuto regolare agibilità vivono con servizi da terzo mondo.
Queste sono tante storie che hanno come comune denominatore il mettere in luce una cattiva gestione dell’Urbanistica, gestita negli ultimi 10 anni da Gismondi,  che ha pesanti ripercussioni economiche sulle  casse comunali per quanto riguarda le spese legali e di consulenza.   Nel solo  caso Calepio si parla di centinaia di migliaia di euro che non vengono risarciti dai   cattivi Amministratori ma da noi cittadini.  Quindi non c’è da sorprendersi se a Montegranaro da anni l’addizionale IRPEF è al massimo consentito dallo Stato, ed entro il 24 gennaio si dovrà pagare la mini-IMU per l’aumento dell’aliquota prima casa introdotta solo in 8 paesi dei 40 della provincia di Fermo. Tale politica urbanistica, tendente a favorire alcuni pochi privilegiati a danno della comunità,  comporta oltre a danni economici, notevoli disagi per le mancate opere di urbanizzazione.