lunedì 29 agosto 2016

Panorami sotterranei a Firmum Picenum. Il nuovo lavoro di Massimo Spagnoli






Dopo un esauriente excursus critico delle diverse ipotesi sulla origine storica di Fermo e sulla etimologia del suo nome, formulate da storici e studiosi nel corso dei secoli, la pubblicazione descrive analiticamente le tecniche di architettura e di ingegneria idraulica usate dai Romani per costruire le strutture funzionali alla vita delle loro città, con particolare riferimento alle cisterne ed agli acquedotti per raccogliere, conservare e distribuire nel tessuto urbano le risorse idriche, prevalentemente piovane.
La pubblicazione, poi, affronta con ricchezza di particolari e con grafici, planimetrie e fotografie la descrizione delle famose “Grandi Cisterne romane” che si trovano a Fermo in via degli Aceti e delle “Piccole Cisterne”, che sono all’ingresso di Piazza del Popolo e sulle quali poggia parte del Palazzo Comunale.
Vengono descritte la struttura architettonica, il materiale usato per la loro costruzione e per la conservazione delle acque piovane, nonché le modalità della loro diramazione nel tessuto urbano e le diverse utilizzazioni che le Cisterne hanno avuto nel corso dei secoli.
Vengono esaminate anche le modalità di immissione (le bocchette) delle acque nelle Cisterne e della loro emissione e distribuzione con particolari condutture nel territorio cittadino.
Ma oltre a queste due Cisterne, note ai Fermani e apprezzate dai turisti, vengono  descritte altre tre di recente ricognizione speleologica, fatta dal Gruppo Speleologico Cavità Artificiali del CAI di Fermo.
La prima è il cosiddetto “Pozzo del tempio pagano” o “pozzo dei misteri”, sotto la chiesa paleocristiana nella Cattedrale del Girfalco: ha una profondità di 12 metri ed un diametro tra gli 80 e i 90 centimetri.
Sul fondo del Pozzo si diramano due cunicoli ortogonali: uno verso Nord e l’altro verso Sud.
A differenza di altri studiosi, in base ai rilievi effettuati, vengono sostenute le tesi che il Pozzo avesse funzione solo di cisterna e che non alimentasse le “Grandi Cisterne romane”.
L’altra cisterna scoperta nel 1927, durante i lavori del serbatoio del Consorzio Idrico, si trova all’estremità Est del Girfalco ed era alimentata molto probabilmente dalle acque piovane.
La terza cisterna è quella del cosiddetto Teatro Romano, sul versante Nord del Girfalco, in via del Teatro Antico.
E precisamente nei sotterranei del Collegio degli artigianelli di don Ricci, si conserva un vano nel quale doveva insistere una piccola cisterna epuratoria, che era alimentata dall’acquedotto sotterraneo proveniente dal sottosuolo del Teatro, come è risultato al Gruppo Speleologico del CAI di Fermo, attraverso il sopralluogo effettuato nel 1995.
n conclusione, il libro, oltre a dare nuove soluzioni a molti interrogativi archeologici e storici, non ancora pienamente risolti, relativi alla natura, alla costruzione e alle funzioni delle cisterne romane e degli acquedotti presenti nella città di Fermo, permette di comprendere meglio il ruolo che i Romani attribuivano alle città da loro fondate o sviluppate, ai cui abitanti volevano offrire servizi essenziali adeguati ai loro bisogni.

sabato 27 agosto 2016

Lesioni su Palazzo Francescani. E il Municipio come sta?



Non tutti lo avranno notato, ma passando per piazza Mazzini e alzando la testa appena varcata la soglia del salotto cittadino, si nota che la parete esterna sinistra di palazzo Francescani presenta due grosse crepe slabbrate che, se prima c’erano, ora sono decisamente più marcate. La vista appare piuttosto preoccupante e probabilmente lo è, visto che pare che stamane tecnici del Comune fossero in piazza proprio ad osservare quello scorcio. Quell’ala del palazzo non è utilizzata: vi sono degli spazi che erano privati e che sono stati recentemente acquisiti dal Comune ma che non sono accessibili dalla scala del palazzo. Esattamente non si sa come entrarci.
Pare anche che parte dell’ex convento francescano sia stata dichiarata inagibile: si tratta della porzione dove, per capirsi, ci sono i bagni del piano dove risiede la sala consiliare. Sembra che le volte imperiali che fanno da soffitto a quella parte dell’edificio siano state lesionate, il che aggraverebbe un quadro già di per sé non certo tranquillizzante.
E il municipio? Le poche notizie circolate in questi giorni parlano di sopralluoghi che non hanno dato esiti particolarmente preoccupanti ma, avendo visto con i miei occhi lo stato del primo piano del palazzo comunale un paio di anni fa, so che la situazione, prima del terremoto, non era affatto bella. Non credo che il sisma abbia fatto bene alle già provate strutture del vecchio edificio, specie al povero teatro Novelli la cui volta in camorcanna era già molto mal messa allora.
Quindi probabilmente Montegranaro ha subito danni dal sisma. Certamente non gravi come nelle zone più prossime all’epicentro, ma comunque danni ce ne sono. Pare, oltretutto, che si susseguono le segnalazioni di privati per poter almeno verificare lo stato delle proprie abitazioni e sembra che il Comune abbia predisposto un apposito modulo per effettuare queste segnalazioni (se interessati, chiedete in Comune, sull’amato Facebook non c’è traccia di queste cose).
Il punto è questo: se continuiamo a negare, in maniera oltretutto inspiegabile, che abbiamo subito danni, rischiamo di non prendere un centesimo di eventuali fondi per restauri e ristrutturazioni. Certamente la precedenza sia data a chi ha più bisogno, ma se ce ne fosse anche per noi e ne avessimo necessità e diritto, non è dormendo o negando i fatti che otterremmo qualcosa.

Luca Craia