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giovedì 28 gennaio 2016

Retrocessioni: chi ci guadagna?

Sono molto perplesso sul tema delle retrocessioni delle aree edificabili portato in Consiglio Comunale e votato dalla maggioranza, da sola, ma con le opposizioni che non votano ma si dicono d’accordo in linea di principio. Io, fondamentalmente, tanto d’accordo non sarei e vi spiego perché:
1) è stato computato l’ammanco sul gettito fiscale del Comune per quanto riguarda sia la perdita delle imposte che il mancato incasso di eventuali opere di urbanizzazione relative a queste aree?
2) Le aree retrocesse sono sparse sul territorio comunale a macchia di leopardo. Questo comporta un sostanziale snaturamento del piano regolatore generale in quanto, in questo modo, si creano aree verdi non programmate in mezzo alle aree edificabili.
3) Cosa accadrebbe se un confinante dovesse edificare sulla propria area e avesse bisogno di frazione dell’area retrocessa per opere di urbanizzazione? Si è tenuto conto del danno che si fa ai vicini?
4) Il mancato introito delle tasse relative a queste aree non più edificabili dovrà essere in qualche modo compensato. Molto probabilmente la somma che mancherà in bilancio verrà spalmata su quanto gli altri proprietari di immobili dovranno pagare, causando un aumento delle imposte per questi ultimi. Insomma, io che non ho chiesto nulla dovrò pagare per chi ha retrocesso ma mantiene la proprietà di un immobile potenzialmente di valore. Non mi pare equo per niente.
5) D’accordo il consumo di suolo zero, ma in mancanza di un programma per l’incentivazione del recupero del patrimonio immobiliare esistente, ossia le ristrutturazioni dei vecchi immobili, si rischia di far morire anche l’edilizia.
È per questo che le retrocessioni non mi piacciono affatto e sono perplesso sull’atteggiamento di tutte le opposizioni che, invece, in linea di principio si dicono d’accordo.

Luca Craia

lunedì 25 gennaio 2016

Consumo di suolo zero? Senza incentivare le ristrutturazioni?



La forte contraddizione nelle motivazioni che adduce la giunta Mancini a sostegno dell’operazione relativa alle retrocessioni è il discorso del consumo di suolo zero. Condivido in pieno il concetto di evitare di consumare ulteriormente il nostro territorio, già fortemente massacrato nei favolosi anni ’70 e ’80 anche grazie all’assenza di un piano regolatore e allo strapotere degli studi tecnici tutt’ora in vigore.
Ma mi domando: come si può concepire la volontà di non consumare suolo con la totale mancanza di una politica che incentivi il recupero degli immobili esistenti? Come si può pensare di evitare di far costruire nuovi edifici quando non esiste un progetto di recupero del centro storico o degli opifici del centro urbano? Vogliamo bloccare l’edilizia e, conseguentemente, un parte cospicua della nostra economia o stiamo solo raccontando frottole?
Il consumo di suolo lo si arresta quando si incentiva e si rende remunerativo l’investimento sul patrimonio immobiliare esistente. A Montegranaro il patrimonio esistente, in particolare nel centro storico, sta deteriorandosi e perdendo ogni appetibilità economica, e l’amministrazione comunale non ha un progetto, non ha un piano, non investe un centesimo in questa direzione. O non si hanno le idee chiare o c’è malafede. O tutte e due le cose insieme.

Luca Craia

venerdì 23 gennaio 2015

Rivalutazione del centro storico pro forma

Leggo e rimango piuttosto perplesso riguardo le ultime strategie messe in atto dall’Amministrazione Mancini e dall’assessore al centro storico Beverati per risolvere l’annoso problema del degrado del paese vecchio. Rimango perplesso perché mi danno la nettissima sensazione che non esista un progetto preciso ma che vengano messe in atto iniziative estemporanee e fondamentalmente inefficaci soltanto allo scopo di fornirsi un alibi e dire “noi ci abbiamo provato”.

L’idea delle agevolazioni a chi intenda ristrutturare e abitare case del centro storico è molto evidentemente un palliativo. Tutti sappiamo quanto costi una ristrutturazione di un vecchio stabile: molto di più rispetto a immobili recenti. Aggiungiamo lo scarsissimo valore di mercato che gli stessi hanno unito alla condizione di degrado dell’intero quartiere ed ecco che diventa legittimo chiedersi chi possa essere tanto pazzo da investire in un contesto simile solo perché il Comune fornisce agevolazioni monetizzabili in pochi spiccioli.
Stesso ragionamento vale per l’iniziativa legata al commercio. Incentivare l’apertura di un’attività imprenditoriale nel centro storico, oltretutto con cifre talmente irrisorie da sembrare ridicole, senza trovare soluzioni per il degrado, la sporcizia, il progressivo spopolamento è inconcepibile. La contingenza economica generale già di per sé sconsiglia l’apertura di nuove attività a meno che le stesse non siano ubicate in posizioni altamente strategiche. L’avviamento di qualsivoglia attività economica in un contesto come quello del centro storico di Montegranaro, nella sua condizione attuale, sembra essere un suicidio imprenditoriale e null’altro.
Infine l’acquisizione a costo zero di un vecchio opificio sito nel centro (non so quale, mi limito a considerare il concetto in astratto) per trasformarlo in un fantomatico centro sociale pare un’assurdità. Il Municipio versa in condizioni disastrose, il teatro Novelli potrebbe andare perduto da un momento all’altro, ci sono stabili cadenti e pericolosi che fanno collassare il valore di mercato di qualsiasi altro edificio e sconsigliano qualsiasi investimento nel quartiere e il Comune pensa di poter spendere soldi per la creazione di un centro sociale. Delle due l’una: o non si ha la minima cognizione del problema o si vuole gettare fumo negli occhi.
Intendiamoci: le iniziative di cui sopra sarebbero valutabili più che positivamente se inserite in un contesto di interventi più ampio e articolato del quale questi possano essere aspetti da curare in seconda battuta. Ci sono priorità improcrastinabili, come gli edifici cadenti, le abitazioni abbandonate e destinate anch’esse a diventare un problema, lo stato di incuria generale, l’esigenza di un controllo sociale più efficace. Una volta avviato un processo di “normalizzazione” del quartiere, allora si può pensare a incentivare gli investimenti. 
Eppure Beverati un progetto ce l’aveva e non era affatto male. Era un buon piano di rilancio, quello che presentò soltanto sei anni fa quando era candidato sindaco. E durante l’ultima campagna elettorale lo ha più volte ritirato fuori come linea guida delle sue intenzioni per il centro, pur dovendolo ridimensionare per questioni economiche. Che fine ha fatto quel progetto? Che fine ha fatto quella visione di insieme che sembrava avere e che è imprescindibile per risolvere il problema dei problemi di Montegranaro? Torno a ribadire che una città che lascia morire il proprio centro storico, quindi la propria memoria e il proprio cuore, è una città destinata a morire. Queste iniziative assomigliano a una cura palliativa per un malato terminale della cui sopravvivenza, ormai, si è abbandonata ogni speranza.

Luca Craia