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lunedì 19 ottobre 2015

Morire di gita scolastica e spinelli negli anni ‘10



Sono molto preoccupato, da genitore e da uomo del mio tempo. Mi preoccupa la notizia, l’ultima di una serie, della morte di un ragazzino in gita scolastica. Un ragazzino che sarebbe morto, per cause ancora da comprendere, cadendo da una finestra dopo aver abusato di alcool e droghe. Il ragazzino, in sostanza, sarebbe morto perché avrebbe fatto una bravata da ragazzino dopo essersi sballato. Ecco, non mi preoccupa particolarmente il fatto che un giovane faccia una bravata o che si ubriachi: siamo stati tutti giovani e fa parte del processo di crescita, la fase in cui si fanno le bravate, le stupidaggini, quelle cose pericolose e stupide che, di solito, non hanno conseguenze per via di quell’Angelo Custode di cui, credo, siano dotati i ragazzi e che fa sì che non muoiano tutti o quasi per le stupidaggini che fanno. Evidentemente in questo caso l’Angelo era distratto o si era fatto uno spinello pure lui.
Ma, a parte il fatto che i ragazzi usino droghe, per quanto leggere, ma sempre droghe, è estremamente preoccupante l’atteggiamento dei media che sembrano dire: era un ragazzo per bene in una compagnia di ragazzi per bene; si sono fatti uno spinello e purtroppo è accaduto un incidente. Ebbene, io credo che non sia un incidente. Io credo che non sia accettabile come normale che un ragazzo si faccia uno spinello. Io credo che la nostra società, nel momento in cui accetta come un fatto tollerabile, anzi, normale che un ragazzo si droghi, di fatto autorizza ogni ragazzo a farlo. E questo è pericoloso. Perché un ragazzo che si fa uno spinello è drogato, per quanto sia un bravo ragazzo. E la droga è pericolosa: crea dipendenza, toglie lucidità, apre le porte a droghe più pesanti, porta conseguenze pesanti a livello sociale e, qualche volta, ti fa volare dalla finestre. E morire.
Questo la società non può e non deve accettarlo. Chi usa droga è un drogato, che va aiutato a smettere e a non farlo più, ma che, se il fatto di drogarsi viene tollerato come se tutto fosse normale, avrà il placet implicito degli adulti. Io non voglio che i miei figli (uno parte per la gita tra una settimana) si facciano uno spinello pensando che sia normale, vorrei che non lo facciano ma, nel caso lo facciano, voglio che sappiano che stanno sbagliando, che stanno facendo una cosa che non si deve fare.

Luca Craia

giovedì 8 ottobre 2015

Inquietanti presenze: forzata una finestra in un rudere del centro storico


Queste foto ritraggono una finestra posta al piano terra di uno stabile del centro storico (la casa dell’impalcatura sempiterna, in via don Minzoni). La finestra è stata sempre chiusa da un coperchio, che vedete anch’esso in foto, che questa notte è stato divelto e buttato in strada. La finestra è stata evidentemente forzata da qualcuno che intendeva introdursi nell’edificio, magari per passarci la notte. Non è la prima volta che si verifica un caso come questo: addirittura qualche anno fa ci fu un principio di incendio in questa casa a causa di una stufa rimasta accesa, ma chi l’avesse accesa non si è mai saputo. La casa è inagibile, pericolante e pericolosa eppure ha le utenze allacciate. E c’è gente che vi dimora, anche se saltuariamente. È un fatto inquietante sotto molti aspetti: chi è questa gente e quanto è disperata? Oppure da cosa si nasconde? Chi si aggira tra le nostre case? A quali rischi ci esponiamo? Sono tutte domande che meritano una risposta.

Luca Craia

giovedì 18 giugno 2015

La monofora della Pieve, la nicchia, le mura e la torre.



Il giorno 30 novembre 2013 io, Sabina Salusti, Antonella Leoni e Simone Perticarini, nel corso di una esplorazione sotterranea legata alla mappatura degli ipogei, entrammo in una stanza di dimensioni pressochè quadrate, di circa tre metri per tre per un’altezza di circa 5 metri, che è ubicata alle spalle del palco del teatrino della Pievania. Per accedervi abbiamo percorso uno stretto cunicolo a cuspide al quale si arriva dalla casa parrocchiale e dal teatrino stesso. Le pareti affrescate, anche se fortemente lacunose, e la presenza di una monofora posta a oltre quattro metri di altezza indicano che il vano è definibile come cappella o sacrestia appartenente all’antica Pieve del SS.Salvatore che sappiamo essere stata lì ubicata. È bene chiarire che il vano era del tutto dimenticato, tanto che l’allora parroco don Umberto, che ci aspettava fuori dal cunicolo, ammise di non saperne nulla. Abbiamo, quindi, ragione di ritenere di essere stati i primi ad accedervi da molto tempo e che, pertanto, se si parla di scoperta questa debba essere a noi attribuita.
Lo scorso 22 marzo l’amico Daniele Malvestiti, storico locale, entrava anch’egli nella cappella (o sacrestia) ritenendo e scrivendo sulla sua pagina Facebook, salvo poi rettificarsi dietro mia sollecitazione, di averla ritrovata per primo. In riferimento alla finestra affermava che si trattava di una nicchia. L’affermazione mi lasciò di stucco tanto che oggi, incontrando l’amico storico dell’architettura Medardo Arduino, gli ho chiesto un parere professionale. Ovviamente questo si basa solo sul materiale fotografico e, quindi, andrebbe verificato sul posto. Però, dalle immagini, pare piuttosto evidente che la conformazione del manufatto sia tipica di una monofora strombata romanica. Inoltre è difficile pensare a una nicchia, vista l’altezza dal suolo che la renderebbe inutile.
Lo stesso dicasi per l’ipotesi di un’edicola, che per forma potrebbe essere più simile, ma che, posta a quattro metri di altezza dal suolo, sarebbe un caso quasi unico, visto che qualsiasi tipo di devozione (a quello servivano le edicole) è inficiata dalla distanza dal fedele. Pertanto abbiamo ragione di ritenere che si tratti di una finestra monofora, come già asserito all’epoca. Per quanto riguarda le figure che Malvestiti intende vedere sullo sfondo, ritengo si tratti di macchie dovute al tempo e agli agenti atmosferici che hanno creato una sorta di figura sulla tamponatura della finestra murata.
Rimane, quindi, molto interessante la posizione di tale monofora che guarda verso Porta Marina e, quindi, è stata presumibilmente tamponata con la costruzione di Palazzo Conventati. Quindi, prima di quest’ultima, in quella direzione c’era il vuoto, il che lascia aperte diverse ipotesi, la più affascinante delle quali è quella di cui ho già parlato e che si riferisce alla possibilità della presenza di una prima cinta muraria a ridosso della Pieve, della quale forse la Torre dell’Annunziata era parte fortificata.

Luca Craia