Visualizzazione post con etichetta chienti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta chienti. Mostra tutti i post

martedì 20 ottobre 2015

Frane e esondazioni: tutta colpa dei privati (secondo il giornale)



Non ho capito: secondo il Corriere Adriatico il Comune non potrebbe intervenire nella zona industriale di Piane Chienti perché, per via della questione Calepio, non avrebbe la proprietà delle aree? Quindi per questo le fogne si intasano e i torrenti esondano? Non capisco davvero: le fogne sono di proprietà pubblica e quindi, se si intasano, la responsabilità è pubblica. Se a intasarle sono materiali provenienti da aree private. il Comune deve intervenire sui privati e obbligarli ad evitare che questo accada. Del resto, lo dice il giornale stesso, anche la Provincia di Fermo (retta dal nostro assessore ai lavori pubblici, va ricordato) ha obbligato i proprietari frontisti di via Bore di Chienti a intervenire per pulire i fossi, multandoli per i danni dell’ultima “alluvione”. Solo che ha fatto solo quello: l’asfalto della strada è in condizioni pessime e, se piove, questa diventa pericolosa a prescindere dalla pulizia dei fossi. E, in quanto alla strada di Piane di Chienti, mangiata dal fiume, che faciamo? Insomma: è sempre colpa dei privati?

Luca Craia

mercoledì 8 luglio 2015

Le grandi scoperte di Unicam



C’è stato senz’altro un fortuito incastro di casualità per far uscire l’articolo sul grande impegno dell’Università di Camerino, un articolo che parla di storia altomedievale nella valle del Chienti, proprio il giorno del Convegno che tratta di Carolingi, appunto, nella valle del Chienti. Altrimenti dovremmo pensare che i professori accademici abbiano applicato complicati calcoli per far coincidere le due cose. Preferisco immaginare che si sia trattato di fatalità.
Così come, pure, credo sia fatalità il fatto che il professor Pambianchi mai cita una parola una riferibile ai carolingi, o che, magari, faccia un qualche tipo di riferimento alle intuizioni di quel Giovanni Carnevale che domenica a Montegranaro celebravamo e che, per primo, ha formulato ipotesi su San Claudio e la valle del Chienti. Casualità che il dotto Pambianchi abbia avuto intuizioni molto simili, anche se con decenni di ritardo rispetto a quelle del Salesiano.
Casuale, probabilmente, anche che le conclusioni che si riportano nel suddetto articolo di giornale siano poi le stesse pubblicate qualche tempo fa dal Comando Carabinieri a Tutela del Patrimonio Culturale di Ancona, e coincidano con le indagini georadar del professor Cardarelli e dell’ingegner Morresi. Tante coincidenze, davvero, tanto che si potrebbe anche pensare che Pambianchi non citi quanto sopra per altri motivi. Solo che non mi viene in mente nulla per il quale si possano fare delle omissioni o si possa prendere spunto da studi altrui senza citare gli altrui. Che poi, tutto sommato, nemmeno quei sostanziosi contributi di cui gode il progetto PicHer (così si chiama lo studio dell’Unicam, originale almeno nel nome) potrebbero giustificare l’ingrato comportamento di chi salta su cavalli altrui e gli cambia pure nome. Ma non è questo il caso. Qui siamo di fronte soltanto a una serie di curiose coincidenze.

Luca Craia

mercoledì 17 giugno 2015

Montegranaro e l’acqua che va in su



In su l’acqua non ci va, nemmeno a Montegranaro, a meno che non la si pompi. Però Montegranaro si distingue per essere uno dei pochi paesi in collina che si allaga. Si allagano le strade in salita (o in discesa), diventano trappole micidiali, specie se piove di notte, specie se nessuno va a mettere un segnale di pericolo, una sbarra a chiudere la strada. E non capita una volta per caso, per sfortuna, per una concatenazione di sfortunati fattori: si ripete ad ogni pioggia, ogni volta più grave.
Ieri sera la strada comunale che dai “vagli” scende verso il Chienti, verso il Torrione, per capirsi, era una cascata di acqua, fango e detriti. In tempo reale me l’ha segnalato un lettore del blog e le sue foto sono andate online immediatamente per cercare di evitare a qualche automobilista di finire in quel pasticcio. Perché finire in quel pasticcio non dovrebbe essere stato bello per niente.
È almeno la seconda volta che quella strada diventa una trappola pericolosa e rischia di diventarlo ogni volta che piove. E io mi domando perché non si interviene. È una strada secondaria ma molto frequentata e collega Montegranaro alla valle del Chienti semplificando e accorciando il tragitto. Dovrebbe essere prioritario renderla sicura. Invece la si lascia diventare un fiume. Si preferisce intervenire elettoralmente su strade più visibili, più remunerative per i voti, ci si fanno i selfie con le macchine per l’asfalto. E poi si lascia una strada come questa completamente incustodita.
Mi si risponderà che non c’è stato tempo per intervenire e sarà falso, tutti lo sappiamo, come sappiamo che quella strada è pericolosa da sempre. Mi si potrà anche rispondere che non ci sono soldi, che i debiti e blablablà. Ma i soldi per altre cose ci sono e pure tanti, credo che la sicurezza dei cittadini sia più importante. Mi si potrà rispondere che occorre un grande progetto ed è vero, ma controllare i canali di scolo e le caditoie e verificare che le coltivazioni lascino liberi i fossi non richiede progetti ma organizzazione nell’ordinaria manutenzione.
Occorre la diligenza del buon padre di famiglia. È una cosa elementare ma manca dalla politica da troppo tempo. Ogni volta arriva qualcuno e ci dice che rappresenta un nuovo modo di fare, che le cose con lui cambieranno, che vedrete e piripin e poropon. Poi vince le elezioni e manda l’acqua in salita. Ma non fa niente di mirabolante: prosegue soltanto un processo di degrado.

Luca Craia