Per una persona onesta, che ha sempre lavorato, vissuto
del proprio lavoro, educato i figli all’onestà e al rispetto, trovarsi
impelagatiotra pubblici ministeri, GIP, avvocati, indagini e carte bollate, solo per
aver espresso liberamente un’opinione, è una cosa che fa davvero male, e chi
non ci è mai passato non può saperlo. Io ci sono già passato due volte, senza
contare le minacce, tra le quali ricordo addirittura un’apposita delibera di
giunta del mio paese, paese per il quale ho dato il sangue. Due querele,
entrambe archiviate per l’inconsistenza dell’accusa nei miei confronti. Entrambe
le volte accusato di diffamazione per aver espresso, nei limiti del rispetto
per le persone, un giudizio politico, una critica all’operato di persone che
svolgono un ruolo pubblico e, proprio per questo, esposte al giudizio del
cittadino e dell’utente.
L’ultima querela è arrivata da Castelsantangelo Sul
Nera, paese terremotato, il cui sindaco, oggi riconfermato dalle urne, all’epoca,
tra le tante questioni da risolvere legate al terremoto, ha trovato il tempo e
le energie per mandarmi in tribunale. Immotivatamente, e questo lo ha detto il
giudice. Avevo espresso un giudizio negativo sul suo operato di sindaco, e
questo mi ha riportato di nuovo sotto indagine, inquisito al pari di un
delinquente qualsiasi. Io, persona onesta, di nuovo in tribunale per aver
esercitato la mia libertà di pensiero e di espressione.
Le accuse sono state respinte in prima istanza dal
Giudice, ma il mio accusatore ha insistito, presentando opposizione alla
richiesta di archiviazione. Anche questo ulteriore tentativo di farmi pagare
una colpa non mia è fallito, con il rigetto della richiesta di proseguire con
il procedimento a mio carico. Insomma: l’accusa era infondata, non ho diffamato
nessuno, ho solo espresso la mia libera e legittima critica politica.
Il GIP, archiviando, scrive: “ritenute condivisibili
le argomentazioni del PM circa la riconducibilità delle espressioni usate al
diritto di critica politica”. Il PM aveva scritto, nella richiesta di
archiviazione, che “le affermazioni pretesamente diffamatorie di cui il
denunciante si duole appaiono del tutto sintoniche all’esercizio del diritto di
critica in un ambito politico”. Nessuna diffamazione, quindi, ma solo l’esercizio
della critica, quella critica che, nonostante viviamo in democrazia, oggi viene
tanto osteggiata e ostacolata anche con questi mezzi che, per quanto terminino
con esiti positivi come in questo caso, arrecano dolore e danno a chi li
subisce.
Non ho smesso di occuparmi di terremoto specificamente
per la querela in questione. Ho smesso perché, da questa e, soprattutto, dall’annuncio
che lo stesso Falcucci volle a suo tempo fare su Facebook circa la sua volontà
di portarmi in tribunale, ho capito che la gente che stavo difendendo, a cui
stavo dando sostegno, a cui prestavo voce, spazio, tempo e visibilità, in
realtà non lo voleva. Il post di Falcucci, infatti, ricevette 178 like, molti
dei quali da parte di gente che, fino al giorno prima, mi mandava foto, mi
raccontava i suoi problemi, mi chiedeva di parlare di loro sul mio blog. Poi i
commenti, 88 commenti, molti dei quali sprezzanti, offensivi, violenti.
“Costui è un emerito cialtrone”, dice uno dei futuri
candidati a Sindaco di Fiastra. “Il problema non è lui ma chi lo legge”,
sentenzia l’assessore regionale. E la solidarietà del consigliere provinciale
di Fratelli d’Italia, che poi ha continuato tranquillamente a mandarmi i suoi
comunicati stampa “con preghiera di pubblicazione”. E infine gli insulti, una
valanga di odio vomitatomi addosso.
In tribunale ci sono finito. Ma vado in giro a testa
alta. Qualcun altro dovrebbe vergognarsi. Ma non lo farà. Questo tanto per
stabilire la verità.
Luca Craia