Trecento anime sperse per Roma,
riportate dai telegiornali più per essere inseriti nel novero degli attacchi
politici al Governo che per dovere di cronaca, un sibilo d’aria negli orecchi di
chi prende le decisioni, nemmeno capace di spettinarlo appena appena. Le immagini
della manifestazione romana dei terremotati del centro Italia sono l’emblema di
un progetto di annichilimento partito il giorno dopo del primo terremoto, forse prima, un
progetto che prevede il sistematico svuotamento delle zone montane, la loro
progressiva e rapida desertificazione, da realizzarsi per mano stessa dei
terremotati. Un progetto che sta riuscendo perfettamente.
Per mano dei terremotati stessi.
Lasciati soli per loro scelta, dopo aver cacciato in malo modo chiunque abbia
portato un sostegno, una luce accesa, un modo per avere quella visibilità che
ora cercano ma che hanno voluto in tutti i modi cancellare. Comunità chiuse
in se stesse, il forestiero visto come potenziale pericolo, quindi respinto,
quindi combattuto, anche quando viene per sostenere, aiutare, raccontare i
fatti veri per farli sapere a tutti. Una specie di patente per poter soltanto
parlare di terremoto, non solo la becera distinzione tra terremotato di serie A
e di serie B, poco importa che, anche se non residente, ci si abbia lasciato
qualche caro, sotto quei mattoni.
Sono rimasti quelli delle mostre, dei
libri, delle conferenze. Sono rimasti quelli che sono stati bravi a rimanere
dentro quelle mura, sotto quel campanile, a fare discorsi piagnucolosi combattendo
la denuncia, l’incitazione alla lotta, ogni tentativo si dare una spinta alla
situazione, all’opinione pubblica, ai governi. Quelli, la patente, l’hanno
avuta, non davano fastidio, consolava il loro sguardo triste, la loro pacca
sulle spalle. Quelli che urlavano allo scandalo, invece, andavano sbattuti
fuori dalle mura. E fuori sono andati.
Ora piangono l’essere soli, ma la loro
solitudine è stata una scelta. Conscia e inconscia. Perché chi voleva tutto
questo sapeva anche come funziona quella mentalità di paese, quell’arroccarsi
dentro le mura castellane. L’ha utilizzata, ha fatto in modo che chi raccontava
la verità fosse cacciato via. Missione compiuta.
Ci sono i capetti, gente autoproclamatasi
leader, gente col culto della propria personalità che cerca visibilità in
maniera tanto palese da mettere la propria foto in primo piano dappertutto. Due
manifestazioni in meno di un mese. La prima con trecento gatti, la seconda vedremo
quanti gatti ammucchierà, ma è facile fare previsioni. Nemmeno di fare una
manifestazione unica si è stati in grado. Ci sarà silenzio tra l’una e l’altra,
ci sarà silenzio dopo, c’era silenzio prima. Oramai c’è solo il silenzio. Chi doveva
avere vantaggio l’ha avuto, chi doveva stampare libri li ha stampati, chi
doveva andare in televisione c’è andato, chi doveva farsi una carriera nuova se
l’è fatta. Ora silenzio, un flash ogni tanto, come serve all’uso e consumo
della stampa importante. Per il resto solitudine. Forse un po’ di rabbia, poca
poca. Più che altro, rassegnazione.
Luca
Craia