lunedì 20 maggio 2019

Terremoto: solitudine e silenzio.


Trecento anime sperse per Roma, riportate dai telegiornali più per essere inseriti nel novero degli attacchi politici al Governo che per dovere di cronaca, un sibilo d’aria negli orecchi di chi prende le decisioni, nemmeno capace di spettinarlo appena appena. Le immagini della manifestazione romana dei terremotati del centro Italia sono l’emblema di un progetto di annichilimento partito il giorno dopo del primo terremoto, forse prima, un progetto che prevede il sistematico svuotamento delle zone montane, la loro progressiva e rapida desertificazione, da realizzarsi per mano stessa dei terremotati. Un progetto che sta riuscendo perfettamente.
Per mano dei terremotati stessi. Lasciati soli per loro scelta, dopo aver cacciato in malo modo chiunque abbia portato un sostegno, una luce accesa, un modo per avere quella visibilità che ora cercano ma che hanno voluto in tutti i modi cancellare. Comunità chiuse in se stesse, il forestiero visto come potenziale pericolo, quindi respinto, quindi combattuto, anche quando viene per sostenere, aiutare, raccontare i fatti veri per farli sapere a tutti. Una specie di patente per poter soltanto parlare di terremoto, non solo la becera distinzione tra terremotato di serie A e di serie B, poco importa che, anche se non residente, ci si abbia lasciato qualche caro, sotto quei mattoni.
Sono rimasti quelli delle mostre, dei libri, delle conferenze. Sono rimasti quelli che sono stati bravi a rimanere dentro quelle mura, sotto quel campanile, a fare discorsi piagnucolosi combattendo la denuncia, l’incitazione alla lotta, ogni tentativo si dare una spinta alla situazione, all’opinione pubblica, ai governi. Quelli, la patente, l’hanno avuta, non davano fastidio, consolava il loro sguardo triste, la loro pacca sulle spalle. Quelli che urlavano allo scandalo, invece, andavano sbattuti fuori dalle mura. E fuori sono andati.
Ora piangono l’essere soli, ma la loro solitudine è stata una scelta. Conscia e inconscia. Perché chi voleva tutto questo sapeva anche come funziona quella mentalità di paese, quell’arroccarsi dentro le mura castellane. L’ha utilizzata, ha fatto in modo che chi raccontava la verità fosse cacciato via. Missione compiuta.
Ci sono i capetti, gente autoproclamatasi leader, gente col culto della propria personalità che cerca visibilità in maniera tanto palese da mettere la propria foto in primo piano dappertutto. Due manifestazioni in meno di un mese. La prima con trecento gatti, la seconda vedremo quanti gatti ammucchierà, ma è facile fare previsioni. Nemmeno di fare una manifestazione unica si è stati in grado. Ci sarà silenzio tra l’una e l’altra, ci sarà silenzio dopo, c’era silenzio prima. Oramai c’è solo il silenzio. Chi doveva avere vantaggio l’ha avuto, chi doveva stampare libri li ha stampati, chi doveva andare in televisione c’è andato, chi doveva farsi una carriera nuova se l’è fatta. Ora silenzio, un flash ogni tanto, come serve all’uso e consumo della stampa importante. Per il resto solitudine. Forse un po’ di rabbia, poca poca. Più che altro, rassegnazione.

Luca Craia