giovedì 22 settembre 2016

A parte il magnamagna, le olimpiadi a che servono?



Voglio fare una breve considerazione sulla questione delle Olimpiadi a Roma perché, francamente, non capisco. Ci sono, come sempre in Italia, le due tifoserie opposte, il bianco e il nero senza sfumature intermedie, che si battono a colpi di dialettica (dialettica?) per perorare la propria causa. Solo che chi è contrario alle olimpiadi spiega il motivo, ossia che non sarebbe questo il momento di spendere tutti i soldi necessari per l’organizzazione di un evento di questo tipo. L’altro fronte, quello favorevole ai giochi a Roma, spiega il suo convincimento proponendo a motivazione il prestigio che ne seguirebbe. Ma, in fatto di spreco di soldi, non controbattono.
Ora mi domando: visto che i debiti delle olimpiadi di Roma del ’60 li stiamo ancora pagando e quelli del Mondiale di Calcio del ’90 dovremmo aver finito di pagarli da poco, quale sarebbe il vantaggio per l’Italia, a parte il prestigio che, come ben sappiamo, non si mangia, nell’investire una somma verosimilmente ingente per organizzare le olimpiadi? Il cittadino italiano che vantaggio ne trarrebbe?
Qualcuno mi ha già risposto che, investendo in questo senso, si muove l’economia e si stimola la crescita, che l’investimento in lavori pubblici dovrebbe muovere il PIL eccetera eccetera. Posto che gli investimenti di questo genere, in passato, non hanno dato grandi risultati in questo senso ma hanno contribuito alla crescita del debito pubblico, l’idea generale che riesco a farmi è che l’unico vantaggio sia per la solita cricca distributrice di mazzette e bustarelle. E al cittadino rimangono, come al solito, i debiti da pagare. Oltre che il prestigio, naturalmente.

Luca Craia

mercoledì 21 settembre 2016

Una petizione per Moreno e per tutti i malati di SLA



Ho appena lanciato questa petizione su Change per cercare di sbloccare la situazione di Moreno, di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi. La petizione è diretta al Ministro Lorenzin e chiede un’azione politica per risolvere la questione.
 Vi prego di firmarla, prima di tutto perché Moreno è un mio amico e gli voglio bene, ma anche e soprattutto perché è una battaglia di civiltà universale e può stabilire un principio che sia valido per tutti i malati di SLA.
Per firmare clicca qui

Luca Craia

Per un pugno di visualizzazioni Massimo Del Papa torna a ferire Fermo.



Cosa non si fa per una pugno di visualizzazioni: si va al cimitero, ci si apposta nei pressi della tomba di una persona protagonista di un brutto fatto di cronaca, nel quale ha purtroppo perso la vita, e si aspetta; si aspetta di vedere, in un’ora, chi viene a far visita al sepolcro. Questa, almeno, è l’immagine che mi sono fatto di Massimo Del Papa sulla base di quello che scrive nel suo articolo apparso su “Lettera 43” (leggi articolo). Poi non so se sia vero che il giornalista sia veramente stato un’ora impalato al cimitero, magari ha solo immaginato la scena tramite i soliti sentito dire, quelli che hanno costruito l’immagine di mostro addosso all’omicida che sarà, appunto, omicida, ma mostro certamente non è; quelli che hanno fatto andare in prima pagina il prete imprenditore e gli hanno donato fama e credito politico da parte di chi sa come usare certe cose; quelli che, per un fortunatamente breve lasso di tempo, hanno fatto di Fermo la capitale dell’intolleranza e del razzismo.
Ma prendiamolo per vero. Dopo quest’oretta di appostamento, sorpresa delle sorprese, Del Papa si accorge che al cimitero, a visitare la tomba di Emmanuel, l’uomo nigeriano che ha avuto la peggio nella zuffa col facinoroso fermano Mancini, non ci va nessuno. E la domanda è: chi ci dovrebbe andare? Mancini è in galera, secondo me ingiustamente. Don Vinicio ha ben altre cose di cui occuparsi, tra l’amministrazione del suo impero e la gestione della sua immagine personale che si sta sbriciolando piano piano. La moglie del defunto è altrove. E i Fermani?
I Fermani sono la vittima innocente di questa brutta storia. I Fermani, quelli che non erano lì, in quella strada, ma erano a svolgere le loro mansioni quotidiane, a vivere la loro vita di provincia fatta di normalità, una vita come quella che vivono tutti gli Italiani per bene, che non vanno in giro a bastonare gli stranieri e che ingoiano ingiustizie sociali che, quelle sì, generano razzismo e potenziale violenza, i Fermani, dicevo, hanno bisogno di silenzio, col quale riflettere su questa brutta pagina di storia.
I Fermani sono stati accusati di razzismo. A farlo sono stati don Vinicio, Alfano, La Boldrini e tutta la parata di incravattati che è arrivata a Fermo in massa e di corsa per utilizzare al meglio la cronaca estiva picena. E Del Papa, che non so dove viva ma probabilmente Fermo la conosce davvero poco, continua. Continua in un momento in cui bisognerebbe finalmente tacere, ora che si sono spente le luci, ora che persino il prete imprenditore ha capito che sarebbe stato meglio, se non tacere, usare almeno altri toni fin da subito.
Del Papa no. Del Papa ancora accusa. Ha bisogno di visualizzazioni, evidentemente. E allora che fa? Va al cimitero e aspetta. Non va in carcere, per esempio, visto che ha così tante ore da spendere, a trovare Mancini che, per un’accusa per la quale il peggior criminale del mondo con una fedina penale chilometrica starebbe ai domiciliari, marcisce ancora in galera non si sa perché. Non va a sentire la sua versione, non gli interessa. Non va in giro per Fermo a parlare coi Fermani feriti e offesi. Lui va al cimitero e aspetta. E poi scrive un bel sermone in cui siamo tutti cattivi, provinciali, gretti. E fa un sacco di visualizzazioni, e io, mannaggia a me, lo sto aiutando.

Luca Craia