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mercoledì 21 settembre 2016

Per un pugno di visualizzazioni Massimo Del Papa torna a ferire Fermo.



Cosa non si fa per una pugno di visualizzazioni: si va al cimitero, ci si apposta nei pressi della tomba di una persona protagonista di un brutto fatto di cronaca, nel quale ha purtroppo perso la vita, e si aspetta; si aspetta di vedere, in un’ora, chi viene a far visita al sepolcro. Questa, almeno, è l’immagine che mi sono fatto di Massimo Del Papa sulla base di quello che scrive nel suo articolo apparso su “Lettera 43” (leggi articolo). Poi non so se sia vero che il giornalista sia veramente stato un’ora impalato al cimitero, magari ha solo immaginato la scena tramite i soliti sentito dire, quelli che hanno costruito l’immagine di mostro addosso all’omicida che sarà, appunto, omicida, ma mostro certamente non è; quelli che hanno fatto andare in prima pagina il prete imprenditore e gli hanno donato fama e credito politico da parte di chi sa come usare certe cose; quelli che, per un fortunatamente breve lasso di tempo, hanno fatto di Fermo la capitale dell’intolleranza e del razzismo.
Ma prendiamolo per vero. Dopo quest’oretta di appostamento, sorpresa delle sorprese, Del Papa si accorge che al cimitero, a visitare la tomba di Emmanuel, l’uomo nigeriano che ha avuto la peggio nella zuffa col facinoroso fermano Mancini, non ci va nessuno. E la domanda è: chi ci dovrebbe andare? Mancini è in galera, secondo me ingiustamente. Don Vinicio ha ben altre cose di cui occuparsi, tra l’amministrazione del suo impero e la gestione della sua immagine personale che si sta sbriciolando piano piano. La moglie del defunto è altrove. E i Fermani?
I Fermani sono la vittima innocente di questa brutta storia. I Fermani, quelli che non erano lì, in quella strada, ma erano a svolgere le loro mansioni quotidiane, a vivere la loro vita di provincia fatta di normalità, una vita come quella che vivono tutti gli Italiani per bene, che non vanno in giro a bastonare gli stranieri e che ingoiano ingiustizie sociali che, quelle sì, generano razzismo e potenziale violenza, i Fermani, dicevo, hanno bisogno di silenzio, col quale riflettere su questa brutta pagina di storia.
I Fermani sono stati accusati di razzismo. A farlo sono stati don Vinicio, Alfano, La Boldrini e tutta la parata di incravattati che è arrivata a Fermo in massa e di corsa per utilizzare al meglio la cronaca estiva picena. E Del Papa, che non so dove viva ma probabilmente Fermo la conosce davvero poco, continua. Continua in un momento in cui bisognerebbe finalmente tacere, ora che si sono spente le luci, ora che persino il prete imprenditore ha capito che sarebbe stato meglio, se non tacere, usare almeno altri toni fin da subito.
Del Papa no. Del Papa ancora accusa. Ha bisogno di visualizzazioni, evidentemente. E allora che fa? Va al cimitero e aspetta. Non va in carcere, per esempio, visto che ha così tante ore da spendere, a trovare Mancini che, per un’accusa per la quale il peggior criminale del mondo con una fedina penale chilometrica starebbe ai domiciliari, marcisce ancora in galera non si sa perché. Non va a sentire la sua versione, non gli interessa. Non va in giro per Fermo a parlare coi Fermani feriti e offesi. Lui va al cimitero e aspetta. E poi scrive un bel sermone in cui siamo tutti cattivi, provinciali, gretti. E fa un sacco di visualizzazioni, e io, mannaggia a me, lo sto aiutando.

Luca Craia

giovedì 14 luglio 2016

Don Vinicio cambia idea. Ma i danni al Fermano sono fatti.



A me fa piacere quando una persona cambia idea. Sono fermamente convinto che solo gli stupidi non cambino mai idea e don Vinicio non sembra affatto stupido. Quindi il nostro prete-imprenditore, dopo oltre una settimana in cui ha messo alla gogna Fermo e il Fermano facendone la capitale italiana del razzismo, arrecando enormi danni  di immagine al territorio, alle imprese che vi operano e ai cittadini stessi, ora, serenamente, cambia tono, si placa, diventa conciliante persino con Mancini che, finalmente, da peccatore da arrostire tra le fiamme dell’inferno insieme a tutta la sua perfida razzaccia razzista e fascista, diventa pecorella smarrita da riportare all’ovile. Molto bene, me ne compiaccio.
Cosa abbia fatto cambiare idea e atteggiamento al Don non si sa. Possiamo supporre che le parole di Monsignor Conti lo abbiano finalmente toccato e riportato alla ragione e al buon senso, ma può anche darsi, vista la sensibilità mediatica del prete, che si sia leggermente impressionato dal coro di apprezzamenti, non certo positivi, per il suo operato che sta giungendo da ogni parte d’Italia, coro forse più forte ancora del vantaggio dovuto all’esposizione televisiva e giornalistica che si è abilmente procurato. Avrà forse fatto i conti e capito che, seminare odio e tensione sociale, specialmente per un ministro di Dio, non fa una buona immagine.
Fatto sta, però, che il danno è fatto. Fermo è andata su tutti i giornali del mondo e passata su tutti i telegiornali d’Italia. Fermo e i Fermani hanno avuto una popolarità non voluta perché negativa, e di questo va ringraziato il Don. Io direi che, se qualcuno si mettesse in testa di chiedergli i danni, ci sarebbero i presupposti per una bella class action alla quale, francamente, aderirei con entusiasmo. Del resto, coi fatturati delle imprese gestite dal Don, ci sarebbe anche sostanza per pagarli, i danni.

Luca Craia