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giovedì 14 luglio 2016

Don Vinicio cambia idea. Ma i danni al Fermano sono fatti.



A me fa piacere quando una persona cambia idea. Sono fermamente convinto che solo gli stupidi non cambino mai idea e don Vinicio non sembra affatto stupido. Quindi il nostro prete-imprenditore, dopo oltre una settimana in cui ha messo alla gogna Fermo e il Fermano facendone la capitale italiana del razzismo, arrecando enormi danni  di immagine al territorio, alle imprese che vi operano e ai cittadini stessi, ora, serenamente, cambia tono, si placa, diventa conciliante persino con Mancini che, finalmente, da peccatore da arrostire tra le fiamme dell’inferno insieme a tutta la sua perfida razzaccia razzista e fascista, diventa pecorella smarrita da riportare all’ovile. Molto bene, me ne compiaccio.
Cosa abbia fatto cambiare idea e atteggiamento al Don non si sa. Possiamo supporre che le parole di Monsignor Conti lo abbiano finalmente toccato e riportato alla ragione e al buon senso, ma può anche darsi, vista la sensibilità mediatica del prete, che si sia leggermente impressionato dal coro di apprezzamenti, non certo positivi, per il suo operato che sta giungendo da ogni parte d’Italia, coro forse più forte ancora del vantaggio dovuto all’esposizione televisiva e giornalistica che si è abilmente procurato. Avrà forse fatto i conti e capito che, seminare odio e tensione sociale, specialmente per un ministro di Dio, non fa una buona immagine.
Fatto sta, però, che il danno è fatto. Fermo è andata su tutti i giornali del mondo e passata su tutti i telegiornali d’Italia. Fermo e i Fermani hanno avuto una popolarità non voluta perché negativa, e di questo va ringraziato il Don. Io direi che, se qualcuno si mettesse in testa di chiedergli i danni, ci sarebbero i presupposti per una bella class action alla quale, francamente, aderirei con entusiasmo. Del resto, coi fatturati delle imprese gestite dal Don, ci sarebbe anche sostanza per pagarli, i danni.

Luca Craia

domenica 10 luglio 2016

Sgarbi rinuncia a Fermo e dà lezione di buon senso



Il professor Sgarbi con me a Sant'Ugo.

Vittorio Sgarbi, il pugnace critico d’arte e di costumi che tutti conosciamo per la sua acre e dissacrante tempra, oggi ci dà l’esempio di come dovrebbe comportarsi l’uomo pubblico, investito dell’autorità di smuovere opinioni e, quindi, masse. Sgarbi rinuncia a Fermo. Doveva essere nel capoluogo dell’alto Piceno lunedì 11, domani, a Villa Vitali, per parlare di Caravaggio e Pasolini ma, visto quanto accaduto ma, soprattutto, visto il circo equestre di politici e opportunisti di varia natura, lui, che è solito a buttarsi a pesce in ogni polemica e, se non c’è polemica, che è capace di inventarne una, stavolta gira i tacchi e se ne va.
“Credo sia opportuno - spiega Sgarbi - lasciare spazio al lutto per la morte di Emmanuel Chidi Nnamdi e alla riflessione su quanto accaduto. Sono giorni di grande turbamento. Tra l'altro, lo spettacolo racconta, attraverso le opere d'arte, episodi di vita estrema e di violenza che riguardano Caravaggio e Pasolini, e non voglio che qualcuno li accosti alle vicende del nostro tempo”.
Saggezza, lungimiranza, intelligenza. Questo è quello che è mancato nel Fermano in questi ultimi tragici giorni. È mancato a tutti: politici di prima, seconda e terza linea, preti o presunti tali, giornalisti, comuni cittadini. È mancato ad associazioni, movimenti, persone che, come Sgarbi, hanno il potere di convogliare un messaggio. Il messaggio che invia Sgarbi al Fermano, alle Marche e alla nostra povera Italia in mano a lestofanti, opportunisti e, consentitemi, cretini è questo: fermiamoci e riflettiamo, soprattutto non creiamo altro odio. Un messaggio che serviva.

Luca Craia