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venerdì 16 dicembre 2016

La Regione blocca la costruzione delle casette per i terremotati. Politica distante anni luce dalla gente.



È stupefacente come la politica si allontani sempre più dalle reali necessità dei cittadini. Il caso del terremoto del centro Italia sta dimostrando in maniera lampante come chi amministra il nostro Paese, dal governo centrale alle piccole amministrazioni, sia distante anni luce dalla realtà. In questo caso assolvo le amministrazioni comunali dei paesi colpiti direttamente e in maniera più massiccia, che stanno facendo, nella maggior parte dei casi, miracoli per gestire una situazione difficilissima. Ma a rendere ancora più complicato il loto compito ci si mette la burocrazia e l’ottusità di funzionari che non hanno la minima idea di quello che sta accadendo e di quello di cui la gente ha bisogno. Ma i funzionari, in mancanza di direttive politiche ben precise, si limitano ad applicare la legge. Ecco quindi che la responsabilità grava assolutamente sul capo degli amministratori politici.
Il caso delle casette di legno per i terremotati è allucinante. Dopo aver deportato gran parte della popolazione colpita dal sisma verso la costa, con un intento che appare oscuro e sinistro e disegna un futuro fosco per la zona montana delle Marche che, andando di questo passo, sembra destinata alla desertificazione, per i pochi residenti rimasti si sta cercando di rendere loro la vita impossibile.
Il caso, in breve, è questo: le casette di legno della Protezione Civile ancora non si vedono, ma in montagna nevica e fa freddo, anche il Pesarese Ceriscioli dovrebbe saperlo, e chi ha deciso di rimanere ma non ha più una casa deve trovare il modo di sopravvivere. Non avendo assistenza dallo Stato, che in quasi quattro mesi non è riuscito a portare sul posto nemmeno dei miseri prefabbricati in legno, molti cittadini si sono mossi da soli, acquistando a proprie spese delle strutture ove passare l’inverno. In questo in molti casi, come quello di Tolentino, c’è stato l’avallo dell’Amministrazione Comunale che ha autorizzato l’edificazione provvisoria di questi manufatti.
Ora arriva la Regione Marche che dice che non si può. Si tratta di costruzioni abusive che possono essere tollerate solo per tre mesi, dopodiché si rischia di incorrere nell’imputazione per costruzione abusiva. Inoltre la Regione invita i Comuni a seguire le direttive date dalla Protezione Civile, individuare le aree dove installare i prefabbricati, quando arriveranno (ma con calma) prediligendo aree pubbliche. Cornuti e mazziati, i terremotati. La casa non è agibile, gli aiuti non arrivano e chi dovrebbe aiutare che fa? Li minaccia penalmente. Quindi chi ha costruito dei prefabbricati sul proprio terreno li dovrà abbattere. E poi? E poi o se ne vanno anche loro al mare d’inverno oppure congelano attendendo che lo Stato porti loro le promesse casette di legno che, a primavera, saranno davvero d’aiuto. Non fosse tragico farebbe ridere.

Luca Craia

giovedì 24 novembre 2016

Il Natale che non ti aspetti: iniziativa pesarese poco generosa e priva di tatto.


Daniele Tagliolini, Presidente della Provincia di Pesaro-Urbino

Un’iniziativa nata “per rilanciare un’azione condivisa a favore dell’economia del territorio provinciale e per dare un’immagine rassicurante ai turisti che vorranno visitare i nostri bei paesi, che fortunatamente non sono stati colpiti dal terremoto”. Sono le parole di Daniele Tagliolini, Presidente della Provincia di Pesaro-Urbino in quota PD, per presentare “Il Natale che non ti aspetti”, il cartellone di eventi natalizi della provincia più a nord della Marche.
E in effetti mi aspettavo un Natale di verso da dei Marchigiani fortunati, che non hanno dovuto subire i danni, le morti e le conseguenze nefaste sull’economia che il terremoto ha portato alla parte sud della Regione. Mi sarei aspettato solidarietà, vicinanza, qualche iniziativa di supporto morale ma anche economico per le popolazioni colpite e martoriate da mesi di scosse e movimenti.
Invece dobbiamo leggere queste parole fredde, taglienti, che a me, francamente, fanno davvero rabbia. Perchè è in questi casi che si evidenzia l’accezione negativa che è anche la peculiarità della nostra Regione: il nome plurale. Ci sono tante Marche e purtroppo sembra siano slegate tra loro. Le parole di Tagliolini non lasciano dubbi.

Luca Craia

giovedì 10 novembre 2016

Le Marche dimenticate



È forse il terremoto più brutto della storia moderna. Lo è per le purtroppo tante vittime, per gli ingentissimi danni, per le enormi sofferenze a cui gli scampati sono ora soggetti. Lo è perché capita nel momento storico più buio della nostra storia, un momento in cui non c’è un governo che faccia davvero gli interessi nazionali, in cui c’è una crisi economica senza precedenti, in cui la società stessa si sta sfilacciando, in cui la percezione della realtà e manipolata come non mai.
A farne le spese sono tutti i terremotati che, dal primo movimento tellurico, avvenuto ormai due mesi e mezzo fa, ancora non hanno visto un provvedimento, solo uno, che li faccia sperare in qualcosa. Ci sono ancora le tende che volano via col vento, i pantani di fango, le mense comuni. I nostri tesori d’arte sono lasciati alle intemperie, non fosse per i volontari, con un MIBACT assolutamente assente e un Franceschini latitante. Siamo ancora in piena emergenza dopo un tempo enorme dalla prima emergenza, un tempo in cui si sarebbe dovuto iniziare a ristabilire una certa normalità.
Le Marche stanno messe peggio rispetto al Lazio martoriato. Le stanno già dimenticando, non se ne parla quasi più e questo è un bruttissimo segnale. Spariti dai telegiornali Castel Sant’Angelo, Ussita, Visso. Figuriamoci i centri che hanno subito relativamente meno danni. Non ci sono state vittime nelle Marche nel sisma più recente, grazie a Dio. Ma abbiamo perso paesi interi, tesori inestimabili. La nostra fascia montana e pedemontana, e per pedemontana, per la nostra geografia, significa a venti chilometri dal mare, non ha più parte della propria economia, quella legata al turismo culturale. E non si vede nulla all’orizzonte, a parte i proclami incredibili e puerili del Presidente del Consiglio.
Andando di questo passo non ci sarà alcuna ricostruzione. Del resto L’Aquila docet, la città è ancora un fantasma e quella è L’Aquila, mica Ussita. La gente, trapiantata sulla costa, se non ritorna in fretta sulle proprie terre le perderà, attecchirà sul litorale, troverà qui sostentamento e non tornerà più verso le proprie radici che moriranno. È necessario agire in fretta ma non pare aria. Le Marche, oggi, vedono davanti a loro un destino segnato: la desertificazione di un territorio bellissimo, tra i più belli d’Italia, ricchissimo, potenzialmente una miniera d’oro che viene lasciata morire, implodere sotto il peso non delle macerie ma dell’incapacità e della disonestà di chi prende le decisioni e non le prende. È una tragedia immane, infinita, un genocidio culturale portato avanti con televendite politiche che ci fanno credere il contrario. E il bello è che ci crediamo.

Luca Craia