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giovedì 29 maggio 2014

I Cinque Stelle hanno vinto sul serio. Perdendo.



Premetto che non sono un militante del Movimento 5 Stelle, che sono in disaccordo su molti punti con il Movimento 5 Stelle (su altri no), che non mi sogno nemmeno di fare propaganda per il Movimento 5 Stelle con quello che sto scrivendo. Mi limito ad un’analisi di quello che vedo e vedo che il motto “Vinciamo noi” utilizzato in campagna elettorale è diventato veritiero, anche se non nei termini in cui, probabilmente, lo si intendeva.
In effetti, che il Movimento 5 Stelle abbia perso, anche in malo modo, le elezioni mi pare innegabile e lo stesso Grillo non dice il contrario ma tace. Ciononostante i pentastellati hanno vinto o, quantomeno, stanno vincendo. Stanno vincendo su un piano morale, stanno facendo passare, in maniera in qualche modo inconscia, la necessità di moralizzazione della politica. L’antipolitica, questo termine che, in realtà, non significa nulla perché si fa politica anche quando si è antipolitici, sta mutando, lentamente ma inesorabilmente, il dna degli elettori che, anche continuando a votare i vecchi partiti, le stesse persone, gli stessi programmi fantasiosi e fantascientifici, ora cominciano a pretendere pulizia e onestà, trasparenza e spirito di servizio. E gli stessi politici di altri schieramenti cominciano a mutare anch’essi, lentamente ma inesorabilmente. È un processo lungo ma è già iniziato. È proprio questa la vittoria del Movimento 5 Stelle.
Una vittoria che travalica il risultato elettorale. La sconfitta alle elezioni è la sconfitta di un modo di porsi nei confronti degli elettori o, meglio, dei cittadini che non paga più. È la sconfitta della voce grossa, della parolaccia, del rifiuto della dialettica. È la sconfitta di un atteggiamento arrogante e presuntuoso, anche se mosso da buoni propositi. È la sconfitta dell’antieuropeismo a oltranza, non analitico e non selettivo. È la sconfitta di quella tendenza fascistoide che, evidentemente, spaventa. È la sconfitta di Beppe Grillo, non del Movimento 5 Stelle che, nonostante il responso delle urne, rimane la vera grande novità politica (non antipolitica) in Italia. E rimane, forse, una grande speranza, a patto che lo sconfitto Beppe riesca finalmente e farsi da parte, o che gli stessi attivisti del Movimento riescano a mettercelo, da parte. Perché se il Movimento riuscirà a evolversi e a diventare propositivo, analitico, a scrollarsi di dosso quell’odore qualunquista e populista, quel sospetto di filofascismo, ad affrancarsi da quel padre ingombrante e, oramai, dannoso, allora sì che vincerà, anche nelle urne. Per intanto assistiamo alla rivoluzione morale che i 5 Stelle hanno innescato e che, forse, è quello che conta davvero.

Luca Craia