mercoledì 26 dicembre 2018

Gli spogliatoi del campo di calcio a 5 costano più di un appartamento.

Misurano 15 metri per 9,60, gli spogliatoi del campo da calcio a cinque che verrà costruito all'estrema periferia del quartiere San Liborio di Montegranaro, campo che, come abbiamo visto (vedi articolo), non sarà utilizzabile per alcun campionato ufficiale. La dimensione è grosso modo quella di un paio di appartamenti con buone finiture, il costo di costruzione pure, anzi, più alto.
Costeranno esattamente 168.830 Euro, più del costo di costruzione di un paio di buoni appartamenti. Solo che non sono appartamenti. E la loro utilità è tutta da vedere. 

Luca Craia 

Nuovo centro sportivo: non omologabile l'impianto per il calcio a 5.

Quando si spendono soldi della collettività, bisognerebbe fare in modo che vengano spesi nel miglior modo possibile. Per esempio, se si spendono 600.000 Euro dei cittadini di Montegranaro per realizzare in mezzo al nulla un nuovo complesso sportivo, sarebbe quanto meno opportuno che gli impianti siano utilizzabili il più possibile. Pare, invece, che il campo coperto per il calcio a 5, che si sta costruendo all'estrema periferia del quartiere San Liborio, non sia omologabile per nessun tipo di gara ufficiale.
A dirlo è la FIGC, interpellata ad hoc, che ha ribadito come le misure minime per un impianto omologabile per il campionato di calcio a 5 di serie B, dove milita, per esempio, la squadra montegranarese della Juventina, siano di 16 metri per 32, a cui vanno aggiunte le vie di fuga, le panchine e altri spazi necessari. Secondo la FIGC il nuovo impianto non rispetterebbe i requisiti minimi. Inoltre sono previsti solo due spogliatoi, il che impedirebbe che si possano disputare tornei a più squadre in simultanea.
Il problema pare sia noto da tempo, ma l'amministrazione Mancini ha tirato dritto sulla sua strada col progetto originale, senza sentire ragioni. La conseguenza sarà che l'impianto non sarà utilizzabile se non per allenamenti e partitelle, costringendo le squadre più prestazionali a giocare altrove. Un bel modo di spendere soldi pubblici.

Luca Craia 

lunedì 24 dicembre 2018

Terremoto: scatta la protesta 2.0, più politicizzata che mai.


Terremotati trattati come pacchi, come animali, senza rispetto, defraudati, parcheggiati, dimenticati. Era logico che ne scaturisse una protesta, in verità partita fin da subito. Ma la protesta si è esaurita, nel corso dei primi due anni di emergenza infinita, infrangendosi contro i campanilismi, le divisioni, gli arrivismi, il tutto sapientemente pilotato da chi sa come governare certi meccanismi. Negli ultimi mesi abbiamo visto assopirsi ogni moto di reazione, placarsi gli animi in una rassegnazione e in un nichilismo indotti e programmati.
Rimane la protesta verbale, scritta, virtuale, una protesta tanto feroce quanto sterile. Certo, attaccare il Governatore delle Marche su Facebook dà soddisfazione e forse anche un po’ di fastidio al destinatario ma, sostanzialmente, lascia il tempo che trova, non sortisce alcun effetto reale: la desertificazione è in atto sembra ormai irreversibile e protestare col telefonino è come spegnere un incendio col bicchierino dello sciroppo.
Ultimamente c’è un altro fenomeno che pare interessante: un cambio di guardia nelle leadership della protesta reale, quella che ormai si è fermata. Alcuni leader dei comitati, quei comitati nati subito dopo il sisma e moltiplicatisi fino a diventare più numerosi dei terremotati stessi, stanno decisamente tirando i remi in barca prendendo coscienza della sconfitta, altri continuano imperterriti a portare avanti iniziative più di facciata che di sostanza, magari nella ricerca di qualche tipo di visibilità o consenso. A questi si stanno unendo altri aspiranti capipopolo, redivivi masanielli pronti a rinfocolare le braci della protesta, poco importa se ormai sono quasi solo ceneri.
Una nuova protesta, stavolta estremamente politica, diretta contro il Governo che, in realtà, sta perpetuando la politica del non fare dei precedenti esecutivi, ma anche verso la figura del nuovo commissario, quel Farabollini che sembra scontentare tutti. E qui viene il sospetto, anzi due, che il commissario non piaccia proprio perché magari ha qualche possibilità di azione in più rispetto ai predecessori, e che ci sia la netta volontà di isolarlo prima ancora che riesca a compiere una qualche azione.
Farabollini, non è un politico, non è un oratore, non sa arringare le folle e non sembra essere capaci di raccontare frottole in maniera credibile. Davanti alle telecamere è impacciato, non ha la risposta pronta, è facile preda del giornalista strumentale. Non piace, per questo, perché altrimenti non ci sarebbero altri motivi per contestarlo fin da subito. Eppure è un uomo del territorio, uno che conosce le particolarità delle zone colpite e le peculiarità del loro tessuto sociale. Ed è un tecnico, uno che, quantomeno, dovrebbe capire la materia che sta trattando molto meglio di chi è venuto prima. La logica sarebbe di instaurare un rapporto stretto tra rappresentanti dei terremotati e la figura che fa da raccordo col governo. Invece non c’è mai stato nemmeno il tentativo di farlo, mettendosi subito di traverso. E questi nuovi masanielli sono sul piede di guerra proprio contro il commissario. Il che fa sospettare in maniera molto forte che non ci sia solo la rabbia a muoverli, ma che l’azione sia ancora una volta politica, per evitare che esista la benché minima possibilità che si creino ostacoli alla desertificazione ormai in via di realizzazione.

Luca Craia

Foto: Il Messaggero

sabato 22 dicembre 2018

Il Giardino delle Farfalle esempio della difficoltà dell’entroterra terremotato per la mancanza di servizi essenziali.


Comunicato integrale

"Se vogliamo davvero che l'entroterra rinasca non possiamo prescindere dalla garanzia dei servizi essenziali, che passa nell'immediato per un sostegno a chi convive con enormi disagi e in prospettiva in un ammodernamento tecnologico". E' la convinzione della consigliera regionale della Lega Marzia Malaigia, che torna sull'interrogazione presentata nei giorni scorsi alla Giunta Ceriscioli sui malfunzionamenti delle reti idriche ed elettriche che stanno penalizzando le zone montane.
La consigliera evidenzia il caso del Giardino delle farfalle, originale realtà di Cessapalombo, con museo e ristorante bar, riaperto la scorsa primavera dopo una prolungata inattività causata dal sisma. "In questi giorni, a causa dei continui blackout di corrente, i titolari sono stati costretti ad annullare diverse prenotazioni previste per la settimana di Natale, con evidenti danni economici – nota la Malaigia – Conosco da tanti anni la coppia che gestisce questa splendida attività, hanno sostenuto grandi sacrifici e quella di rimanere a Cessapalombo dopo il terremoto è stata per loro prima di tutto una scelta di vita, sofferta ma convinta. Il Comune ha fornito loro un generatore per sopperire all'emergenza, ma rimangono forti criticità che impediscono di garantire il servizio che vorrebbero offrire, la luce va e viene. Credo debba essere una priorità del governo regionale quella di mettere l'entroterra nelle condizioni di risollevarsi. Queste persone pagano le tasse al pari delle realtà della costa, ma con servizi a singhiozzo e un contesto fortemente penalizzante. Ricollegandomi all'interrogazione presentata nei giorni scorsi sui malfunzionamenti delle reti elettriche a Sarnano ed Ussita, credo che le realtà dell'entroterra colpite dal terremoto meriterebbero ben altro sostegno, a partire da sgravi ed aiuti per ammortizzare le criticità. Altrettanto urgente è impegnarsi attivamente perchè siano migliorate infrastrutture e servizi, ci sia una sostituzione di linee ed impianti obsoleti o malfunzionanti. Solo in questo modo si potrà garantire un supporto reale e concreto a chi ha avuto il coraggio di restare nelle zone terremotate e continuare ad investire in quelle aree".

Foto: www.viaggiesorrisi.com

Il vento annulla il Villaggio di Babbo Natale. La lungimiranza di farsi da soli il danno e la beffa in un colpo solo.


Fare una manifestazione per bambini di sabato pomeriggio anziché la domenica, come vorrebbe la logica e il buon senso, già di per sé è assurdo. Ma sappiamo bene che l’amministrazione comunale di Montegranaro, specialmente l’assessore Beverati, ha una predilezione per questo giorno della settimana, nonostante il motivo permanga misterioso, per cui ci stiamo abituando ad avere manifestazioni vuote di pubblico il sabato e il paese vuoto di tutto la domenica.
A Montegranaro ci sono due posti in cui il vento tira sempre, pure a luglio con 40 gradi: Porta Spina e largo Conti. Con la stessa logica di proporre manifestazioni il sabato, quindi, si è pensato bene di montare dei gonfiabili per bambini in largo Conti. Indovinate cosa è successo? Alle 16,30 hanno dovuto smontare tutto perché si rischiava che il vento si portasse via i gonfiabili e quei quattro bambini che, nonostante tutto, erano arrivati.
Per realizzare questo capolavoro, il transito veicolare è stato chiuso fin dalla mattina, danneggiando ulteriormente i già martoriati commercianti del centro che, ovviamente, non l’hanno presa affatto bene, anche perché il sabato prima di Natale è un’occasione di vendite che non si ripete spesso. Chiudendo il transito per una manifestazione a cui non partecipa nessuno, il danno è doppio.
Eppure piazza Mazzini sarebbe stata una buona soluzione: più protetta dalle intemperie, nessun negozio che avrebbe subito danni dalla chiusura del traffico. Inoltre sarebbe stata un’occasione per portare un po’ di gente nel centro storico, fermo restando che, il sabato pomeriggio, la gente ha altro da fare.

Luca Craia