L'istante in cui i "bassiani" fecero mancare il loro voto al bilancio, facendo cadere l'amministrazione Gismondi. La foto è del Corriere Adriatico, scattata da Barbara Rossi. |
È molto interessante l’analisi di Marisa Colibazzi pubblicata
stamane da Il Resto del Carlino. È un’analisi che offre uno spaccato della
situazione preelettorale degli antagonisti all’attuale Amministrazione Comunale
di Montegranaro e formula delle ipotesi piuttosto concrete, sulle quali vorrei
ragionare anche io.
I tentativi di Forza Italia di crearsi uno spazio all’interno
della coalizione che andrà a sfidare il Sindaco Mancini sono la classica
manovra di chi cerca di sedersi a un tavolo dove non c’è una sedia libera per
lui. Forza Italia, a Montegranaro, ha una storia travagliata, fatta di coordinatori
neanche iscritti al partito e iscritti che vengono presi a pesci in faccia
(vedi Gastone Gismondi), di circoli con due iscritti e numerosissimi
coordinatori solo di se stessi. L’aggancio intermittente con il gruppo che fa
riferimento a Gianni Basso è emblematico e dice tutto sulla politica di questo
partito che, a Montegranaro, non fa gli interessi dei cittadini dai tempi del
tradimento dei bassiani.
Il coordinatore attuale, del resto, ufficialmente
riconosciuto da Jessica Marcozzi, che oggi tutto muove nella Forza Italia
marchigiana, è quel Denis Ranalli che fece cadere l’Amministrazione Gismondi, insieme
a Mirko Giacobbi e Niccolò Venanzi (nonché al politicamente evanescente Gionata
Pagliaricci), pilotati da Gianni Basso. Il “tradimento dei bassiani” consegnò
il paese al Commissario Ianieri e il successivo schieramento di una lista
autonoma alle amministrative del 2014 agevolò moltissimo l’ascesa della
coalizione guidata da Mancini e Ubaldi. Insomma, di danni ne hanno fatti a
pacchi.
La Marcozzi, auspicando un centro-destra unito per le
prossime elezioni, dimostra di non conoscere affatto la realtà montegranarese
dove il centro-destra non è unito e non può unirsi sia per le vicende appena
ricordate, sia perché un bel pezzo dello stesso centro-destra è parte
essenziale della coalizione di centro-sinistra. Non sa, la Marcozzi, che l’opposizione,
a parte un atteggiamento defilato del Movimento 5 Stelle, ha collaborato
strettamente tanto da far supporre accordi o alleanze per le amministrative, il
che escluderebbe qualsiasi definizione che non sia di civicità assoluta, cosa ben
diversa da uno schieramento di centro-destra.
In ogni caso, oggi Gianni Basso sembra aver perso quell’appeal
che ancora parzialmente conservava fino a cinque anni fa e che gli consentì
allora di propiziare la sconfitta di Gismondi alle elezioni. Oggi, dopo un
quinquennio di opposizione per di più opaca e persi molti dei suoi capisaldi di
potere, sembra avere una forza elettorale molto ridimensionata, che
personalmente stimerei in poche decine di voti, al massimo un paio di centinaia,
molti meno di quelli che un’eventuale coalizione formata dall’attuale
opposizione potrebbe perdere imbarcando i Forzisti nostrani. Insomma, allearsi
con Forza Italia, che significa allearsi con Gianni Basso, farebbe perdere più
voti di quelli che si guadagnerebbero.
Quello della Marcozzi, quindi, è un bluff anche facile da
vedere. Meglio farebbe a strizzare l’occhio al suo alleato naturale, quel Pd
che, con Renzi, è diventato di fatto l’erede del berlusconismo. Solo che
Montegranaro Riparti ha una formazione blindata, e anche lì spazio per Ranalli &
Co. non sembra esserci. È quindi pensabile che la ricerca di una sedia per i
tavoli delle trattative lascerà Jessica Marcozzi e suoi pupilli in piedi e
fuori dalla porta.
Luca Craia