mercoledì 29 settembre 2021

La strategia di Basso Quello Alto

 

Ho ascoltato con molta attenzione l’intervento di Roberto Basso, ex superassessore della Giunta Mancini, a uno degli incontri elettorali della lista del PD e devo confermare quanto ho già avuto modo di dire: l’ingegnere è diventato bravo in politica, direi che è uno dei pochi, a Montegranaro, che di politica capiscono e in politica si sanno muovere. Nel suo intervento, l’ex assessore ha spiegato la sua mancata candidatura senza spiegarla, ha ribadito le distanze con la Mancini senza fare polemica, ha sostanzialmente confermato quello che sospettavamo tutti, ma lo ha fatto tranquillizzando i suoi che, sostanzialmente, volevano essere tranquillizzati.

Basso ha capito che la partita stavolta è difficile, che ci sono forti possibilità di perdere, e ha pensato bene di rimanere a guardare. Tanto più che, cosa mai smentita, tra lui e il suo Sindaco non è mai corso buon sangue. L’occasione è quindi ghiotta, qualora il PD perdesse, per togliere di mezzo un ostacolo, la Mancini stessa, per poi presentarsi come salvatore della patria o, meglio, del partito alla prossima tornata. Se invece il PD dovesse vincere, rimarrà comunque uno degli artefici della vittoria avendo formalmente contribuito.

Basso è l’uomo forte del PD. Lo è da un pezzo, ma prima dipendeva dal fatto che non aveva concorrenza interna, a parte Perugini che, pur essendo esperto di politica e piuttosto scaltro, manca decisamente di carisma. A Basso il carisma non difetta, e ora è diventato anche bravo. Non cede più alle intemperanze di cui si è reso protagonista in passato, ha imparato a dominare un carattere irruento, è maturato e ora è un leader vero. Ma gli serve il delitto perfetto per levarsi di torno l’avversario interno. Lo farà compiere a Ubaldi, se Ubaldi vince, oppure lascerà che i tempi maturino per poi candidarsi. Non è alta strategia ma a Montegranaro è uno di quelli che ragionano meglio. Lo ha capito anche Andrea Franceschetti che lo sta seguendo nel progetto passo passo.

 

Luca Craia

martedì 28 settembre 2021

Il cacciavite di Peppe

 

Adesso vi voglio raccontare di come si faceva politica un tempo, denunciando anche, ahimè, la mia non più tenerissima età. Era il 1991 ed io all’epoca ero un giovane Repubblicano chiamato a guidare la sezione di Montegranaro come segretario cittadino. La politica montegranarese, in quel periodo, era una cosa da romanzo, accadevano cose che i fatti di oggi sembrano barzellette al confronto. Ed era faticoso avere ruoli politici, perché toccava fare incontri, riunioni, scrivere comunicati, telefonare a questo o a quello, andarlo a trovare per parlarci.

Era quel periodo in cui Paolo Baleani era stato eletto Sindaco di Montegranaro per rimanere tale giusto un mese, con accordi post-elettorali ballerini tra l’allora PCI e il PSI che poi si ruppero per un altro accordo tra DC, PCI, PSDI e noi del PRI che portò alla caduta dell’ottimo Paolo e alla nomina a Primo Cittadino di Graziano Di Battista. Tra Repubblicani e Socialisti c’era sempre stata una sorta di parentela stretta, una specie di fratellanza illegittima, e questa specie di tradimento da parte nostra nei confronti dell’amico Baleani, Socialista, aveva irrigidito i rapporti tra le nostre due sezioni.

Considerate che le sedi delle sezioni rispettivamente del PRI e del PSI erano entrambe in via Conventati, distanti una decina di metri: la prima di fronte alla porta del Circolo La Lucciola, la seconda all’angolo di piazza Mazzini, entrambe sotto il palazzo di Carletti. Capitava spesso che si tenessero contemporaneamente le riunioni dei direttivi dell’uno e dell’altro partito, e quando ci si incontrava per strada dire che ci si guardava in cagnesco è un eufemismo. La tensione era palpabile e il rischio rissa altissimo.

Capitò che una sera arrivai in sezione in anticipo. Aprii la porta e accesi le luci, quando mi accorsi che la nostra insegna con l’Edera non si accendeva. Immaginai subito gli sfottò dei nostri dirimpettai se si fossero accorti dell’insegna spenta, così mi misi subito ad armeggiare con la presa cercando di riparare il guasto ma senza successo. In quel mentre passò di lì Peppe Intendente, socialista storico nonché elettricista sopraffino, che molti ricorderanno con affetto come faccio io. Peppe vide il mio tribolare e mi fece: “che stai a fa?”. E io: “niente Pe’, non mi funziona l’insegna”. E lui, scansandomi di lato: “lete, ce penzo io”. Tirò fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni uno di quei cacciaviti con le punte contenute nel manico, fissò la punta giusta all’ultensile e in pochi secondi riattaccò la luce. Mi aspettavo come minimo uno sfottò da quello che comunque era un avversario politico. Lo ringraziai e lui rispose: vedi Lu? Questo è quello che intendo io per socialismo. E se ne andò alla sua sezione. Dopo cinque minuti eravamo tutti in strada, Repubblicani e Socialisti, a guardarci male.

Lungi da me l’idea di dare lezioni o di fare operazioni nostalgia sulla politica, ma forse questo spirito, questo rispetto per l’avversario, per la persona, pur rimanendo la rivalità accessa e il confronto aspro sugli argomenti, dovremmo cercare di recuperarlo perché quello che vedo in questi giorni non gli assomiglia per niente.

 

Luca Craia

 

Chi gestisce Il Cavillo?

Su Facebook si può fare di tutto. In questa bruttissima campagna elettorale abbiamo visto girare lettere più o meno anonime o creare profili falsi al solo scopo di screditare l’avversario, ma credevamo che alcune cose fossero chiare e nitide. Per esempio era lecito pensare che Il Cavillo, la pagina “satirica” nata oltre un decennio fa per mano dell’allora dinamicissima sezione dei Giovani Democratici, poi congelata per tutta la durata dell’Amministrazione Mancini e ora tornata in vita in occasione delle prossime elezioni amministrative, avesse una paternità certa. In effetti la paternità sarebbe scritta nel frontespizio stesso della pagina, che riporta sul lato sinistro il logo del PD e sul lato destro quello dei Giovani Democratici, nonché la scritta in calce “Periodico di politica, attualità e cultura a cura del Partito Democratico e dei Giovani Democratici di Montegranaro”.  

Tutto chiaro, diremmo. E invece no. Scoppia una diatriba, anche questa abbastanza brutta, tra Gioventù Libera, i ragazzi che fanno riferimento all’area di Endrio Ubaldi, e i Giovani Democratici (visibile qui https://www.facebook.com/gioventu.libera/photos/a.1438738153103391/2871044939872698/). L’argomento dello scontro, tutto giocato su Facebook, è appunto l’accusa di grevità nel linguaggio e di mancanza di rispetto per l’avversario nei confronti dei GD a causa di un meme (per gli anziani come me, i meme sono quella specie di vignette che, in teoria, dovrebbero far ridere) in cui si parla di maternità ignote, cose che, ai tempi, finivano immancabilmente a botte (quando si toccava la mamma).


Qui le botte sono virtuali: i due gruppi si confrontano ed esce fuori una dichiarazione dei Giovani Democratici che dicono: ”…questa vignetta non è frutto del nostro ingegno. È senz’altro frutto della nostra satira o meglio di chi gestisce il cavillo (che è altro rispetto ai Gd) l’averla pubblicata sdrammatizzando”. Quindi la paternità di chi scrive su Il Cavillo non è del PD né dei GD. Di chi è allora? Chi si assume la responsabilità di quello che è scritto su quella pagina? Perché un responsabile ci dovrebbe essere, se non altro per una questione di serietà, uno che si assuma la responsabilità anche legale dei contenuti di quello spazio. Anche perché ci sono i loghi, e qui c’è da capire se quei loghi sono utilizzati a pieno titolo oppure in maniera non legittima. Siccome la satira, se la vogliamo chiamare così, che si fa su Il Cavillo a volte è piuttosto pesante, non sarebbe male se qualcuno dell’area PD/GD chiarisse questa cosa.

 

Luca Craia