martedì 28 settembre 2021

Il cacciavite di Peppe

 

Adesso vi voglio raccontare di come si faceva politica un tempo, denunciando anche, ahimè, la mia non più tenerissima età. Era il 1991 ed io all’epoca ero un giovane Repubblicano chiamato a guidare la sezione di Montegranaro come segretario cittadino. La politica montegranarese, in quel periodo, era una cosa da romanzo, accadevano cose che i fatti di oggi sembrano barzellette al confronto. Ed era faticoso avere ruoli politici, perché toccava fare incontri, riunioni, scrivere comunicati, telefonare a questo o a quello, andarlo a trovare per parlarci.

Era quel periodo in cui Paolo Baleani era stato eletto Sindaco di Montegranaro per rimanere tale giusto un mese, con accordi post-elettorali ballerini tra l’allora PCI e il PSI che poi si ruppero per un altro accordo tra DC, PCI, PSDI e noi del PRI che portò alla caduta dell’ottimo Paolo e alla nomina a Primo Cittadino di Graziano Di Battista. Tra Repubblicani e Socialisti c’era sempre stata una sorta di parentela stretta, una specie di fratellanza illegittima, e questa specie di tradimento da parte nostra nei confronti dell’amico Baleani, Socialista, aveva irrigidito i rapporti tra le nostre due sezioni.

Considerate che le sedi delle sezioni rispettivamente del PRI e del PSI erano entrambe in via Conventati, distanti una decina di metri: la prima di fronte alla porta del Circolo La Lucciola, la seconda all’angolo di piazza Mazzini, entrambe sotto il palazzo di Carletti. Capitava spesso che si tenessero contemporaneamente le riunioni dei direttivi dell’uno e dell’altro partito, e quando ci si incontrava per strada dire che ci si guardava in cagnesco è un eufemismo. La tensione era palpabile e il rischio rissa altissimo.

Capitò che una sera arrivai in sezione in anticipo. Aprii la porta e accesi le luci, quando mi accorsi che la nostra insegna con l’Edera non si accendeva. Immaginai subito gli sfottò dei nostri dirimpettai se si fossero accorti dell’insegna spenta, così mi misi subito ad armeggiare con la presa cercando di riparare il guasto ma senza successo. In quel mentre passò di lì Peppe Intendente, socialista storico nonché elettricista sopraffino, che molti ricorderanno con affetto come faccio io. Peppe vide il mio tribolare e mi fece: “che stai a fa?”. E io: “niente Pe’, non mi funziona l’insegna”. E lui, scansandomi di lato: “lete, ce penzo io”. Tirò fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni uno di quei cacciaviti con le punte contenute nel manico, fissò la punta giusta all’ultensile e in pochi secondi riattaccò la luce. Mi aspettavo come minimo uno sfottò da quello che comunque era un avversario politico. Lo ringraziai e lui rispose: vedi Lu? Questo è quello che intendo io per socialismo. E se ne andò alla sua sezione. Dopo cinque minuti eravamo tutti in strada, Repubblicani e Socialisti, a guardarci male.

Lungi da me l’idea di dare lezioni o di fare operazioni nostalgia sulla politica, ma forse questo spirito, questo rispetto per l’avversario, per la persona, pur rimanendo la rivalità accessa e il confronto aspro sugli argomenti, dovremmo cercare di recuperarlo perché quello che vedo in questi giorni non gli assomiglia per niente.

 

Luca Craia

 

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