venerdì 28 dicembre 2018

Riaprire San Francesco, un proposito per i Montegranaresi per il 2019


La chiesa di San Francesco, a Montegranaro, meglio nota come Pievania, è stata la chiesa principale del paese per tantissimi anni. La chiesa del Pievano, la chiesa della piazza, la chiesa del cuore del paese era punto di riferimento anche per le altre parrocchie, luogo di attrazione per i giovani, fulcro della vita del centro storico e non solo. Intorno alla parrocchia del SS. Salvatore, che ha sede nella chiesa di San Francesco, per anni ha ruotato gran parte della vita sociale di Montegranaro. Da lì sono partite iniziative importanti, come la riapertura del cinema La Perla per mano di un gruppo di volontari stimolati dal compianto don Peppe Trastulli, ma anche tantissime iniziative, alcune delle quali ancora in vita.
Col tempo, e con l’evoluzione urbanistica del paese che ha fortissimamente decentrato i poli sociali cittadini e, con essi, anche i fulcri della vita spirituale e religiosa, sono sorte nuove parrocchie che hanno via via acquisito maggior peso facendo diminuire di importanza la chiesa di piazza e, nonostante l’avvento della parrocchia unica e che la sua sede sia rimasta in piazza Mazzini, San Francesco ha iniziato a essere meno frequentata, con conseguenze negative su tutta la vita del centro storico.
La chiesa del quartiere è fondamentale nella socialità del luogo. Nonostante il laicismo di fatto sempre più radicalizzato, la chiesa rimane punto di riferimento per credenti e non, e il centro storico, per quanto sempre più spopolato e degradato, ha bisogno della sua chiesa anche nella sua funzione sociale. Ma anche la vivacità del centro cittadino e la sua economia sono influenzate dalla presenza della chiesa, che richiama gente in quantità e produce un movimento che ha effetti positivi su tutta la vita del cuore cittadino.
La chiesa di San Francesco è chiusa dal terremoto del 2016, quindi da oltre due anni. Non ha subito danni gravissimi, ma danni ci sono e non è pensabile di aprirla in queste condizioni. Occorre intervenire per risolvere i problemi. Al momento non sono a conoscenza di una stima precisa del costo dell’intervento, ma non credo che sia pesantissimo, certamente nemmeno leggerissimo.
Credo che, se la Curia non ha in mente di intervenire, come sembra di capire, forse i Montegranaresi possano farlo direttamente, per tutelare un bene che è della città e dei suoi cittadini, per ridare dignità a un paese che vive una situazione in altri tempi inaccettabile. I Montegranaresi hanno sempre tenuto molto al proprio paese, mettendoci mano direttamente quando è stato necessario. Credo che questo sia il caso: un paese come Montegranaro non può avere la sua chiesa principale chiusa per oltre due anni. Che il 2019 sia l’anno della riapertura di San Francesco, per mano della Curia o dei Montegranaresi.

Luca Craia

Domani la quinta edizione del Presepe Vivente di Montegranaro. Una magia che si ripete.


La cosa più bela, per un Montegranarese, è vedere tanta gente sacrificare le proprie vacanze di Natale, il proprio tempo libero, per un obiettivo comune che fa bene al paese. Montegranaro è una città estremamente particolare, molto fredda, con un senso di comunità quasi inesistente, con divisioni profonde, sempre più marcate, una politicizzazione serpeggiante in ogni angolo della società. Ma con il Presepe Vivente accade qualcosa che, per chi conosce i meccanismi di questa strana cittadina, sembra quasi miracoloso: i Montegranaresi si uniscono, fanno comunità, collaborano e costruiscono insieme. Quello che non accade per tutto l’anno accade a Natale: a Montegranaro si crea la comunità.
Anche oggi sono al lavoro tanti Montegranaresi, con temperature rigide, con il tempo che scorre e l’urgenza di terminare ad allestire tutte le scene per domani. Perché domani si aprono le porte della magia, una magia che illumina il centro storico di Montegranaro, luogo di degrado, luogo dimenticato, luogo abbandonato a se stesso, di fiaccole e calore, una magia che riempie le strette vie di gente estasiata da un’atmosfera unica e irripetibile.
Le porte di questa dimensione sublime si aprono domani pomeriggio, sabato 29 dicembre, alle ore 17, per poi ripetersi il giorno dopo. Ci sono ben 500 personaggi in costume a girare per le strade del centro storico per far rivivere il clima della nascita di Gesù, ben 60 ambientazioni ricostruite con cura e amore. Un lavoro meticoloso fatto col cuore da tantissimi Montegranaresi, che crea un momento meraviglioso per il paese.
Ma è anche una meta immancabile per chi montegranarese non è ma vuole immergersi in questa atmosfera onirica, a metà tra sogno e viaggio nel tempo, spirituale nella sua religiosità ma anche nella trasmissione di un messaggio di pace concreta. Tutti gli anni sono tantissimi i visitatori che vengono da fuori paese, e anche quest’anno non mancheranno.
Buon lavoro, quindi, a coloro che, in questo momento, stanno lavorando con le mani doloranti per il freddo, per regalarci questo istante di serenità che, si spera, possa rimanere acceso almeno un po’ per tutto il 2019 che sta arrivando.

Luca Craia

Foto: Ente Presepe Vivente Montegranaro

mercoledì 26 dicembre 2018

Gli spogliatoi del campo di calcio a 5 costano più di un appartamento.

Misurano 15 metri per 9,60, gli spogliatoi del campo da calcio a cinque che verrà costruito all'estrema periferia del quartiere San Liborio di Montegranaro, campo che, come abbiamo visto (vedi articolo), non sarà utilizzabile per alcun campionato ufficiale. La dimensione è grosso modo quella di un paio di appartamenti con buone finiture, il costo di costruzione pure, anzi, più alto.
Costeranno esattamente 168.830 Euro, più del costo di costruzione di un paio di buoni appartamenti. Solo che non sono appartamenti. E la loro utilità è tutta da vedere. 

Luca Craia 

Nuovo centro sportivo: non omologabile l'impianto per il calcio a 5.

Quando si spendono soldi della collettività, bisognerebbe fare in modo che vengano spesi nel miglior modo possibile. Per esempio, se si spendono 600.000 Euro dei cittadini di Montegranaro per realizzare in mezzo al nulla un nuovo complesso sportivo, sarebbe quanto meno opportuno che gli impianti siano utilizzabili il più possibile. Pare, invece, che il campo coperto per il calcio a 5, che si sta costruendo all'estrema periferia del quartiere San Liborio, non sia omologabile per nessun tipo di gara ufficiale.
A dirlo è la FIGC, interpellata ad hoc, che ha ribadito come le misure minime per un impianto omologabile per il campionato di calcio a 5 di serie B, dove milita, per esempio, la squadra montegranarese della Juventina, siano di 16 metri per 32, a cui vanno aggiunte le vie di fuga, le panchine e altri spazi necessari. Secondo la FIGC il nuovo impianto non rispetterebbe i requisiti minimi. Inoltre sono previsti solo due spogliatoi, il che impedirebbe che si possano disputare tornei a più squadre in simultanea.
Il problema pare sia noto da tempo, ma l'amministrazione Mancini ha tirato dritto sulla sua strada col progetto originale, senza sentire ragioni. La conseguenza sarà che l'impianto non sarà utilizzabile se non per allenamenti e partitelle, costringendo le squadre più prestazionali a giocare altrove. Un bel modo di spendere soldi pubblici.

Luca Craia 

lunedì 24 dicembre 2018

Terremoto: scatta la protesta 2.0, più politicizzata che mai.


Terremotati trattati come pacchi, come animali, senza rispetto, defraudati, parcheggiati, dimenticati. Era logico che ne scaturisse una protesta, in verità partita fin da subito. Ma la protesta si è esaurita, nel corso dei primi due anni di emergenza infinita, infrangendosi contro i campanilismi, le divisioni, gli arrivismi, il tutto sapientemente pilotato da chi sa come governare certi meccanismi. Negli ultimi mesi abbiamo visto assopirsi ogni moto di reazione, placarsi gli animi in una rassegnazione e in un nichilismo indotti e programmati.
Rimane la protesta verbale, scritta, virtuale, una protesta tanto feroce quanto sterile. Certo, attaccare il Governatore delle Marche su Facebook dà soddisfazione e forse anche un po’ di fastidio al destinatario ma, sostanzialmente, lascia il tempo che trova, non sortisce alcun effetto reale: la desertificazione è in atto sembra ormai irreversibile e protestare col telefonino è come spegnere un incendio col bicchierino dello sciroppo.
Ultimamente c’è un altro fenomeno che pare interessante: un cambio di guardia nelle leadership della protesta reale, quella che ormai si è fermata. Alcuni leader dei comitati, quei comitati nati subito dopo il sisma e moltiplicatisi fino a diventare più numerosi dei terremotati stessi, stanno decisamente tirando i remi in barca prendendo coscienza della sconfitta, altri continuano imperterriti a portare avanti iniziative più di facciata che di sostanza, magari nella ricerca di qualche tipo di visibilità o consenso. A questi si stanno unendo altri aspiranti capipopolo, redivivi masanielli pronti a rinfocolare le braci della protesta, poco importa se ormai sono quasi solo ceneri.
Una nuova protesta, stavolta estremamente politica, diretta contro il Governo che, in realtà, sta perpetuando la politica del non fare dei precedenti esecutivi, ma anche verso la figura del nuovo commissario, quel Farabollini che sembra scontentare tutti. E qui viene il sospetto, anzi due, che il commissario non piaccia proprio perché magari ha qualche possibilità di azione in più rispetto ai predecessori, e che ci sia la netta volontà di isolarlo prima ancora che riesca a compiere una qualche azione.
Farabollini, non è un politico, non è un oratore, non sa arringare le folle e non sembra essere capaci di raccontare frottole in maniera credibile. Davanti alle telecamere è impacciato, non ha la risposta pronta, è facile preda del giornalista strumentale. Non piace, per questo, perché altrimenti non ci sarebbero altri motivi per contestarlo fin da subito. Eppure è un uomo del territorio, uno che conosce le particolarità delle zone colpite e le peculiarità del loro tessuto sociale. Ed è un tecnico, uno che, quantomeno, dovrebbe capire la materia che sta trattando molto meglio di chi è venuto prima. La logica sarebbe di instaurare un rapporto stretto tra rappresentanti dei terremotati e la figura che fa da raccordo col governo. Invece non c’è mai stato nemmeno il tentativo di farlo, mettendosi subito di traverso. E questi nuovi masanielli sono sul piede di guerra proprio contro il commissario. Il che fa sospettare in maniera molto forte che non ci sia solo la rabbia a muoverli, ma che l’azione sia ancora una volta politica, per evitare che esista la benché minima possibilità che si creino ostacoli alla desertificazione ormai in via di realizzazione.

Luca Craia

Foto: Il Messaggero