domenica 30 agosto 2015

La barbarie della buona scuola



C’è un gran dibattere sull’ennesima riforma della scuola italiana voluta da Renzi, la cosiddetta “buona scuola” la cui definizione, come purtroppo in politica troppo spesso accade, afferma l’esatto contrario del contenuto. La riforma è, come quasi tutte le riforme propinate agli italiani in tema di pubblica istruzione fin dai tempi della compianta Franca Falcucci, un autentico disastro quasi nella sua interezza, tanto che in molti comuni italiani è possibile firmare per una proposta di referendum abrogativo totale della legge. Però la discussione popolare che si è aperta sui social network si è fermata all’introduzione delle tematiche cosiddette “gender” all’interno dell’istruzione programmata, cosa completamente censurabile, a mio modesto parere, ma che certamente non è l’unica grave mancanza di una legge evidentemente fatta con l’unico scopo di abbassare il livello culturale e impoverire ulteriormente il popolo italiano.
Vorrei invece puntare l’attenzione su una parte della riforma che va a toccare soltanto gli insegnanti e che, quindi, sembra meno interessante per i più ma che, invece, ci dà l’esatto stato di questa legge e del tipo di mentalità che l’ha generata. Con la riforma della “buona scuola” si offre la possibilità ai docenti precari più alti in graduatoria di diventare di ruolo. Per farlo, però, gli insegnanti sono costretti a farsi assegnare cattedre lontanissime dai luoghi di residenza. Il motivo di questo è assolutamente oscuro, a meno che non si cerchi di dissuadere gli stessi dall’approfittare dell’opportunità offerta. Il punto è che, rinunciando alla cattedra, si perde il posto in graduatoria e tutti i vantaggi acquisiti in anni di lavoro.
Immaginate cosa questa imposizione comporti. Parliamo di persone adulte, spesso sposate, con figli, persone che hanno messo radici e impostato la propria vita secondo la tradizione italiana che è stanziale. Sono persone che hanno contratto mutui per comprare casa, che hanno i figli iscritti a scuola, mariti o mogli che lavorano, sono persone che hanno una vita sociale, rapporti sociali. Ora si chiede loro di abbandonare tutto e andare a tre o quattrocento chilometri da casa e strapparsi dal proprio terreno abbandonando la loro vita. Si chiede loro di abbandonare le famiglie e di imporre alle famiglie di sradicarsi e seguirle. È un’autentica barbarie.
Perché si fa questo? Non è chiaro. L’impressione è quella che dicevo prima: si vuole impoverire il popolo italiano. Si sa che moltissimi insegnanti rinunceranno alla carriera piuttosto che distruggere la loro vita familiare e sociale. Queste persone saranno più povere. Chi accetterà si condannerà a una specie di inferno che gli toglierà la necessaria serenità per svolgere proficuamente il proprio lavoro, a discapito della qualità dell’insegnamento. È una barbarie che di per sé non sembra avere alcuna logica positiva. Eppure un motivo ci deve essere e credo di individuarlo nella volontà di annichilire sempre di più il popolo italiano. In tutto questo non si leva una voce a difesa della categoria. Tacciono i sindacati sempre più inutili, per non dire dannosi, tacciono le forze politiche della cosiddetta sinistra. Tace anche la gente, tutta presa a discutere di gender, che non si accorge di come ci stanno fregando, pezzetto dopo pezzetto, il futuro.

Luca Craia

sabato 29 agosto 2015

Non si parla più di centro storico che intanto muore insieme alla coscienza sociale.


Non si parla più di centro storico a Montegranaro. Dopo anni di impegno per sollevare il problema e farlo diventare una priorità politica e amministrativa, devo registrare che la questione non è più di interesse né per la politica né per la cittadinanza. Sembra che tutto si sia risolto, che magicamente le case non crollino più, che i piccioni siano migrati altrove, che tutto sia pulito e lindo. Invece i problemi sono ancora tutti lì, irrisolti, e non sembra che ci sia né coscienza né la volontà di mettervi mano. Dimenticare il problema cancella ogni speranza di soluzione.
Questo è il risultato di una impostazione politica che attacca violentemente la critica e la segnalazione dei disagi cittadini. Ma è anche la conseguenza di una concezione della vita pubblica fatta di schieramenti delineati, di tifoserie calcistiche, dove anche chi vive nel centro storico, e ne subisce quotidianamente i disagi, sembra quasi non vederli più perché, altrimenti, sembrerebbe tifare per l’altra squadra. Io stesso, che negli anni passati denunciavo costantemente la situazione attaccando l’amministrazione comunale col supporto di tanti residenti del quartiere, oggi, con la nuova maggioranza, vedo molti di questi residenti distanti e freddi, come se denunciare i problemi della città vecchia ora sia diventato schierarsi politicamente contro l’amministrazione comunale.
I problemi, dicevo, sono ancora tutti lì, anzi, si stanno amplificando. Le case cadenti non guariscono col tempo e, se non si interviene, continuano a deteriorarsi e aumentano di pericolosità. La massiccia presenza di animali (piccioni, topi) e la conseguente sporcizia organica è pericolosa per la salute pubblica come e più di prima, ma nessuno se ne cura e se denunci sei un nemico della tua città. Le strade sono sporche e, a parte i passaggi scenografici e sempre più sporadici della spazzolatrice, non si vede più un operatore con la scopa in mano da mesi. Infine il borgo si sta ghettizzando sempre di più, grazie alle politiche di edilizia popolare che hanno concentrato gli stranieri nel centro storico, creando disagi agli italiani residenti storici ma anche agli stranieri stessi che, così, non si integreranno mai.
Eppure ricordo che l’attuale assessore al centro storico, l’architetto Giacomo Beverati, quando nel 2009 si candidò sindaco col Pd, aveva proposto un piano di recupero del centro storico molto valido, credibile e attuabile. Che fine ha fatto questo progetto, ora che l’architetto ha la possibilità di attuarlo? Sono passati quindici mesi dall’insediamento della giunta Mancini e non abbiamo visto un solo provvedimento concreto per il centro storico; solo chiacchiere, promesse e occasioni per far comparire un titolo sul giornale.
C’è una cosa che, purtroppo, questa amministrazione comunale sta riuscendo a fare: far tacere il dissenso. Stanno mettendo i cittadini l’uno contro l’altro, le associazioni in concorrenza tra loro, la gente non parla più, non si espone, preferisce il quieto vivere perché chi parla contro è un nemico, non un cittadino che lamenta un problema, al quale dare ascolto e col quale cercare di trovare soluzioni. Sono molto preoccupato perché, continuando con questo andazzo, tra quattro anni, quando torneremo a votare, il centro storico sarà diventato invivibile ma, soprattutto, la coscienza sociale dei montegranaresi sarà morta e sepolta.

Luca Craia