C’è un gran dibattere sull’ennesima riforma della scuola italiana
voluta da Renzi, la cosiddetta “buona scuola” la cui definizione, come
purtroppo in politica troppo spesso accade, afferma l’esatto contrario del
contenuto. La riforma è, come quasi tutte le riforme propinate agli italiani in
tema di pubblica istruzione fin dai tempi della compianta Franca Falcucci, un
autentico disastro quasi nella sua interezza, tanto che in molti comuni
italiani è possibile firmare per una proposta di referendum abrogativo totale
della legge. Però la discussione popolare che si è aperta sui social network si
è fermata all’introduzione delle tematiche cosiddette “gender” all’interno dell’istruzione
programmata, cosa completamente censurabile, a mio modesto parere, ma che
certamente non è l’unica grave mancanza di una legge evidentemente fatta con l’unico
scopo di abbassare il livello culturale e impoverire ulteriormente il popolo
italiano.
Vorrei invece puntare l’attenzione su una parte della riforma che va a
toccare soltanto gli insegnanti e che, quindi, sembra meno interessante per i
più ma che, invece, ci dà l’esatto stato di questa legge e del tipo di
mentalità che l’ha generata. Con la riforma della “buona scuola” si offre la
possibilità ai docenti precari più alti in graduatoria di diventare di ruolo.
Per farlo, però, gli insegnanti sono costretti a farsi assegnare cattedre
lontanissime dai luoghi di residenza. Il motivo di questo è assolutamente
oscuro, a meno che non si cerchi di dissuadere gli stessi dall’approfittare
dell’opportunità offerta. Il punto è che, rinunciando alla cattedra, si perde
il posto in graduatoria e tutti i vantaggi acquisiti in anni di lavoro.
Immaginate cosa questa imposizione comporti. Parliamo di persone
adulte, spesso sposate, con figli, persone che hanno messo radici e impostato
la propria vita secondo la tradizione italiana che è stanziale. Sono persone
che hanno contratto mutui per comprare casa, che hanno i figli iscritti a
scuola, mariti o mogli che lavorano, sono persone che hanno una vita sociale,
rapporti sociali. Ora si chiede loro di abbandonare tutto e andare a tre o
quattrocento chilometri da casa e strapparsi dal proprio terreno abbandonando
la loro vita. Si chiede loro di abbandonare le famiglie e di imporre alle
famiglie di sradicarsi e seguirle. È un’autentica barbarie.
Perché si fa questo? Non è chiaro. L’impressione è quella che dicevo
prima: si vuole impoverire il popolo italiano. Si sa che moltissimi insegnanti
rinunceranno alla carriera piuttosto che distruggere la loro vita familiare e
sociale. Queste persone saranno più povere. Chi accetterà si condannerà a una
specie di inferno che gli toglierà la necessaria serenità per svolgere
proficuamente il proprio lavoro, a discapito della qualità dell’insegnamento. È
una barbarie che di per sé non sembra avere alcuna logica positiva. Eppure un
motivo ci deve essere e credo di individuarlo nella volontà di annichilire
sempre di più il popolo italiano. In tutto questo non si leva una voce a difesa
della categoria. Tacciono i sindacati sempre più inutili, per non dire dannosi,
tacciono le forze politiche della cosiddetta sinistra. Tace anche la gente,
tutta presa a discutere di gender, che non si accorge di come ci stanno
fregando, pezzetto dopo pezzetto, il futuro.
Luca Craia