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sabato 3 settembre 2016

E se succedesse a Montegranaro?



Io credo che, come diceva un noto slogan di qualche anno fa caduto in disuso perche oggi il concetto costerebbe troppo allo Stato, “prevenire è meglio che curare”. Vale per tutto, dalle malattie alle carognate della gente. Vale anche per il terremoto. Credo che un Comune dovrebbe sapere cosa accadrebbe al suo incasato se si verificasse un evento sismico severo (oggi va di moda dire così, mi adeguo) come quello di Amatrice.
Cosa accadrebbe a Montegranaro con un terremoto del 6° grado della scala Richter? Non voglio un dato certo, mi basta una stima approssimativa. Cosa accadrebbe al nostro disastrato centro storico? Quante e quali case rimarrebbero in piedi? E cosa accadrebbe al paese meno vecchio ma ormai invecchiato, tutto quel tratto urbano cresciuto disordinatamente dagli anni ’50 agli anni ’80? E le nuove abitazioni antisismiche? Reggerebbero? Quanti danni? Quanto morti?
Credo che i dati sarebbero allarmanti, forse peggio che allarmanti. Ma la mia è una supposizione. Sarebbe apprezzabile avere uno studio scientifico piuttosto che supposizioni. Ma da chi non si è nemmeno preso la briga di mettere in sicurezza la torre del Municipio, che è tutta spaccata dopo l’ultimo sisma, ti puoi aspettare la prevenzione?

Luca Craia

mercoledì 23 marzo 2016

Maltempo: va bene l’allarme ma… prima?



Il Comune, molto opportunamente, utilizza la propria pagina Facebook per informare la cittadinanza dell’allarme maltempo lanciato dalla Protezione Civile e per tenere aggiornati i cittadini circa lo stato delle strade. È un utilizzo giusto e lodevole del mezzo che va incoraggiato ed elogiato. Ma le notizie che giungono sono piuttosto preoccupanti: strade allagate, frane, pericolosità di tratti piuttosto estesi della rete viaria comunale e provinciale. A me giungono segnalazioni di situazioni piuttosto gravi, e non solo per quanto riguarda la viabilità: per esempio l’asilo nido comunale, senza corrente e senza riscaldamento, con il tetto che fa acqua da tutte le parti e i bambini piccoli dentro. Situazioni poco edificanti.
Per cui bene informare, ma prevenire? Non possiamo ogni volta che piove lanciare gli allarmi se poi, tra una pioggia e l’altra (e sono passati mesi) non si è fatta alcuna opera di prevenzione. Si è controllato che i canali di scolo fossero liberi? Che le caditoie non fossero ostruite? Che i letti dei torrenti fossero liberi da alberi e rami che potrebbero ostruire le campate dei ponti? E i ponti? Mi riferiscono del ponte sulla provinciale Boncore che mostra crepe molto preoccupanti con l’acqua sottostante che ha raggiunto livelli allarmanti. Perché non si interviene prima anziché limitarsi a lanciare l’allarme? Forse l’allarme sarebbe meno allarmante se si fosse lavorato di prevenzione.

Luca Craia

lunedì 11 gennaio 2016

Lasciamo morire gli Italiani e aiutiamo gli stranieri. Prevenire non si può, curarsi costa.



Una volta, qualche anno fa, la pubblicità ci dava un messaggio chiaro usando lo slogan “prevenire è meglio che curare”. Oggi non lo sento più dire ma è evidente l’inversione di tendenza. Curarsi costa ma ci si guadagna, prevenire costa un’enormità e non ci guadagna nessuno. C’è un dato che va considerato: l’innalzamento dell’aspettativa di vita e l’abbassamento dell’aspettativa di vita sana. L’aspettativa di vita, per gli Italiani, oggi arriva alla veneranda età di 80 anni per le donne e 85 per gli uomini.
Ed è questo che continuano a sbandierarci, con un effetto tranquillizzante amplificato dai media addomesticati. Quello che dimenticano di dire è l’altro dato, tutt’altro che tranquillizzante: l’aspettativa di vita sana sta drasticamente precipitando. Per esempio: se nel 2004 le donne potevano contare di arrivare, in media, a 71 anni in buona salute e gli uomini a 69, oggi un uomo, se è fortunato, arriva a 62 e una donna a 61. Parità tra i sessi ma dato spaventoso. Significa che sì, è possibile vivere più a lungo, ma in malattia, con l’ausilio dei farmaci. E questi farmaci costano sempre di più, all’utente finale e alla collettività.
Questo è indubbiamente dovuto a fattori contingenti e ambientali ma, forse, anche dal progressivo arretramento dell’investimento in prevenzione. Oggi farsi le analisi di routine costa e non tutti possono permetterselo. Lasciamo stare gli esami diagnostici, costosissimi e quasi impossibili da effettuare per tramite della cosiddetta “mutua”.
Si stanno lasciano morire gli Italiani perché farli vivere costa troppo, a meno che non stiano sufficientemente bene da campare con pasticche e gocce, che costano un botto e pesano sulle tasche di tutti. Intanto si danno sussidi, aiuti e contributi a chi non ha mai versato un centesimo di tasse e contributi solo perchè, per qualcuno, è molto più remunerativo. Solidarietà d’accordo, ma prima, se permettete, la salute mia e dei miei cari.

Luca Craia