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sabato 19 settembre 2015

Farmacia e indennità: ecco la soluzione



Abbiamo discusso ampiamente, nel gruppo Facebook dell’Ape Ronza, riguardo la questione sollevata ieri dal Sindaco sul Corriere Adriatico, organo ufficiale del Comune di Montegranaro, per la quale ci si lamentava del fatto che, con le dimissioni di Paolo Gaudenzi dal CDA della Farmacia Comunale, il Comune avrebbe subito un aggravio di spese di 4000 Euro a causa dell’indennità da erogare al nuovo consigliere da nominare al posto del dimissionario, visto che Gaudenzi aveva rinunciato a tale indennità.  Ci siamo domandati, come dal mio pezzo apparso sul blog ieri, come mai ci fosse questo problema quando basterebbe che il nuovo membro rinunci a sua volta al compenso.
È difficile pensare che Paolo Gaudenzi sia la sola persona di Montegranaro tanto generosa da sacrificare il proprio tornaconto economico a favore della collettività. Così ho proposto al gruppo di trovare dei volontari disposti a candidarsi al ruolo di consigliere di amministrazione della Farmacia Comunale rinunciando al proprio consenso. Per ora ne abbiamo trovati sei (in poche ore) e contiamo di avere una rosa di almeno una decina di nomi a breve.
Proporremmo questa lista di volontari all’Amministrazione Comunale che così potrebbe risolvere il problema di cui si lagnava il Sindaco. Proporremmo anche che la somma di 4000 Euro risparmiata venga utilizzata (con vincolo) per un progetto utile alla collettività come, ad esempio, il trattamento della flora del cimitero o per la pulizia del centro o per finanziare maggiore personale per la mensa scolastica. L’idea è ancora in gestazione ma ne ho valuto parlare perché ero preoccupato per l’agitazione del Sindaco traspirata dall’articolo del giornale. Stia pur tranquilla, la dottoressa Mancini, che i cittadini di Montegranaro sono molto più generosi di quello che pensa.

Luca Craia

martedì 7 gennaio 2014

La violenza verbale che dilaga sui social



Considero i social uno strumento formidabile per divulgare informazioni e idee e per facilitare la condivisione e il dibattito, imprescindibile per chiunque debba occuparsi di cose pubbliche. Ma il limite dello strumento sta proprio nella sua virtualità che, troppo spesso, viene intesa come protezione, schermo, maschera che rende intoccabili, impunibili. Questo evidentemente elimina ogni inibizione e libera il lato peggiore delle persone che, interpretando il mondo virtuale del social network come una zona franca dove tutto è permesso, danno sfogo alle loro frustrazioni. È un po’ il concetto del videogame, dove l’altro, anche se conosciuto come reale, sullo schermo del computer diventa avatar di se stesso, essere elettronico privo di corpo, anima e sentimenti. È una sorta di sindrome del tasto di reset, del concetto da videogame secondo il quale, sbagliando, si può sempre iniziare la partita da capo. Ecco quindi che possiamo anche calpestare e far male all’altro nella certezza che, comunque, tutto si può recuperare con un tasto.
Le frustrazioni, gli istinti repressi si moltiplicano in questi tempi confusi di crisi non solo economica ma anche e soprattutto di valori, di punti di riferimento. Nel contatto reale tra le persone, però, prevale ancora il buon senso, il rispetto reciproco anche se convenzionale. Nel mondo binario dello schermo di un computer, invece, la violenza, anche se non può mai diventare fisica, diventa strumento di comunicazione usuale. Ecco allora l’uso abituale del turpiloquio, l’insulto gratuito, l’eterna propensione ad attaccare anche quando non necessario. Quello che nella vita reale mai ci sentiremmo autorizzati a fare, con una tastiera in mano diventa normalissimo. Cade quindi una delle prerogative più positive della socializzazione elettronica, ossia la possibilità di dibattere liberamente sulle idee, per lasciar spazio alla violenza delle parole che blocca ogni forma di scambio intellettuale.
Purtroppo il fenomeno è dilagante e credo ogni utilizzatore dei social network possa verificarlo personalmente: ci sono individui, sempre più numerosi, che utilizzano la violenza verbale scissa da ogni razionalità per accedere a discussioni anche accese ma sempre incanalate sul tema specifico e improntate sul rispetto reciproco. I violenti della tastiera non partecipano alla discussione, non perdono tempo a leggere quanto già è stato scritto, si accontentano di cogliere il senso generale da un titolo o da qualche parola letta frettolosamente, e entrano nel dibattito a gamba tesa usando l’offesa, la parolaccia, l’insulto gratuito, tutto ciò quasi sempre formulando pensieri ovvi e qualunquistici.
Le conseguenze sono serie: se da un lato in questo modo la discussione muore, dall’altro il sistema si fa sempre più tollerato e condiviso tanto da divenire modus operandi anche per chi ricopre ruoli istituzionalmente avulsi  a questi toni. Così il politico cala il livello del proprio eloquio, il giornalista abbassa la qualità del parlare e la gente comune, che pure vorrebbe rimanere in canoni di discussioni rispettosi, o si adegua o batte in ritirata. È un fenomeno in crescita che va arginato, magari col semplice strumento della moderazione del dibattito: chi non rispetta la dignità dei partecipanti e l’intelligenza del discorso vada bloccato ed espulso.

Luca Craia