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lunedì 20 aprile 2015

APPELLO ALL’UMANITÀ: TORNA - DI ANNALISA MINUTILLO



Un giorno da dimenticare fra ore di ricerche che non sono ancora terminate, ore di parole, commenti insulsi e cattiverie gratuite di chi un’anima non l’ha più e forse non l’ha nemmeno posseduta mai.
Io ho sempre pensato che se mi fossi ritrovata a vivere in un luogo di guerra avrei fatto la stessa cosa che vedo fare a tutte queste persone che si aggrappano alla speranza di potersi concedere almeno una speranza, di non soccombere per meno di chi arriva a privarli di quel poco che già hanno.
Si stanno arricchendo tutti alle spalle della sofferenza, della povertà, della voglia di non darsi per vinti e noi come sempre restiamo a guardare. È una Nazione che si da da fare per tutto e tutti questa? O piuttosto una Nazione dimenticata sia dall’Europa che dalle altre Nazioni che la sfruttano strizzandole l’occhio?
Avrei tante cose da scrivere, tante parole di fuoco che mi girano in testa, ma da stamani mi sono rinchiusa in un silenzio irreale, un silenzio che fa male, che mi fa immaginare le mie onde e il mio mare come un luogo che non mi piace vedere come custode di morte.
Io il mare lo adoro mi auguro solo che almeno lui sia clemente con queste persone e possa donare loro un abbraccio di pace e di umanità cosa che non riusciamo a fare noi “esseri umani”.
La mia risposta a quanti sostengono di essere contenti di questa ennesima tragedia (che è una delle tragedie più grandi dalla fine della seconda guerra mondiale), a quanti sostengono che i mezzi che trasportano i migranti andrebbero affondati prima che lascino le loro stesse terre, a quanti sostengono che queste persone vengono a rubare il lavoro a noi “italioti”, a quanti non hanno occhi per vedere ciò che ci stanno facendo e ciò che stanno facendo con le vite di queste persone, a quanti li strumentalizzano e li usano per procacciarsi consensi elettorali, voglio rispondere con questa testimonianza.
Aveva ventuno anni, non ne compirà ventidue. Klodian Elezi, 21 anni, origine albanese ma tutta la famiglia ormai radicata nell’operosa Chiari, provincia bresciana, dove comincia il Nordest geografico e dove già è nel suo pieno fiorire quello economico-industriale-paesaggistico: lunghe file di capannoni, aziende, villette, fabbriche, strade intasate, eccetera. È morto qualche giorno fa, a Pessano con Bornago, mentre lavorava (le cronache riferiscono “senza imbragatura”): a dare la notizia o a rilanciarla sono stati il network di informazione Today rilanciato oggi da Dagospia, Alessandro Gilioli, qualche sito schierato nella lotta a Expo, i giornali di Brescia e Bergamo, e pochi altri. O forse, nessun altro. La notizia non ha sfondato la barriera della stampa locale e di quella antagonista salvo, appunto, poche lodevoli eccezioni.
Il cantiere di Tem è uno dei tanti che ha accumulato ritardi in vista di Expo e adesso si lavora a pieno regime per arrivare in tempo o, almeno, per contenere il ritardo. Tem, va detto, è una delle grandi infrastrutture di cui si parla, a Milano e dintorni, da ben prima che Expo fosse nella mente di chiunque. Expo doveva essere l’occasione per accelerare, finalmente. L’ultimo annuncio vuole che la Tangenziale Esterna di Milano, opera collegata a Expo, sarà inaugurata il 16 maggio. Con un paio di settimane di ritardo, insomma, ma si farà. Proprio il cantiere in cui lavorava Klodian era stato interessato dalle inchieste sulla Ndrangheta in Lombardia mentre dopo il suo decesso le Asl hanno rilevato diverse irregolarità e quindi bloccato il cantiere. Le notizie però sono poche e frammentarie, e vedremo se ne avremo altre nei prossimi. Lecito sperarlo, non realistico crederci troppo.
Così come sarebbe bello poter credere che, ricordando Klodian Elezi, chi si riempie continuamente la bocca di scemenze sugli stranieri che emigrano in Italia al solo scopo – vuole la vulgata di Salvini and friends – di rubare, stuprare e delinquere, provasse un po’ di vergogna e facesse vincere l’istinto umano su quello animale, la verità sulla propaganda. Non capiterà, lo sappiamo tutti. Klodian è morto mentre lavorava, in fretta, stanco, pressato dalle scadenze, per dare un’autostrada, una in più, ai cittadini lombardi e milanesi. Ricordiamoci di lui, dal 16 maggio in poi, ogni volta che prendiamo la Tangenziale Esterna. Ricordiamoci di un ragazzo italiano di origine albanese morto lavorando alacramente per recuperare i ritardi accumulati da politici, faccendieri e manager lungo i decenni. Loro, tutti italianissimi, of course.
Auguro vivamente a chiunque non guarderà alle cose per ciò che realmente sono di rinascere in una prossima vita in un Paese da cui saranno costretti a fuggire e di ritrovarsi nella medesima situazione di chi oggi comunque e non per colpa sua è morto,auguro loro di non ricevere aiuto , di fare i conti con la fame e la disperazione, lo sfruttamento e la violenza e poi di raccontare a tutti noi come ci si sente nel ritrovarsi a vivere così.
Mi auguro che l’umanità mi dia ascolto e ritorni!
Io a vivere in un mondo come questo non riesco davvero più, continuerò a fare di tutto per non diventare mai una persona arida e senza cuore anche se non avete idea di come questo faccia stare male.

Anna Lisa Minutillo

lunedì 16 febbraio 2015

Voglio restare umano. Non voglio scegliere tra la dittatura di Renzi e il disumano Salvini.



“12 BARCONI carichi di immigrati (tutti pacifici?) sono stati segnalati a Sud di Lampedusa. Fosse per me li aiuterei, li curerei e darei loro cibo e bevande. Ma li terrei al largo e NON LI FAREI SBARCARE, ne abbiamo abbastanza.” Questo lo dice Matteo Salvini, leader della Lega e personaggio politico molto amato negli ultimi tempi. È abile Salvini: cavalca le paure ataviche, utilizza quelle create ad hoc dal regime di Renzi, strumentalizza una situazione comunque critica in Italia per guadagnare consensi e ci riesce. L’altra sera ho chiesto di vergognarsi a un conoscente su Facebook perché affermava che è un peccato che il Mediterraneo sia così piccolo perché ci entrano pochi morti. Salvini ha successo e questo lo dimostra. Salvini fa gravi danni sociali e questo lo dimostra.
Guardate queste immagini:



Sono donne con i loro figli, padri con i loro figli, persone disperate in cerca di un futuro. Sono pericolosi? Terroristi? Vengono a saccheggiare Roma? Ora guardate quest’altra immagine:

Sono le bare di quattro bambini morti annegati nel mediterraneo. Erano terroristi? Rappresentavano un pericolo?
L’immigrazione incontrollata è indubbiamente un grave problema che va affrontato e risolto. Certamente l’Italia non è in grado di accogliere l’enorme flusso, destinato a crescere, di rifugiati provenienti da Africa e Medio Oriente. Certamente esiste anche il pericolo di infiltrazioni terroristiche. Ma pensare di non soccorrere ESSERI UMANI che rischiano di morire in mare è DISUMANO.
Occorre una politica comune di tutta l’Europa per arginare il fenomeno. Occorre certamente fare in modo che questa povera gente non parta, non venga, che rimanga nel suo Paese. Bisogna attuare politiche di cooperazione per fare in modo che le situazioni che costringono i profughi a fuggire vengano annullate.
Il problema è che queste situazione, in gran parte, le abbiamo innescate proprio noi occidentali, con le nostre guerre mascherate da operazioni di pace, con le nostre esportazioni di democrazia. Ora risolverle non è facile. E certamente non si risolvono con nuove azioni di guerra come quelle paventate dal nostro governo.
Ma come possiamo pensare di lasciare degli esseri umani a morire tra le onde? Come potete ritenervi ancora umani dopo averlo pensato? Dobbiamo scegliere tra la dittatura di Renzi e il disumano Salvini? Io scelgo di restare umano!

Luca Craia

mercoledì 23 luglio 2014

Acqua salata nei polmoni



Com’è salata quest’acqua che sto respirando, mi fa bruciare i polmoni più dell’aria calda del Sahara, più della sabbia che ho mangiato per arrivare fino al mare. Mia madre non ci voleva salire sul barcone, diceva che eravamo troppi, che era pericoloso, che non poteva rischiare di fare annegare me e i miei fratelli. Ma mio padre ha detto che aveva speso tutti i nostri soldi per quel viaggio, che non potevamo più tornare indietro, che non avevamo più niente e che il nostro futuro era in quel bel Paese di là del mare.
Eravamo pigiati come sardine, come le noci di cocco in una cassetta del mercato. Neanche lo spazio per pisciare, la puzza toglieva il respiro. Sudore, grida, lamenti. Gente che piangeva, bambini più piccoli di me che piangevano, madri che piangevano. Mio padre piangeva, forse aveva cambiato idea, forse voleva tornare indietro. Ma ormai intorno c’era solo il blu del mare.
I signori che hanno preso i nostri soldi per farci fare il viaggio ci trattavano male. Il pilota della barca fumava il sigaro e bestemmiava in francese, almeno credo che fosse francese. Poi la barca si è inclinata e sono caduto. Qualcosa mi ha colpito alla testa mentre cadevo e non ho visto più niente. Ora ho riaperto gli occhi e intorno è tutto blu scuro. Ora i miei polmoni bruciano, non ho la forza per nuotare, i miei occhi si chiudono, mi sa che aveva ragione mia madre a non voler salire sulla barca, mi sa che non ci arriverò mai in quel bel Paese di là del mare.