Un coro di indignazione, a sinistra,
con manifestazioni, meeting, banchetti, bandiere rosse sventolate e bellacciao
cantate a squarciagola per accusare Sulmona, e con Sulmona tutti gli Italiani
che non si professano di sinistra, di razzismo. È accaduto la scorsa estate, a
Sulmona, appunto, dove un giovane extracomunitario proveniente dal Senegal fu
trovato in un fosso con una profonda ferita alla gola. Il ragazzo dichiarò di
essere stato aggredito da due Italiani e, come sempre, scoppiò il finimondo di
cui sopra.
Oggi si apprende che non era vero
niente, che il ragazzo s’era inventato tutto, va a capire perché. Fatto sta che
le accuse alla città di Sulmona e agli Italiani restano là, se fate un giro su
Google ancora le trovate scritte nero su bianco, con ampia documentazione fotografica.
E tutto questo è sconcertante: la facilità con cui si grida al razzismo, si
accusa, si processa e si condanna in un colpo solo, da parte della sinistra
italiana, è allucinante. E non sono solo le menti obnubilate di qualche invasato,
c’è un uso strumentale sistematico di ogni fatto, di ogni chiacchiera, di ogni
alito di vento che possa essere interpretato come razzismo, il tutto per fare
propaganda.
È vergognoso, ma è anche pericoloso, perché
così, se il fenomeno esiste (e, in parte, esiste), lo si ridicolizza, lo si
svaluta, lo si giustifica. Ma poco importa: quello che conta è fare chiasso,
finire sui giornali per spostare qualche voto, spaventare l’elettore moderato e
screditare la destra.
Il razzismo, in Italia, esiste, ma non
nella misura che vogliono far credere. È un fenomeno universale, non possiamo
pensare che gli Italiani possano esserne immuni, ma non siamo un popolo
razzista come ci dipingono. E io mi sento offeso da questa immagine che si
vuole dare. Non so voi, ma io pretenderei delle scuse. Cominciando con la città
di Sulmona, che l’accusa di razzismo non la merita.
Luca
Craia