martedì 11 febbraio 2020

L’ansia di proteggere i Cinesi. Ma chi protegge noi dalla Cina?


Noto un’ansia inspiegabile, nelle Istituzioni italiane, volta a difendere i cittadini cinesi residenti in Italia da una presunta xenofobia che sarebbe scoppiata a causa della diffusione incipiente del coronavirus proveniente, appunto, dalla Cina. Dico sarebbe perché, a mio modesto avviso, di xenofobia non si tratta, bensì di normale istinto di autoconservazione. Se questo istinto va a degenerare in episodi di intolleranza, allora è giusto e doveroso intervenire reprimendo il comportamento e punendone l’autore. Ma, se porta gli Italiani a disertare i ristoranti cinesi, per fare un esempio, possiamo tranquillamente farcene una ragione.
Come ci siamo fatti una ragione nel vedere le nostre imprese manufatturiere del terziario falcidiate dalla concorrenza sleale di tante aziende cinesi che sono state lasciate in grado di infischiarsene di ogni normativa, diventando giocoforza estremamente competitive. Ci sono distretti industriali italiani polverizzati dal sistema produttivo cinese in Italia, vedi Prato o il Fermano, e nessuno ha mosso un dito, nessuno ha alzato la voce, nessuno ha mostrato la benché minima preoccupazione.
Così come nessuno si è preoccupato quando buona parte della produzione industriale italiana, specie nel campo della moda e della calzatura, è stata spostata in Cina, mandando a casa migliaia di lavoratori, mettendo in condizioni di disagio migliaia di famiglie, costringendo altre imprese a fare altrettanto per restare sul mercato. Mercato drogato, famiglie rovinate ma nessuno che abbia detto una parola, che abbia chiesto provvedimenti, che si sia posto il problema di come proteggere gli Italiani.
Ora ci si chiede di sostenere i Cinesi che operano in Italia. Francamente, non ne sento la necessità. Se il mercato decreta che il prodotto cinese debba subire le conseguenze di una situazione mondiale, non mi voglio porre il problema. Continuo a pormi, invece, il problema dell’economia italiana e delle famiglie italiane che subiscono le conseguenze dell’economia cinese in Cina e in Italia. E non mi sento solidale, non me ne vogliate, con gli imprenditori italiani che oggi si trovano in difficoltà perché non riescono a reimportare i propri prodotti o a comprare le materie prime dalla Cina. Non credo che questa sia xenofobia. Come dicevo, è istinto di conservazione.

Luca Craia