Ogni anno la stessa
tristissima solfa, quella specie di gara a quale sia il genocidio più grave
della storia che si apre il giorno prima della Giornata Mondiale della Memoria
e si chiude il giorno dopo, In questa miserabile gara, che dà la netta
impressione di essere utile come autoassoluzione per certe coscienze che in
qualche modo giustificano o vogliono quantomeno trovare una spiegazione a ciò
che spiegazione non ha e non può avere, tanto meno un’assoluzione, ossia l’Olocausto,
si stila la lista, più o meno approssimativa, dei grandi genocidi della storia,
tirando in ballo, oltre che Armeni e Russi rinchiusi nei gulag, persino gli
Indiani d’America.
L’uomo è una
bestia cattiva. Questa bestia, nella storia, ha compiuto gesta di una malvagità
inenarrabile, di cui l’Olocausto è sicuramente l’esempio più estremo e più prossimo
al male assoluto. Stragi di Stato, genocidi scientifici, uccisioni di massa
causate da ideologie folli o da spietati calcoli economici, la storia è piena di
questi orribili fatti.
Ce ne è uno, però,
del quale ci dimentichiamo, e ne parlo oggi, dopo la Giornata della Memoria che
non voglio inquinare in alcun modo. Mi riferisco a una strage recentissima,
probabilmente ancora in atto, i cui numeri non sapremo mai con precisione perché
sono indefinibili, perché non c’è una mano che materialmente compie il delitto.
Ciononostante, il delitto c’è, e rimane, ed è orribile come altri crimini
contro l’umanità.
Non c’è neanche un
colpevole identificabile, una o più persone accusabili materialmente del
delitto, perché questa strage nasce da un sistema spietato e inumano, da un
organismo vivente astratto che si chiama economia politica. È l’economia che
decide se un uomo deve vivere o morire di stenti, se deve condurre un’esistenza
agiata o se deve soffrire miseria, fame e malattie. È la politica che esegue
gli ordini dell’economia, e in tutto questo non c’è un capo, non c’è un vertice:
è un organismo a se stante, dotato di vita autonoma, e gestisce le nostre vite.
Questo organismo
ha deciso che il mondo dovesse andare in crisi, il che significa che milioni di
persone sono state condannate alla povertà, alla miseria, a una vita di stenti
e, in molti casi, alla morte. In Grecia, Paese europeo, la crisi ha cominciato
a mietere vittime già dal 2008. Quando l’Europa, anziché aiutare la Grecia e,
soprattutto, i Greci, uomini, donne, bambini, a sopravvivere alla crisi, ha
deciso di imporre un’austerità intollerabile, peggiore di una calamità naturale
medievale, si è arrivati alla strage. Non ci sono numeri, dicevo, non sappiamo
quanti morti abbia causato la crisi in Grecia, quanti morti non ha evitato l’Europa
matrigna. Però sappiamo, per esempio, che la mortalità infantile, in Grecia, è
aumentata del 43% solo tra il 2008 e il 2010. Sappiamo che, fino a oggi, sono
morti oltre 700 bambini in più rispetto allo stesso periodo pre-crisi. Ed è
facile immaginare quanti anziani rimasti senza cure, quante famiglie in
difficoltà per trovare un’alimentazione adeguata, quanti malati non curati
adeguatamente. Una strage senza dati ufficiali, senza colpevoli certi, una
strage di cui non si parla perché, altrimenti, si fomenta l’odio, si alimentano
le spinte antieuropeiste. Ma è chiaro che in Grecia è accaduto e sta ancora
accadendo qualcosa di cui l’uomo debba vergognarsi. Ed è un qualcosa che può
accadere ovunque e in qualsiasi momento, specie con questa politica asservita
all’economia, ai mercati, che non tutela più le persone, che ha abbandonato l’umanità
al suo destino e al pericolo di essere schiacciata dal dio denaro.
Luca
Craia