giovedì 16 gennaio 2020

La scuola divisa per classi (sociali). Accade a Roma. La preside è una fautrice della multietnicità.


Un istituto romano con quattro sedi scolastiche, si presenta all’utenza, tramite il proprio sito internet, così: “la sede di via Trionfale e il plesso di via Taverna accolgono alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto, mentre il plesso di via Assarotti, situato nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario, accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa e conta, tra gli iscritti, il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana. (…) Il plesso sulla via Cortina d’Ampezzo accoglie prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell’alta borghesia assieme ai figli dei lavoratori dipendenti occupati presso queste famiglie (colf, badanti, autisti, e simili)”.
È logico che ne sia seguita una violenta polemica, seguita dai maggiori quotidiani, che ha costretto la dirigenza scolastica a rimuovere il testo dal proprio sito e a tentare, in realtà in maniera piuttosto goffa, di giustificarlo adducendo come motivazione le indicazioni del MIUR che, a quanto risulta, non pare però che inviti a dividere gli studenti per classi sociali.
È una cosa che mette i brividi, di un classismo spaventoso, che meraviglia anche in considerazione del fatto che la Preside dell’istituto si chiama Nunzia Marciano ed è conosciuta per le sue idee progressiste. La dirigente divenne nota alle cronache anni fa, quando era dirigente dell’Istituto Carlo Pisacane, scuola che annoverava, all’epoca, il 90% di studenti di origine straniera. La dottoressa Marciano riteneva un fatto positivo questa estrema concentrazione di stranieri, tanto da voler intitolare la scuola a Tsunesaburo Makiguchi, filosofo giapponese di cultura buddista, cosa che non le fu consentita. Anzi, l’allora Ministro della Pubblica Istruzione, Letizia Gelmini, emanò appositamente una circolare per limitare al 30% del totale la presenza di studenti stranieri nelle classi.

Luca Craia