mercoledì 22 gennaio 2020

Il Craxi di Amelio: storia di un uomo ma anche atto di accusa politico e umano.


Non c’è revisionismo nel film di Amelio, né c’è alcun intento di beatificazione, come tanti dalla scomunica facile hanno cercato di vedere. C’è una storia di pietà umana e una ricostruzione storica minimale ma precisa. C’è l’uomo Craxi, con le sue colpe consapevoli e le sue recriminazioni umanamente condivisibili e politicamente legittime. Craxi c’è tutto, almeno il Craxi che abbiamo conosciuto noi che quell’epoca la ricordiamo bene, anzi, che ricordiamo bene anche la precedente, quando Craxi aveva davvero il potere in mano e lo esercitava.
È lì che scaturisce la pietà: nel vedere il crollo repentino di un potente ridiventare improvvisamente umano, fragile, vulnerabile. Ci si scorda molto spesso che anche i potenti sono esseri umani, si dimentica specialmente quando i potenti cadono, e in quel momento l’uomo soccombe al desiderio di vendetta, di rivalsa. L’incontro di Craxi, al porto, coi turisti italiani dà in pochi secondi l’esatta immagine del popolo forcaiolo, quello che ancora oggi grida vendetta dalle pagine dei giornali e sui social e che non si cura del fatto che l’oggetto del proprio odio sia comunque un uomo.
Non è vero che il film non sia politico. Il film di Amelio è anche politico, ed è un atto di accusa politico forte, magistrale, preciso. È preciso nel momento in cui la televisione mostra l’intervista di Vespa a Berlusconi, un’accusa che si capisce se si ricorda la storia recente d’Italia, e si ricordano i fatti a cui ci si riferisce, a quella politica chiamata a sostituire quella abbattuta da Tangentopoli, quel Berlusconi che attacca velatamente D’Alema, il tutto in sottofondo, mentre Craxi, la politica abbattuta, fa altre cose. E quelli erano D’Alema e Berlusconi, poi sono venuti i Di Maio e i Salvini.
È un atto di accusa verso il sistema della magistratura, utilizzato come strumento politico, forse proprio da quello che era “l’unico grande partito di opposizione a non essere coinvolto”. Un vizietto che ancora non si è perso. Poi c’è l’uomo, solo, abbandonato, senza cure adeguate, oggetto ancora di invidia e di desiderio di rivalsa, ancora temuto per i suoi segreti non svelati.
Cinematograficamente è un grande film, con una regia magistrale e un’interpretazione corale intensa e credibile. Favino non c’è, è sparito, c’è Craxi al posto suo. Bella la fotografia, con una luce intensa, a tratti fastidiosa, ma fredda. Montaggio sublime, che evidenzia le allegorie di cui tutto il film è disseminato.
In definitiva non mi sorprende la baca alla bocca che ho visto in certi giornalisti e in certi esperti politici. Nell’epoca di Conte, vedere la caduta di un grande, nel bene e nel male, potrebbe far fare i conti. E conti sono comunque impietosi.


Luca Craia