Credo di non aver
mai scritto sul caso Cucchi, almeno non di recente. In effetti, non sono
tranquillo nello scriverne neanche ora, consapevole che quanto scrivo girerà
sui social network e che, sui social network, la gente spesso legge il titolo
e, se ti va bene, le prime tre righe, guarda la figura e commenta a vanvera,
mentre la questione è complessa e vorrei, sempre con estrema sintesi, cercare
di illustrare come la penso nella fattispecie, scomponendo il tutto in tre
elementi base, in modo di avere un’idea chiara. Il problema, infatti, è che l’idea
non è chiara perché gli elementi si mischiano, soprattutto in funzione dei
tornaconti politici ed elettorali; mentre, per essere lucidi, bisogna anche
essere distaccati.
Il primo elemento
è l’uccisione di Cucchi. È un omicidio, e su questo credo ci sia poco da
obiettare. È un fatto gravissimo, che diventa ancora più grave perché avvenuto
per mano di chi deve tutelarci dal crimine e, invece, commette un crimine
orrendo a sua volta, uccidendo un uomo indifeso. Nessuno deve aver paura delle
Forze dell’Ordine, e chi ha ucciso Cucchi ha generato paura, quindi non ha
soltanto ucciso un uomo, che è il delitto più aberrante, ma ha anche minato il
rapporto di fiducia tra cittadino e tutori della legge. Per questo gli autori
del crimine devono pagare e mi auguro paghino il massimo.
Il secondo
elemento è che Cucchi era una persona dedita al crimine. Fermo restando che sia
la vittima di un ulteriore crimine, cosa che va ovviamente rimarcata, questo
non lava le sue colpe e non lo rende meritevole di onori. È quindi
inaccettabile l’idea che si sente spesso di dedicargli vie o piazze e,
comunque, è impensabile considerarlo un esempio di alcunché. La sua triste
vicenda sia da monito, quello indubbiamente, ma non si dedicano vie e piazze, o
aule pubbliche, a criminali.
Il terzo elemento
è per me irrilevante perché esula, al contrario dei precedenti due, dalla sfera
della pubblica morale ma entra in quella privata, della quale non mi interesso.
Essendo, però, motivo di discussione, lo inserisco nel ragionamento. La signora
Cucchi, sorella della vittima, ha combattuto una giusta battaglia per far
riconoscere quanto accaduto al fratello come una enorme ingiustizia, e ha vinto.
Questo va assunto oltre ogni considerazione sui rapporti personali che c’erano
tra i due, rapporti che, appunto, sono personali e non possono essere giudicati
da chi non li ha vissuti. Che poi la signora Cucchi abbia oggi degli indubbi
ritorni, di immagine, economici e politici, è un fatto che appartiene alla
sfera personale e morale della stessa signora Cucchi e che non influisce
affatto sull’analisi degli altri due elementi.
Luca
Craia