martedì 17 dicembre 2019

Per capire il caso Cucchi bisogna spezzarlo in tre storie diverse.


Credo di non aver mai scritto sul caso Cucchi, almeno non di recente. In effetti, non sono tranquillo nello scriverne neanche ora, consapevole che quanto scrivo girerà sui social network e che, sui social network, la gente spesso legge il titolo e, se ti va bene, le prime tre righe, guarda la figura e commenta a vanvera, mentre la questione è complessa e vorrei, sempre con estrema sintesi, cercare di illustrare come la penso nella fattispecie, scomponendo il tutto in tre elementi base, in modo di avere un’idea chiara. Il problema, infatti, è che l’idea non è chiara perché gli elementi si mischiano, soprattutto in funzione dei tornaconti politici ed elettorali; mentre, per essere lucidi, bisogna anche essere distaccati.
Il primo elemento è l’uccisione di Cucchi. È un omicidio, e su questo credo ci sia poco da obiettare. È un fatto gravissimo, che diventa ancora più grave perché avvenuto per mano di chi deve tutelarci dal crimine e, invece, commette un crimine orrendo a sua volta, uccidendo un uomo indifeso. Nessuno deve aver paura delle Forze dell’Ordine, e chi ha ucciso Cucchi ha generato paura, quindi non ha soltanto ucciso un uomo, che è il delitto più aberrante, ma ha anche minato il rapporto di fiducia tra cittadino e tutori della legge. Per questo gli autori del crimine devono pagare e mi auguro paghino il massimo.
Il secondo elemento è che Cucchi era una persona dedita al crimine. Fermo restando che sia la vittima di un ulteriore crimine, cosa che va ovviamente rimarcata, questo non lava le sue colpe e non lo rende meritevole di onori. È quindi inaccettabile l’idea che si sente spesso di dedicargli vie o piazze e, comunque, è impensabile considerarlo un esempio di alcunché. La sua triste vicenda sia da monito, quello indubbiamente, ma non si dedicano vie e piazze, o aule pubbliche, a criminali.
Il terzo elemento è per me irrilevante perché esula, al contrario dei precedenti due, dalla sfera della pubblica morale ma entra in quella privata, della quale non mi interesso. Essendo, però, motivo di discussione, lo inserisco nel ragionamento. La signora Cucchi, sorella della vittima, ha combattuto una giusta battaglia per far riconoscere quanto accaduto al fratello come una enorme ingiustizia, e ha vinto. Questo va assunto oltre ogni considerazione sui rapporti personali che c’erano tra i due, rapporti che, appunto, sono personali e non possono essere giudicati da chi non li ha vissuti. Che poi la signora Cucchi abbia oggi degli indubbi ritorni, di immagine, economici e politici, è un fatto che appartiene alla sfera personale e morale della stessa signora Cucchi e che non influisce affatto sull’analisi degli altri due elementi.

Luca Craia