sabato 21 dicembre 2019

L’iconoclastia dei fascisti antifascisti si abbatte su Wagner. Da qui a bruciare i libri il passo è breve.

È la motivazione che non mi piace, anzi, mi preoccupa. La Marcia di Radetzky, pezzo wagneriano con cui tradizionalmente si conclude il concerto di Capodanno dei Wiener Philarmoniker, quest’anno sarà eseguito in un arrangiamento al quale non siamo abituati: verrà utilizzato un nuovo arrangiamento voluto dal direttore Andris Nelsons e realizzato dagli stessi Philarmoniker. Dicevo la motivazione: l’orchestrazione che conosciamo da sempre o, meglio, dal 1946, è quella di Leopold Weninger che, secondo Nelsons, sarebbe stata realizzata nel 1932 per fare propaganda al nazismo. La nuova versione pare sia stata “ripulita” della marcata impostazione militare che la contraddistingue e che fa battere le mani a ritmo al pubblico in sala.
Se le ragioni di questo cambiamento fossero state legate alla volontà di rendere il brano più vicino alla stesura originale di Johann Strauss padre, sarebbe stata condivisibile o, quanto meno, non sarebbe stata così allarmante. Invece mi allarma, e spero non allarmi solo me. Perché è un’ulteriore manifestazione dell’inconoclastia di sedicenti antifascisti che sembra sempre di più fascisti autentici. È una sorta di revisionismo culturale che tende ad abbattere quanto realizzato in un periodo storico in cui sono successe cose orribili, ma nel quale la cultura ha avuto un momento di grande creatività, magari anche sotto l’impulso di regimi totalitari assolutamente deprecabili, i cui influssi sull’arte sulla cultura, però, appartengono alla storia e non possono e non devono essere cancellati.
Questa isteria iconoclastica è preoccupante, perché la cancellazione del passato e della cultura appartiene proprio ai regimi totalitarie alle dittature più rigide. L’uomo colto e intelligente convive con la sua storia e sa cogliere gli aspetti positivi anche di periodi bui. A questo punto c’è da temere per le opere Wagner, di D’Annunzio, dei futuristi, per la splendida architettura del ventennio. Non vorrei vedere, a breve, le ruspe all’Eur.

Luca Craia