È la motivazione
che non mi piace, anzi, mi preoccupa. La Marcia di Radetzky, pezzo wagneriano
con cui tradizionalmente si conclude il concerto di Capodanno dei Wiener
Philarmoniker, quest’anno sarà eseguito in un arrangiamento al quale non siamo
abituati: verrà utilizzato un nuovo arrangiamento voluto dal direttore Andris
Nelsons e realizzato dagli stessi Philarmoniker. Dicevo la motivazione: l’orchestrazione
che conosciamo da sempre o, meglio, dal 1946, è quella di Leopold Weninger che,
secondo Nelsons, sarebbe stata realizzata nel 1932 per fare propaganda al
nazismo. La nuova versione pare sia stata “ripulita” della marcata impostazione
militare che la contraddistingue e che fa battere le mani a ritmo al pubblico in
sala.
Se
le ragioni di questo cambiamento fossero state legate alla volontà di rendere
il brano più vicino alla stesura originale di Johann Strauss padre, sarebbe
stata condivisibile o, quanto meno, non sarebbe stata così allarmante. Invece
mi allarma, e spero non allarmi solo me. Perché è un’ulteriore manifestazione
dell’inconoclastia di sedicenti antifascisti che sembra sempre di più fascisti
autentici. È una sorta di revisionismo culturale che tende ad abbattere quanto
realizzato in un periodo storico in cui sono successe cose orribili, ma nel
quale la cultura ha avuto un momento di grande creatività, magari anche sotto l’impulso
di regimi totalitari assolutamente deprecabili, i cui influssi sull’arte sulla
cultura, però, appartengono alla storia e non possono e non devono essere
cancellati.
Questa
isteria iconoclastica è preoccupante, perché la cancellazione del passato e
della cultura appartiene proprio ai regimi totalitarie alle dittature più
rigide. L’uomo colto e intelligente convive con la sua storia e sa cogliere gli
aspetti positivi anche di periodi bui. A questo punto c’è da temere per le
opere Wagner, di D’Annunzio, dei futuristi, per la splendida architettura del
ventennio. Non vorrei vedere, a breve, le ruspe all’Eur.
Luca
Craia